Ritratti
Simona Budassi
CHARTALAB, DOVE TORNA A VIVERE LA SECOLARE CULTURA ITALIANA
“Consiglieresti questo mestiere ad un giovane?”. “Sì, perché è un mestiere bellissimo, il più bello del mondo”. E il sorriso che sprigiona questa risposta non ammette repliche. Il mestiere è quello del restauratore di libri antichi, il sorriso e la risposta sono di Simona Budassi, maestra artigiana di ChartaLab, il laboratorio di restauro di libri antichi di Chieti.
Entrare in questa bottega del centro abruzzese è un tuffo nella storia, tra libri vecchi di qualche secolo, stampe, opere ed archivi. L’aria che si respira è quella piacevole e pacifica tipica delle biblioteche, dove si lavora con precisione e concentrazione.
D’altronde, tra le mani passano secoli e secoli di cultura, opere rimaste uniche al mondo. E compito di questi maestri è quello di riportarle all'antico splendore, di “ridare vita ad un’opera che la vita la sta perdendo”.
Una laurea in lingue rimasta nel cassetto e una scuola di restauro a Spoleto, dove “ho fatto due anni di studio ed uno di tirocinio, che mi ha portato prima al Trinity College di Dublino e poi a Roma - ci racconta Simona Budassi - L’apprendistato è fondamentale in questo mestiere. Lo studio ti prepara su tutta una serie di materie, da quelle storico-letterarie alla chimica, ma è lavorando che si acquisiscono le capacità manuali. L’apprendistato è un passaggio indispensabile della nostra preparazione professionale”.
Come spesso succede in Italia, però, fare impresa rischia di diventare una corsa ad ostacoli. Soprattutto se lavori nel mondo della cultura. “Da qualche anno a questa parte - ci spiega - gli affidi statali sono praticamente finiti. Si continua a lavorare con opere di proprietà pubblica, ma i restauri sono finanziati sempre da privati, enti ed associazioni. In più, stanno chiudendo i laboratori di restauro delle biblioteche pubbliche, lasciando inutilizzati spazi e strumenti costosi e molto utili per il nostro lavoro. Ecco, penso che lo Stato potrebbe lasciare quegli spazi a noi professionisti, aiutandoci a sostenere le spese per le strumentazioni diagnostiche”.
In questo mestiere, le tecniche di lavorazione sono le stesse da sempre, “l’innovazione tecnologica riguarda soprattutto le attrezzature per la diagnosi delle opere. Il primo e fondamentale passaggio di lavorazione di un restauratore è proprio questo, individuare i danni e capirne le cause, generalmente muffe, umidità, tarli ed insetti vari”. A quel punto si inizia con l’intervento vero e proprio, dalla pulizia alla ricostruzione del supporto cartaceo dell’opera, con un velo o un impasto di acqua e cellulosa. “Un intervento reversibile - conclude Simona Budassi - che non danneggia l’opera e che permette di lasciare intatto il valore artistico e culturale di queste opere”. Per qualche secolo ancora.
ChartaLab
Chieti
www.chartalab.axeleroweb.it
Confartigianato Chieti
www.confartigianato.ch.it
Tommaso Verì
La famiglia Verì e la tradizione secolare dei trabocchi abruzzesi
La storia d’amore tra la famiglia Verì e il mare abruzzese ha radici lontane, che risalgono al 1898. Siamo a Rocca San Giovanni, in provincia di Chieti, su quella costa di mare che va da Termoli a Ortona, caratterizzata dai tipici trabocchi per la pesca sotto costa, resi immortali dalle poesie di Gabriele D’Annunzio.
I Verì sono la più antica famiglia di traboccanti della zona, pescatori da quattro generazioni. Oggi, questa
antica tradizione è nelle mani e nelle capacità imprenditoriali di Tommaso Verì, 25 anni, che ha raccolto un testimone passato dal bisnonno Orlando al nonno Tommaso, dal padre Orlando a questo giovane cresciuto tra barche e trabocchi. Un ragazzo che ha imparato “a fare i nodi prima ancora di cominciare a parlare”, ci racconta con una battuta, che oggi gestisce il Trabocco di Punta Cavalluccio, uno dei tre di famiglia. Un ristorante caratteristico, circondato dalle acque cristalline di questo angolo di Abruzzo, che offre una deliziosa cucina tradizionale. “I trabocchi nascono come macchine per la pesca sotto costa - ci spiega Tommaso - oggi ne abbiamo tre, ma solo questo di Punta Cavalluccio con la bella stagione diventa un ristorante. Purtroppo, questo mare non è più pescoso come un tempo, così soltanto una parte della richiesta del ristorante viene soddisfatta dal lavoro dei trabocchi e delle due barche da pesca di mio padre - aggiunge - Volevamo diversificare l’attività di famiglia, così con mia mamma Giuseppina abbiamo iniziato questa avventura nella piccola ristorazione”. Ricette tipiche del territorio, da gustare in un contesto unico nel suo genere, sospesi su pali di legno di querce e lecci, che disegnano una delle
coste più particolari di tutto lo Stivale.
