Ritratti

Fratelli Levaggi

SEDIE CHIAVARINE, ORGOGLIO DELLA TRADIZIONE LIGURE

 

Le sedie di Chiavari hanno fatto la storia dell’artigianato ligure, un pezzo importante di quel patrimonio italiano capace di conquistare nobili, re e governatori, di arredare i palazzi del potere e le case di migliaia di appassionati di sedie fatte a mano. Quelle di Chiavari, poi, sono uniche per l’eleganza delle forme, la leggerezza e l’incredibile resistenza della struttura. “Le famiglie liguri si tramandano le chiavarine di generazione in generazione. Con il passare degli anni, puoi sostituire la seduta, ma la struttura resiste per decenni senza alcun problema”, comincia a raccontare Paolo Levaggi, erede di una gloriosa tradizione iniziata nel 1807 da Gaetano Descalzi, detto il Campanino. “Si racconta che per dimostrarne la solidità e la resistenza, il Campanino prese una sedia e la lanciò dalla finestra. La sedia, cadendo, rimbalzò senza rompersi”, continua Paolo, che oggi guida la Fratelli Levaggi di Chiavari con suo fratello Gabriele. Un’impresa nata nel 1963 grazie a zio Rinaldo e ai suoi fratelli, loro padre Ettore, Alessio e Italo, che ancora oggi dà una mano in azienda.
Negli anni, Chiavari e il distretto della sedia hanno vissuto un’epidemia di imprese artigiane. “A fine ‘800, qui a Chiavari lavoravano più di 600 addetti. Oggi - aggiunge con amarezza - Siamo rimaste soltanto due imprese, per altro di piccole dimensioni. L’errore del tempo, probabilmente, fu quello di rimanere una galassia di piccole imprese, senza creare un consorzio o un marchio unico per tutto il distretto”.
Le sedie di Chiavari sono fatte interamente a mano, senza l’utilizzo di chiodi o viti. Le varie parti, lavorate al tornio con incredibile maestria da questi due fratelli chiavaresi, vengono fissate a incastro, studiando gli spessori del legno e i punti di maggior resistenza della struttura. “La seduta è intrecciata ancora oggi a mano. Un tempo era compito delle signore della zona, oggi affidiamo la lavorazione a una piccola impresa del territorio, che le produce seguendo la tecnica della nostra tradizione - aggiunge Levaggi - Sedute sottili ma robuste, grazie alla fitta trama intrecciata, che rappresentarono un’idea innovativa per l’epoca”.
Oggi, il 30% della produzione della F.lli Levaggi finisce all’estero, anche se il principale mercato di riferimento è l’Italia. “Non la Liguria, però, dove il mercato è saturo. Tutti qui hanno già le nostre sedie, ereditate dalla nonna o da qualche altro famigliare. Il problema, evidentemente, è che sono troppo resistenti”, ci dice con un sorriso questo trentenne maestro artigiano, che ha studiato prima di tornare a lavorare in questa suggestiva bottega, dove si respirano i profumi del legno e della passione del lavoro, dove ci si può perdere tra le linee sinuose di sedie accatastate, di attrezzi che raccontano storie di artigiani o tra le colline di trucioli e segatura, avvolgente e profumata. Un miscuglio di sensazioni, di poesia e di magia, che soltanto una falegnameria storica come questa sa regalare.
“Il nostro merito è quello di mantenere le tecniche e la qualità delle lavorazioni della nostra tradizione”, oltre a rilanciare un prodotto di qualità che, in realtà, nasce già come prodotto ad alto tasso di design, prima che nascesse l’idea stessa di design. “La sedia tipica di Chiavari ha linee sinuose ed eleganti ma è molto resistente - aggiunge Levaggi - Riesce ad essere leggera ma robusta al tempo stesso, versatile, confortevole e comoda da utilizzare. Un prodotto, quindi, che ha già in sé tutte le caratteristiche di quello che oggi viene definito un oggetto di design: estetica e funzionalità”. La sfida, semmai, è non fermarsi di fronte alla tradizione artigiana ma continuare ad esplorare frontiere sempre più innovative. I modelli delle sedie della Levaggi nascono da qui, dai colori e dalle forme tipica della tradizione per sperimentare nuove soluzioni, contemporanee e che assecondino lo stile di oggi. “Per far questo, una parte della progettazione viene studiata qui in azienda, mentre un’altra parte è frutto della collaborazione con designer, architetti e studi di progettazione - spiega ancora Paolo Levaggi - Una delle nostre ultime esperienze ci ha portato a lavorare con Matteo Thun per la creazione di una sedia chiavarina, caratterizzata da una seduta alternativa intrecciata con cordini colorati. Questo è un esempio emblematico del matrimonio tra la tradizione della lavorazione e l’innovazione delle forme e dei materiali. Abbiamo poca innovazione tecnologica in azienda - riprende Levaggi - Utilizziamo tecniche, macchinari e strumenti tradizionali. Facciamo molta innovazione di comunicazione, invece, utilizzando le piattaforme social per la promozione delle nostre creazioni. Non abbiamo ancora un canale di vendita diretta sul web, perché le nostre realizzazioni sono altamente personalizzabili, fatte su misura per i gusti del cliente, dal legno ai tessuti, dai colori alle forme”.