In futuro vorremmo ristrutturare un altro trabocco, che attualmente non viene utilizzato, per avviare un’altra attività. Vogliamo continuare la vita dei trabocchi, un patrimonio culturale della nostra terra e un’unicità del nostro territorio”, aggiunge questo giovane imprenditore abruzzese dalle idee chiare. “Fare impresa in Italia è molto faticoso, devi scontrarti con una burocrazia lenta e poco efficace e con un fisco che ci opprime - denuncia Tommaso Verì - Inoltre, non c’è collaborazione tra gli imprenditori della zona, non riusciamo a creare una rete che possa far bene all’economia del nostro territorio, una sinergia che permetta un’offerta di servizi integrati di qualità”. Difficoltà che Tommaso Verì affronta con il sorriso sulle labbra, forte di una storia secolare alle spalle, figlia di questa terra e che i Verì hanno contribuito a scrivere in prima persona, fin dal 1898
Trabocco Punta Cavalluccio
Rocca San Giovanni (CH)
www.traboccopuntacavalluccio.it
Confartigianato Chieti
www.confartigianato.ch.it
Teip
La ricetta artigiana per le infrastrutture italiane
“Organizzazione, innovazione, rete e tutela dell’ambiente”, è questa la ricetta della TEIP srl, una piccola impresa di Viterbo, eccellenza assoluta nel settore della manutenzione di infrastrutture e grandi opere. “La nostra principale attività è il rinforzo e il ripristino strutturale delle grandi opere infrastrutturali, ma in tanti anni di lavoro abbiamo acquisito competenze e tecniche d’intervento anche nel restauro e nel consolidamento di edifici civili e industriali, come dighe e serbatoi piezometrici, nella prevenzione antisismica e nella manutenzione delle strutture per le trasmissioni aerospaziali. Ogni giorno lavoriamo per migliorare noi stessi, con una continua revisione delle tecniche e dei materiali più innovativi offerti dal mercato internazionale. Serietà e organizzazione ci permettono di controllare ogni singolo passaggio dell’attività quotidiana di cantieri sparsi per l’Italia, che diversamente sarebbe impossibile gestire”. A parlare è Giuseppe Ippolito, mente e cuore di questa piccola impresa di Viterbo, che può contare sul lavoro di 12 collaboratori altamente specializzati. “Ho sempre puntato tutto sull'organizzazione del lavoro, che permette di limitare gli imprevisti del lavoro quotidiano. Nel nostro campo, sbagliare una fornitura di materiali, i tempi di un intervento o una 'leggerezza' nella gestione della sicurezza dell'intervento portano al fermo del cantiere, al ritardo nella consegna e a un’ingente perdita di denaro per l’azienda. Per questo monitoriamo in maniera quasi maniacale ogni momento della nostra attività”, chiude con un sorriso questo imprenditore preparato e appassionato, simpatico e dalla battuta pronta, capace di affermarsi in un settore, quello delle infrastrutture, che negli ultimi tempi ha letteralmente dominato il dibattito pubblico. “Il problema è la mancanza di una e vera propria cultura della manutenzione - ci spiega un imprenditore che conosce bene il settore, forte di oltre 35 anni di esperienza come ispettore della qualità sulle piattaforme petrolifere della multinazionale norvegese STATOIL - L’Italia non ha mai investito nella manutenzione di queste opere e il risultato è una serie di strutture indebolite dall'usura e dagli attacchi esterni. Il calcestruzzo è un materiale che ha ottime proprietà, ma subisce gli attacchi degli agenti atmosferici e ha bisogno di manutenzione e di interventi capaci di rafforzarne la solidità strutturale. Il sale che buttiamo sull'asfalto, ad esempio, accelera in maniera esponenziale le reazioni elettrochimiche e la conseguente corrosione delle armature metalliche”.
Siamo alle porte di Salerno, dove la TEIP sta lavorando al rinforzo strutturale di uno svincolo autostradale e all'impostazione del ripristino strutturale di un enorme viadotto ad arco. Si vede che nulla è lasciato al caso, dalla scelta delle opere provvisionali alla dotazione dei DPI, i Dispositivi di Protezione Individuale di ogni operaio, fino alle aree organizzate per raccogliere e gestire i rifiuti raccolti con la bonifica della zona. Le basi dei pilastri del viadotto sono danneggiate, le armature arrugginite hanno fatto esplodere il calcestruzzo. I giunti del ponte, in giornate di pioggia come questa, si trasformano in cascate di acqua che goccia dopo goccia entra nella struttura e ne compromette la stabilità. “In situazioni come questa, generalmente si rimuove il calcestruzzo carbonatato, si verifica lo stato delle armature metalliche, per poi applicare speciali malte che riescono a ripristinare forza e stabilità strutturale. L’utilizzo di materiali di qualità è un altro degli aspetti su cui puntiamo molto perché, con la preparazione delle superfici, sono la garanzia di un lavoro di qualità”.
“Finalmente iniziamo a raccogliere i frutti dei nostri investimenti in organizzazione, innovazione e sicurezza sul lavoro - aggiunge con soddisfazione Ippolito - Oggi siamo letteralmente sommersi di lavoro, al punto che stiamo rifiutando alcune commesse. Questo grazie ai nostri sforzi e al fatto che finalmente gli appalti pubblici premiano il merito delle aziende, con le Direzioni Lavori che, libere dalle interferenze che spesso arrivavano dall'alto, posso escludere dal mercato quelle imprese arruffone legate alla politica che hanno contaminato il mercato per anni. Oggi gli affidamenti sono più precisi, c’è responsabilità e serietà. Questo - aggiunge - è il momento giusto per il definitivo salto di qualità del settore. Abbiamo eccellenze e competenze, ma serve una vera cultura imprenditoriale, che guardi con convinzione all'innovazione, alla qualificazione e all'organizzazione, e che trovi nella rete tra piccole imprese una chiave di fondamentale di crescita. Crediamo nella condivisione tra imprese - aggiunge Giuseppe Ippolito - attualmente stiamo trasferendo il nostro know-how a due aziende, che hanno ottime competenze tecniche ma che hanno bisogno di crescere dal punto di vista organizzativo. Vogliamo creare un’efficace rete tra piccole imprese, siamo pronti a collaborare per condividere esperienze e opportunità con altri imprenditori, per raggiungere insieme obiettivi più grandi e ambiziosi, impossibili per una singola piccola impresa, anche se competente e ben organizzata”.
La TEIP guarda al futuro con ottimismo e convinzione. Come ogni piccolo imprenditore italiano sa bene, servono coraggio, passione e talento imprenditoriale per muoversi nella giungla burocratica italiana. Il duro lavoro, però, alla lunga paga sempre. “Avrei potuto continuare a fare il manager o il consulente, ma ho scelto di fare impresa per me, per la mia famiglia e per quelle dei miei collaboratori. A volte penso che ogni serio imprenditore italiano, con la marea di ostacoli prodotti dal'attuale sistema Italia, meriterebbe di essere svegliato tutte le mattine da una banda musicale e da qualcuno che gli dia una medaglia per la perseveranza che mette nel lavoro", chiude Ippolito con una risata ironica e appassionata.
TEIP srl
Viterbo
www.teipegs.com
Confartigianato Viterbo
www.confartigianato.vt.it
Giampiero Sacchi
IODARACING, UN’IMPRESA TERNANA TRA I GIGANTI DELLA MOTOGP
E' stato il manager Max Biaggi, ha fatto debuttare Loris Capirossi, Valentino Rossi, Jorge Lorenzo, Manuel Poggiali e portato Marco Simoncelli al titolo della 250 con la Gilera. Stiamo parlando di Giampiero Sacchi, figura storica del motomondiale che continua la sua avventura nella MotoGP. Molti dei piloti che hanno fatto la storia del motociclismo moderno, dunque, hanno debuttato sotto la direzione sportiva di questo ternano che ha fatto del mondo la propria casa e che nel 2010, dopo quasi 30 anni nel motociclismo mondiale, ha deciso il lanciare il proprio progetto imprenditoriale denominato Iodaracing Project. Questa realtà è una delle 14 scuderie della MotoGp, la prima ad aver sviluppato anche un proprio modello per la Moto3.