 

 

Fratelli Levaggi
Chiavari (GE)
www.levaggisedie.it
Confartigianato Liguria
www.confartigianatoliguria.it

 

 


Simone Maccagnan

Gimac, un’impresa del territorio a vocazione globale.

 

Castronno è un centro di quasi 6mila abitanti, a metà strada tra Varese e Gallarate. Un paese sviluppato lungo l’autostrada A8, la Milano-Varese. Era la prima metà degli anni ’20 quando veniva progettata quella che sarebbe diventata la prima strada a pedaggio del mondo ma, ancora oggi, questo piccolo centro lombardo continua a collezionare primati.

Uno di questi è la Gimac, una piccola impresa artigiana ad altissimo tasso d’innovazione, una vera e propria eccellenza italiana. Alla Gimac “troviamo soluzioni ai problemi dei nostri clienti. In particolare, realizzando impianti e macchine per la trasformazione di materie plastiche, soprattutto per la produzione di dispositivi biomedicali”, ci spiega Simone Maccagnan, uno dei quattro figli di Giorgio, che la Gimac l’ha fondata nel 1983. Per fare un esempio, le macchine prodotte qui riescono a creare tubicini con quattro camere d’aria all’interno, il tutto nell’ordine di grandezza dello spessore di un capello.

“I tre pilastri della nostra azienda sono la lealtà, l’innovazione e lo spirito d’avventura, dote che non può mancare a chi fa impresa in Italia - sottolinea con un sorriso - La lealtà è alla base di ogni nostro rapporto. A cominciare da quello con i nostri collaboratori, che sono indispensabili, fondamentali per ogni nostro lavoro. Lealtà, poi, nei confronti delle imprese con cui lavoriamo, dei nostri clienti e dei nostri partner - aggiunge - I rapporti con le banche sono ottimi, da sempre. Anche grazie a mia madre, che nel parlare con le banche ha sempre detto quale fosse realmente la situazione, lasciando scegliere alla banca se investire su di noi o meno, senza mentire, senza alterare la realtà. Una scelta che ha sempre premiato. Per noi l’innovazione è guardarsi intorno e cercare continuamente un nuovo modo per acquisire, un nuovo modo per elaborare e un nuovo modo per restituire e soddisfare le esigenze del cliente. Questo ragionamento lo applichiamo in ogni fase del nostro lavoro”.

Con 23 dipendenti e l’85% della produzione che finisce all'estero, la Gimac di Castronno è un vero e proprio porto di mare, con imprenditori, rappresentanti e addetti commerciali che vengono da ogni parte del mondo. “Il nostro principale mercato di riferimento è il Giappone, dove l’attenzione è tutta concentrata sul valore della produzione piuttosto che sulle logiche legate ai costi. Noi cerchiamo di alzare sempre più lo standard di qualità del nostro lavoro - spiega ancora Maccagnan - Fin dagli inizi, mio padre ha sempre puntato sulla produzione di pezzi unici, è questo il nostro segreto. Riusciamo a creare macchine ed impianti per estrusione e microestrusione unici nel loro genere, proprio perché partiamo dall’ascolto delle esigenze del singolo individuo. La soluzione di questo ascolto, non può che essere un pezzo unico, fatto su misura per quei bisogni”.
A questa naturale proiezione verso l’estero e i mercati lontani, la Gimac affianca un impegno concreto per la comunità locale. “Da anni lavoriamo in rete con altre piccole imprese del territorio e da qualche tempo a questa parte sto portando avanti, insieme ad altri ragazzi della zona, un progetto per una parete di arrampicata a disposizione dell’intera comunità - aggiunge - Con alcuni nostri collaboratori, invece, stiamo lavorando in cloud, destinando una parte del tempo, che paghiamo, per dare vita a progetti sociali”.

Tutte caratteristiche che fanno della Gimac un’impresa dalla doppia propensione, legata al territorio da una parte, con una spiccata visione globale dall’altra.

 

Gimac
Castronno (VA)
www.gimac.com
Confartigianato Varese
www.asarva.org


La preziosa veste

Storia e sacralità nei ricami de La preziosa veste

 

A Foligno, in provincia di Perugia, c’è un piccolo laboratorio di sartoria artigiana che tramanda tecniche e tradizioni secolari e che ricama, rigorosamente a mano, abiti sacri e vesti storiche. Un patrimonio inestimabile che vive nelle capacità di Maria Grazia Silvestri e Catia Bazzucchi, due artigiane appassionate e competenti, la cui storia imprenditoriale è legata a doppio giro all'impegno di Confartigianato Foligno per la valorizzazione delle piccole imprese del territorio.
Una storia che inizia nel settembre 2010, al termine del corso di formazione “Esperto in sartoria, abiti storici e talari”, organizzato dall'associazione umbra nell'ambito del progetto Conce per la riqualificazione imprenditoriale del centro storico. Un progetto che ha fatto incontrare queste due artigiane e che ha dato vita ad una delle più interessanti realtà dell’artigianato umbro: La preziosa veste.
Il laboratorio è uno spazio magico e suggestivo nel centro storico di Foligno, le pareti e le volte ricordano ancora la Chiesa di Sant'Apollonia del 1600. Varcando la porta di questa bottega artigiana, lo sguardo si perde tra gli abiti storici, i telai e i rotoli di tessuti che occupano gran parte degli spazi di questo piccolo laboratorio, che sorge a pochi metri dalle sponde del fiume Topino. “I nostri abiti sono interamente fatti a mano e, quando possibile, completamente made in Italy - inizia a raccontare Maria Grazia Silvestri, una delle due protagoniste di questa storia - Realizziamo abiti storici, liturgici ed ecclesiastici, oltre al restauro sartoriale. È un mestiere che non impari con un giorno, servono pazienza, passione e tanta preparazione”, ci racconta con un tono di voce calmo e compassato, che ricorda il ritmo di lavoro quotidiano di queste due maestre artigiane. “Bisogna pensare che ci sia sempre qualcosa da imparare, servono umiltà e dedizione. Soprattutto per gli abiti storici occorre studiare molto, confrontare statue, quadri e dipinti per replicare i vestiti utilizzati secoli e secoli fa”, aggiunge Catia Bazzucchi, maestra del telaio a staggia ed esperta di ricamo. “Non sempre riusciamo a trovare in Italia i fili e i tessuti di cui abbiamo bisogno, gli abiti storici non si possono inventare, bisogna utilizzare i materiali dell’epoca. Lavoriamo con varie Diocesi, Comuni ed Enti di rievocazioni storiche. Ci siamo conosciute quasi per caso, grazie a Confartigianato Foligno, e una volta terminato il corso abbiamo deciso di iniziare questo splendido percorso insieme”. Vesti talari, casule, stole e piviali, abiti storici, bandiere, gonfaloni e tanti accessori che ricordano il Medio Evo e che La preziosa veste ricama e cuce con maestria e abilità artigiane. “La parte più difficile del nostro lavoro - rispondono quasi all’unisono - è il restauro sartoriale di abiti antichi, rari e veramente preziosi. Musei e collezionisti li affidano alle nostre cure per riportarli allo splendore originario. È un lavoro difficile e meticoloso, fondamentale per conservare la bellezza di abiti che sono dei veri e propri capolavori, opere d’arte di tecniche secolari”.
Tradizione, storia e non solo, però, perché La preziosa veste è sbarcata sul web, sui social e ha aperto all'e-commerce, “per conquistare la fiducia di un numero sempre maggiore di clienti, per aprire nuovi mercati e per mantenere il contatto con i nostri clienti, anche con quelli più distanti da noi e da Foligno”. Una perfetta sintesi tra tradizione e innovazione, tra storia della sartoria italiana e il futuro della piccola impresa umbra.