Il team Iodaracing Project è “orgogliosamente un’impresa artigiana. In realtà - ha spiegato Giampiero Sacchi - siamo tante imprese in una. Siamo un’officina, un’azienda meccanica di alta precisione, un’impresa di trasporto, quando spostiamo i nostri sei bilici di materiali in giro per il mondo, un’agenzia di comunicazione e un’azienda della ristorazione, se si considera che la nostra area hospitality è una delle più apprezzate e frequentate di tutta la MotoGp”.
Un’ambiziosa e competitiva realtà italiana, che sfida i colossi mondiali delle due ruote e che porta il nome di Terni in ogni angolo del globo. Tutti i modelli della Iodaracing, infatti, si chiamano con la sigla del capoluogo umbro, l’ultima arrivata è la TR-004, un territorio da sempre appassionato di ruote e motori. Almeno dagli anni ’50, quando Libero Liberati, il “Ternano volante”, si lasciava alle spalle tutti gli avversari, creando con la Gilera un binomio che ha fatto la storia del motociclismo mondiale.
Oggi, la Iodaracing ha una squadra in MotoGp e una in Moto2, la vecchia classe 250 cc, progetta ogni pezzo delle proprie moto, che ha iniziato a vendere anche ad altre scuderie.
Giampiero Sacchi è un uomo che ama le sfide, ma come quella di fare impresa in Italia ne ha viste ben poche. “La maggiore difficoltà sta nel fatto che sono i funzionari di banca o gli amministratori locali a decidere se e quanto possa crescere un’azienda, che tipo di investimenti fare e quando farli. Spesso, però, queste decisioni spettano a persone che non hanno mai pagato una fattura e che certamente non possono capire le necessità degli imprenditori. Aziende come la mia - ha aggiunto - sono difficili da capire, perché non rientrano nei parametri classici dell’impresa italiana. Pensate che, tempo fa, un direttore di banca mi disse che sarebbe stato più facile finanziare i nostri progetti se fossimo stati un’azienda di autotrasporto. Ma come, mi sono chiesto, noi che siamo una delle 14 squadre della MotoGp?!?”. E poi c’è l’innovazione, la chiave del successo di qualsiasi impresa. “Per un imprenditore l’innovazione è tutto, è la linfa vitale. Non parlo soltanto di innovazione tecnologica ma di innovazione come idea stessa alla base di un’impresa, come visione d’insieme di un progetto imprenditoriale. Se hai chiaro in mente l’obiettivo che vuoi raggiungere, la strada sarà più facile, senza cercare scorciatoie o strade alternative. L’importante è avere quell’idea”.
Come il Maestro Yoda di Guerre Stellari creava guerrieri, Giampiero Sacchi vuole continuare a formare piloti, per portare il nome di Terni e della piccola impresa italiana in tutto il mondo.
Iodaracing Project
Terni
Confartigianato Terni
www.confartigianatoterni.it
Pasticceria Fragomeni
Brioche e caffè shakerato, i due bronzi della pasticceria reggina
Antonello Fragomeni e i figli Francesco e Emiliano fotografati da Ivan Demenego – testo di Fabrizio Cassieri (clicca sull’immagine per ingrandirla)
È possibile innovare una tradizione secolare? Per Antonello Fragomeni, maestro pasticcere di Reggio Calabria, la risposta a questa domanda è un sì, secco e deciso come da buona tradizione calabrese. La sua pasticceria, con tre laboratori e un chiosco in pieno centro cittadino, è la prova a supporto di questa convinzione. Da più di trent’anni, sperimenta e innova i sapori, le forme e gli ingredienti della tradizione reggina: torte, gelati, tutte le prelibatezze della pasticceria tradizionale e una specialità che può essere considerata la regina delle creazioni della Pasticceria Fragomeni: la brioche, che questa eccellenza artigiana propone anche al cocco e al bergamotto, un vero e proprio capolavoro di gusto e prelibatezza. Se la brioche è la regina, il re della casa è il caffè shakerato, un concentrato di bontà da sorseggiare lungo corso Garibaldi. “Il segreto della nostra pasticceria è l’utilizzo di materie prime di altissima qualità, la conoscenza delle tecniche di lavorazione e di trasformazione dei prodotti e una disponibilità assoluta nei confronti dei nostri clienti, che credo sia il nostro primo valore aziendale. È importante dimostrare onestà e correttezza, stabilire un rapporto di fiducia. I clienti conoscono la qualità dei nostri prodotti e riconoscono la disponibilità con cui vengono accolti” nelle quattro sedi di questa