 

La preziosa veste
Foligno (PG)
www.lapreziosaveste.com
Confartigianato Foligno
www.confartigianatofoligno.com


Geba srl

L’innovazione della nautica GEBA, un’eccellenza made in Puglia

Mimmo e Corrado Petruzzella fotografati da Ivan Demenego – testo di Fabrizio Cassieri (clicca sull’immagine per ingrandirla)

Il porto di Molfetta è un labirinto che profuma di tradizione e di

cultura marinaresca, di lavoro, di legno e di mare. Scorci di blu intenso si alternano al bianco dei piccoli edifici della zona, stretti tra vicoli lastricati e rumorosi, abitati come sono da artigiani e pescatori, testimoni di storie che proprio dal mare traggono la loro linfa vitale.

La Geba srl è una di queste, una piccola impresa di progettazione e manutenzione di impianti elettrici navali, che ha tradizione, un forte legame con il territorio e una naturale propensione all’innovazione. Fin dal 1978, anno in cui Corrado Petruzzella inizia a progettare i primi impianti elettrici e lampade e lampare per i pescatori di Molfetta, in provincia di Bari. Oggi è Domenico, suo figlio, ad avere tra le mani il timone della Geba, un pilastro della cultura e dell’economia marinaresca del centro pugliese.

“Negli ultimi anni abbiamo investito in maniera massiccia sulla digitalizzazione dell’impresa - inizia a spiegare Mimmo Petruzzella, un imprenditore giovane e determinato, che ha ben chiara la rotta da seguire - Digitale e innovazione aziendale a 360°, prodotti innovativi e sostenibili, e-commerce e una capillare presenza sul web e sui social network”. Sono queste le coordinate impostate dalla Geba, che alla tradizionale attività artigiana ha affiancato la vendita di accessori, strumenti e illuminazione di bordo. Nel negozio di Molfetta come sul web, con una piattaforma di commercio elettronico che propone i migliori marchi di settore. “L’e-commerce è stata un’intuizione importante, ci è costata fatica e ore di lavoro, ma siamo soddisfatti dei risultati che stiamo ottenendo. Il nostro è un territorio particolare e di provincia, il mercato locale è ridotto e poco appetibile. Abbiamo studiato una soluzione a questo limite e oggi, grazie al commercio elettronico, riusciamo a cancellare la distanza dal mercato italiano, a gestire direttamente e senza intermediazioni un pacchetto di clienti molto più ampio e a fare export in Europa e in tutta l’area del Mediterraneo”, aggiunge Petruzzella.
La sede dell’azienda ospita un punto vendita ordinato e ben fornito, l’ufficio di Domenico, che è al piano rialzato come fosse il ponte di comando di un’imbarcazione, e un laboratorio per la prototipazione e la sperimentazione. Proprio qui sono nate due delle innovazioni di prodotto che fanno della Geba una piccola impresa all’avanguardia, dinamica e innovativa. “Alba e Leonardo sono i nostri prodotti di punta. La prima è una plafoniera a led studiata per migliorare la visibilità e per abbattere i consumi e l’usura dell’attrezzatura di bordo. La seconda, invece, è la prima lampara a led italiana, che abbiamo progettato e ideato pensando alla sicurezza dei pescatori, alla sostenibilità e a consumi dei pescherecci e delle barche da pesca - continua a raccontare Mimmo, in un discorso che lega le tradizioni del mare all’innovazione tecnologica - La pesca con la lampara è una pesca tradizionale che si fa di notte, attirando il pesce azzurro con la luce di una lampada, la lampara appunto, per poi intrappolarlo tra le maglie di una rete circolare”. Una tradizione secolare qui a Molfetta, come il verde delle persiane delle abitazioni del centro storico. “Abbiamo progettato la nostra lampara a led pensando alle esigenze dei pescatori, alla loro salute e al benessere durante le ore di lavoro. Per tenere accese le vecchie lampare, infatti, i pescatori sono costretti a far lavorare il motore della barca tutta la notte, con consumi importanti, ingombro e un rumore costante a bordo. Le nostre lampare a led, invece, sono silenziose e non occupano spazio, offrono la stessa luminosità, sfruttando soltanto un 1/8 della potenza, e le due batterie di alimentazione evitano l’accensione del motore della barca”. Un’innovazione tutta italiana, pensata e realizzata da artigiani che vivono il mare e che al mare offrono soluzioni e tecnologia. “La pesca continua a registrare un andamento negativo costante, che sta distruggendo la base dell’economia locale e tutte le attività commerciali e imprenditoriali collegate - racconta mentre cammina tra gli spazi di un cantiere navale collegato alla Geba - La politica deve intervenire al più presto per rilanciare il settore, c’è bisogno di un piano nazionale che aiuti pescatori e artigiani del mare. Queste sono le ultime attività di Molfetta, prima erano centinaia. Oggi, invece, siamo rimasti in pochi e sono più i cantieri navali chiusi di quelli aperti”, conclude con tono amaro. “Un altro problema italiano è l’incapacità italiana di sostenere il passaggio generazionale delle imprese tradizionali. Spesso bastano pochi finanziamenti per innovare completamente una piccola impresa, aiutandola a trovare un nuovo posizionamento sul mercato. L’Italia, invece, preferisce promuovere le start-up, trascurando il tessuto imprenditoriale storico”.