eccellenza dell’imprenditoria artigiana calabrese. Due sono vicino lo stadio comunale e sono le prime, dove l’azienda è nata nel 1988. Le altre due sono in pieno centro storico, un laboratorio e un chiosco nel cuore dell’isola pedonale, che è anche un esperimento per lasciare che siano artigiani e botteghe storiche ad accogliere i turisti in città. “Stiamo sperimentando questa nuova modalità di accoglienza turistica, nel nostro chiosco è possibile ottenere informazioni su trasporti, eventi culturali e luoghi della città, acquistare biglietti o chiamare un taxi. Nel frattempo, è possibile gustare uno dei nostri fantastici caffè shakerati”, conclude con un sorriso questo simpatico e accogliente maestro calabrese, che ha fatto della qualità e dell’innovazione di prodotto un impegno quotidiano. “La cosa più bella di questo mestiere è svegliarsi tutte le mattine con la voglia di sperimentare nuove ricette da proporre ai clienti, ambizione e ricerca continua della qualità sono due degli ingredienti principali delle nostre ricette, da qui sono nate tutte le nostre specialità. Soltanto per il gelato, proponiamo due nuovi gusti a settimana”, aggiunge con orgoglio e piglio tipici di questa terra.
Oggi, la Pasticceria Fragomeni è un concentrato di tradizione, grazie alla valorizzazione degli ingredienti del territorio, pasta di mandorle e bergamotto soprattutto, e innovazione, con una piattaforma di vendita online, un uso efficace dei social network e un servizio di consegna a domicilio attento all’ambiente. Una vera rarità per il settore, che la Pasticceria Fragomeni effettua con una bici elettrica dotata di uno spazio adatto al trasporto di torte, gelati, granite, brioche e caffe shakerati. “Sono tutti servizi che offriamo ai nostri clienti e che rientrano in quella voglia di essere trasparenti e disponibili con loro, un valore della nostra azienda che mio padre ci ricorda ogni giorno”, sottolinea Francesco, detto Ciccio, 21 anni e figlio maggiore di Antonello, che da tre anni ha iniziato a lavorare nei laboratori di famiglia. “Innovazione, qualità delle tecniche di lavorazione, delle materie prime e dei servizi ai clienti sono le basi del nostro lavoro, ogni giorno mettiamo in laboratorio passione, pazienza e sacrificio, è così che abbiamo conquistato la fiducia dei reggini e dei turisti in visita in città”, aggiunge Antonello, prima di interrompersi per annunciare l’arrivo di una brioche al bergamotto ripiena di gelato al pistacchio. Impossibile raccontarne la bellezza, la purezza del gusto e la profondità del sapore. “L’aspetto estetico è molto importante, bisogna saper presentare bene le proprie creazioni, che ovviamente devono essere buone”, riprende con un sorriso Francesco che, insieme al fratello Emilio, 19 anni e ancora con un piede tra i banchi di scuola e uno tra i banconi della pasticceria, rappresentano il futuro di un’impresa che vuole continuare a crescere e a proporre ricette e gusti sempre nuovi. “Sperimentiamo e seguiamo le tendenze alimentari, oggi proponiamo anche prodotti vegani e senza lattosio. In futuro - aggiungono i due fratelli quasi in coro - ci piacerebbe portare i nostri prodotti anche fuori da Reggio, magari in Italia e in tutto il mondo”. A quel punto, però, non basterà più una bici elettrica per raggiungere tutti gli appassionati dell’eccellenza e della qualità artigiana della Pasticceria Fragomeni di Reggio Calabria.
Pasticceria Fragomeni
Reggio Calabria
www.pasticceriafragomeni.it
Confartigianato Reggio Calabria
www.confartigianato.rc.it
Carla Betti
Ago, filo e passione nelle trame di Carla Betti
“Il segreto di questo mestiere? La passione. Per essere una brava sarta devi avere curiosità, talento manuale e pazienza. Soprattutto, però, devi essere innamorata dell’ago, del filo e della macchina da cucire”. Un entusiasmo che esplode nelle parole e negli occhi di Carla Betti, una donna simpatica e solare, dalla battuta pronta e dal sorriso contagioso, con cui accoglie chi varca la porta del suo laboratorio a Piandimeleto, il piccolo borgo medievale della provincia di Pesaro e Urbino. E a chi entra e chiede il perché di luci, flash e della presenza di due giornalisti pronti a conoscere i segreti della sua sartoria, Carla risponde con orgoglio e semplicità: “Mi intervistano perché sono un’artigiana!”.