Parole di un imprenditore giovane e dinamico, che sta trasformando la storica azienda di famiglia per portarla in tutto il mondo, a colpi di formazione, innovazione e analisi di mercato.

 

GEBA srl
Molfetta (BA)
www.nauticageba.it
Confartigianato Bari
www.confartigianatobari.it


Daniel Cuello

L’ILLUSTRATORE DAL CUORE ARTIGIANO

 

 

Nell’universo dei tanti, diversi mestieri dell’artigianato italiano, ce n’è uno che davvero in pochi riconoscerebbero come tale: il fumettista. A Udine, per esempio, lavora Daniel Cuello, illustratore, grafico e vignettista, nato in Argentina e tornato poi a vivere nella terra dei suoi antenati, il Friuli. “Sono e mi sento un artigiano a tutti gli effetti. Il mio lavoro si basa sulla creatività, sul talento e su tecniche di lavoro che si imparano con gli anni. Ho cominciato ad appassionarmi al disegno sin da bambino e oggi è diventato il mio lavoro”, ci spiega questo giovane illustratore che abbiamo incontrato in piazza Giacomo Matteotti, tra un caffè e due chiacchiere su social network, arte e quel viaggio alla scoperta dell’artigianato italiano che sta facendo con Confartigianato Udine. “Un progetto avviato due anni fa, che vuole far conoscere questo mondo attraverso un linguaggio immediato e diverso dal solito”. Dall’estetista al birraio, dall’autoriparatore al trasportatore merci, passando per la parrucchiera, l’operaio e l’antennista, Cuello sta raccontando l’universo artigiano a colpi di vignette e illustrazioni. “Sto scoprendo un mondo fatto di creatività e grandi talenti, di visione e coraggio imprenditoriale. E’ un lavoro divertente che mi sta facendo appassionare a questo particolare universo”. 
Grazie ai libri pubblicati e alle numerose collaborazioni con riviste, trasmissioni tv e siti internet, Daniel Cuello sta crescendo e si sta affermando nel panorama artistico italiano. “Il tratto distintivo del mio stile è il grottesco, un realismo che non è lontano dalla vita di tutti i giorni. Prendo spunto dalla vita reale, dai personaggi che si incontrano in piazza o per strada. Mi piace il grottesco, le caricature viventi. Sono i soggetti che amo rappresentare e per questo i bar sono il mio studio preferito”, aggiunge Cuello. Un artigiano poliedrico, che spazia dalle illustrazioni alla grafica digitale, dai loghi aziendali ai fumetti e che oggi continua a studiare per crescere, “a sbagliare per migliorare” e a fare tanta esperienza. “Anche il nostro è un mestiere che chiede un aggiornamento continuo delle competenze professionali, tecniche ma anche tecnologiche - spiega - Oggi, un grafico deve saper fare editing video, deve conoscere le regole che valgono per una piattaforma piuttosto che per un’altra, oltre all’utilizzo dei diversi software. Il mercato è saturo e c’è molta concorrenza, bisogna crescere e migliorarsi, lavorando sodo ogni giorno”. Innovazione tecnologica per i programmi e i supporti utilizzati per disegnare, ma anche tecnologie come i social network per rimanere in contatto con il proprio pubblico. “Utilizzo molto le piattaforme social per raccontare la vita di tutti i giorni, per scoprire il comportamento delle persone e per aver un riscontro ai disegni che pubblico. E’ vero, non c’è contatto diretto con le persone, ma è una finestra importante sulla società attuale”, spiega ancora Cuello, un ragazzo che rappresenta quel modello di nuovo artigianato, fatto di tecniche tradizionali e nuove tecnologie, che rappresenta il futuro della piccola impresa italiana.

 

 

Daniel Cuello
Udine
www.danielcuello.com
Confartigianato Udine
www.confartigianatoudine.com

 

 


Sandro Tiberi

Arte e tecnologia, Fabriano rilancia la carta fatta a mano

“Non voglio essere il protagonista di una rievocazione storica”. Sandro Tiberi, maestro cartaio di Fabriano, si presenta così, con una battuta che svela immediatamente la direzione che sta prendendo uno dei mestieri più antichi del mondo. Innovazione, tecnologia e contaminazioni con arte e design, il futuro della carta di Fabriano passa per le idee e le mani di questo vulcanico artigiano, che oggi trasforma la filigrana in chip per la tecnologia NFC, che permette di avvicinare lo smartphone a un foglio di carta per navigare su internet, visualizzare informazioni, geolocalizzare un prodotto o effettuare pagamenti.

“La lavorazione della carta nasce in Cina nel II secolo a.C. Nel 751 arriva agli arabi, che la diffondono in tutto il mondo conosciuto”, ci spiega Tiberi. A Fabriano la tecnica della lavorazione della carta arriva intorno al 1200. E’ in questo angolo delle Marche che conoscerà almeno tre innovazioni rivoluzionarie. “La prima è la collatura con gelatina animale che dava durevolezza alla carta. La seconda è la pila a magli multipli, una macchina mossa dalla forza dell’acqua che preparava la materia prima per fare la carta, il pisto. La terza, infine, è il signum, la filigrana, che serviva a distinguere i tanti mastri cartai della città”. Secoli dopo, l’arte della produzione della carta continua a fare di Fabriano un centro d’eccellenza mondiale, unico nel suo genere, sinonimo di qualità e di una tradizione che oggi studia come trasformare la carta in un certificato anticontraffazione di prodotti di qualità o in un link con il mondo digitale. “La carta ha un futuro radioso, secondo me. Inserire tecnologie nella carta non può che aumentare le possibilità offerte da un supporto che, ancora oggi, è il sistema più sicuro di archiviazione delle informazioni - sottolinea il maestro Tiberi - Oltre all’innovazione tecnologica, stiamo esplorando il mondo della moda, con una linea di borse “vegane” di carta, e il mondo del design, con un modello di lampade emozionali ispirate al culto giapponese della luce. Infine, vogliamo offrire agli artisti un supporto di qualità sempre maggiore per le proprie opere, trasformando incisioni e filigrane in nuovi linguaggi dell’arte”.

Nel presente e nel futuro della carta di Fabriano, però, c’è anche l’Accademia delle Arti Cartarie, un centro di formazione dedicato a questa antica tecnica, che attira studenti e appassionati da tutto il mondo. “L’Accademia vuole diventare un vero e proprio polo attrattivo per il territorio - spiega - Fabriano è in un punto strategico per scoprire le meraviglie del nostro Paese, abbiamo una gloriosa tradizione cartaria ma abbiamo anche tante altre realtà artigianali che il mondo vuole scoprire”.

Innovare uno dei mestieri più tradizionali è possibile, Sandro Tiberi ne è la dimostrazione.

 

Sandro Tiberi
Fabriano (AN)
www.sandrotiberi.com
www.accademiadellacarta.com
Confartigianato Ancona
www.confartigianato.an.it