Basterebbe questo per descrivere Carla Betti, una donna che racchiude in sé le migliori qualità di un’eccellente maestra artigiana: passione, tecnica, amore per la tradizione e curiosità, “che ti sprona a cercare soluzioni sempre nuove, ad esplorare stili diversi e a metterti continuamente in gioco”.
In quarantanni esatti di carriera, Carla si è specializzata nella sartoria tradizionale, nella lavorazione al tombolo e nella creazione di splendidi abiti storici e da sposa. Tutto, rigorosamente, su misura. “Ogni abito che confeziono è un pezzo unico, pensato, tagliato e cucito sul corpo e sulle esigenze del cliente. Vestibilità, praticità e comodità sono le caratteristiche fondamentali di ogni vestito. Credetemi, ti piange il cuore quando vedi una delle tue creazioni uscire dalla bottega. E non ci si fa mai l’abitudine”, aggiunge con un sorriso.
A Piandimeleto tutti conoscono Carla e la sua maestria artigiana. “Tutti tranne il benzinaio del paese. Molti clienti chiedono indicazioni su come arrivare da me, ma lui ogni volta si sbaglia”, ci dice con una fragorosa risata.
Gli abiti storici di Carla Betti, infatti, sono l’anima del Palio dei Conti Oliva, la rievocazione medievale che a fine luglio richiama qui migliaia di curiosi e appassionati. “È la nostra festa, la Pro Loco ha decine di miei vestiti e molti cittadini vengono qui per farsi fare il vestito con cui sfilare. Per gli abiti storici non puoi inventare nulla, devi attenerti alla storia. Bisogna studiare molto, statue e dipinti soprattutto, non puoi improvvisare tessuti, tagli o colori, tutto è una fedele riproduzione di quei tempi. Anch'io ne ho uno, che uso con le altre signore del paese quando ci esibiamo nella lavorazione del tombolo”, una delle grandi passioni di Carla Betti. Una lavorazione che richiede grande maestria e tanta pazienza, per creare pizzi e merletti che lasciano senza parole. “Ho imparato a lavorare il tombolo dalle suore di clausura, ci ho messo otto anni per riuscire a maneggiare i fuselli e ad intrecciare i fili d’ordito. Il tombolo è semplicemente un telaio ridotto - ci spiega Carla - le trame non sono sviluppate in orizzontale come per i classici telai, ma si usano gli spilli come punto di rotazione sulla pagnotta, il tradizionale cuscino di lavorazione. È una tecnica antica, molto amata dalle vecchie generazioni. Negli anni, però, ho provato a creare prodotti moderni, come orecchini e braccialetti, per mantenere viva una tradizione che appartiene a questo come a tanti altri territori italiani”.
Proprio le nuove generazioni sono il tasto dolente della nostra chiacchierata con Carla. “Il vero problema di questo mestiere è il passaggio generazionale, il riuscire a trovare giovani volenterosi e appassionati che possano continuare questo lavoro. Tra qualche anno andrò in pensione, ma vedo che i giovani studenti degli istituti e delle università di moda non hanno alcuna capacità manuale. Sono molto preparati sulla teoria, ma poco sulla parte pratica. Pensate che, negli anni, alcuni studenti mi hanno chiesto di realizzare le loro tesi di fine corso - aggiunge Carla con un tono amaro - Questo è davvero un peccato. Tutti noi artigiani del settore, così come gli stilisti più famosi al mondo, abbiamo iniziato questo mestiere imparando ad usare l’ago e le forbici, questo ti permette di creare qualsiasi abito o di conoscere alla perfezione ogni trama dei vestiti che crei. Non è pensabile che i giovani oggi non sappiano dove mettere le mani”. La sartoria italiana, però, finché sarà nella tecnica e nella passione di un’artigiana come Carla Betti, sarà in ottime mani.
Ago e filo - Sartoria su misura
Piandimeleto (PU)
Confartigianato Ancona, Pesaro e Urbino
www.confartigianatoimprese.net