Ritratti
Icydrink
Icydrink, la rivoluzione sta in un bicchiere di ghiaccio
"Bella e dolce Bologna. Vi ho passato sette anni, forse i più belli”, diceva Pier Paolo Pasolini della sua esperienza bolognese. Il capoluogo emiliano è da sempre una delle città più dinamiche e affascinanti d’Italia, godereccia e passionale. Qui si mangia e si beve bene, il divertimento è assicurato. Non deve essere un caso, allora, se proprio dai portici bolognesi è partita una rivoluzione copernicana del bere, che ha trasformato il ghiaccio in bicchieri, per esaltare il gusto e l’aroma delle bevande.
Il teorizzatore di questa rivoluzione è Mario Montanari, che ha trasformato un’idea tra amici in un’impresa capace di esportare bicchieri di ghiaccio in tutto il mondo. “Vendo ghiaccio agli eschimesi”, ci dice accogliendoci nell'ufficio bolognese, base dell’azienda che commercializza i bicchieri di ghiaccio e le macchine per produrli. “Un brevetto che abbiamo sviluppato passo dopo passo, sperimentando soluzioni, successi e fallimenti. Il bicchiere doveva avere delle caratteristiche specifiche, avevamo bisogno di una macchina che rispondesse a queste necessità. Oggi siamo soddisfatti, le nostre macchine sono progettate e realizzate in Italia, i nostri bicchieri sono apprezzati in tutto il mondo - aggiunge ancora Mario Montanari - Non più soltanto come bicchieri per eventi e serate, ma anche come supporto per servire pietanze e creazioni degli chef, con cui stiamo collaborando molto negli ultimi tempi”.
Icydrink non è un semplice bicchiere di ghiaccio, “che permette di raffreddare la bevanda senza diluirne il contenuto come avviene con i normali cubetti di ghiaccio”, ma una vera e propria esperienza sensoriale. “Mi piace guardare le persone che provano i nostri bicchieri - riprende questo imprenditore che di Bologna ha la simpatia e il morbido intercalare - Icydrink è un’esperienza che coinvolge più sensi: la vista, il tatto e il gusto di aromi esaltati dal bicchiere di ghiaccio”. Che non si scioglie in mano, perché Icydrink ha un supporto in vetro, studiato al tempo con l’amico Lauro Ghedini, per isolare il ghiaccio e veicolarlo, una volta sciolto, in un fondo a spirale, che trattiene l’acqua senza rovesciarla. “Icydrink è ecologico, una volta utilizzato si scioglie senza finire tra i rifiuti, e anche molto divertente - racconta Montanari - Il proprietario di un bar ci organizza un gioco a fine serata, una sorta di tiro al bersaglio”, aggiunge tra un aneddoto e l’altro.
Le macchine e i bicchieri Icydrink sono nei bar e nei club più esclusivi del mondo, dagli Stati Uniti allo scintillante mondo arabo, dalle spiagge più festaiole d’Europa alle case di facoltosi imprenditori e uomini d’affari. “Le nostre macchine, che hanno le stesse dimensioni di una normale attrezzatura per la produzione di ghiaccio, riescono a “sfornare” fino a otto bicchieri ogni mezzora”, aggiunge Montanari. Icydrink è un cono rovesciato, completamente fatto di ghiaccio, della stessa capienza di un normale bicchiere per cocktail. “Lo spessore di un centimetro garantisce un corretto raffreddamento, perfetto per chi vuole offrire cocktail di qualità o cibo fresco, pietanze dagli aromi puri e delicati”. Soprattutto, però, perfetto per chi vuole stravolgere il concetto di bicchiere, per abbracciare una sfida fatta di idee rivoluzionarie, di esaltazione della qualità e della cultura imprenditoriale italiana.
Icydrink
Bologna
www.icydrink.com
Confartigianato Bologna metropolitana
www.assimprese.bo.it
Scarpelli Mosaici
Commesso fiorentino, una storia rinascimentale
Firenze è arte e cultura, storia e tradizione, probabilmente una delle città più belle e suggestive al mondo. Milioni di turisti arrivano ogni anno all'ombra della cupola del Brunelleschi per scoprire questo patrimonio inestimabile di opere d’arte, monumenti e scorci incantevoli.
Negli anni, Firenze sta cercando di mantenere vivo il proprio bagaglio di tradizioni e tecniche artigiane, fatto di mestieri secolari spesso unici al mondo. Uno di questi è la lavorazione del mosaico fiorentino, o commesso fiorentino, la particolare tecnica di intaglio e composizione di frammenti di pietre dure con cui creare dei veri e propri dipinti di marmo, pietre e “altri di quelli che dall'esterno sembrano soltanto sassi”. È Catia Scarpelli ad accoglierci con questa battuta sulla porta di un’incantevole bottega fiorentina, la Scarpelli Mosaici.
Siamo in via Ricasoli, a due passi dal Duomo, in un’antica struttura restaurata, che oggi ospita una delle più interessanti imprese della tradizione toscana. “Tutto inizia dalle pietre, dalla conoscenza delle loro caratteristiche cromatiche e strutturali. Il nostro mestiere comincia fuori da questa bottega, in montagna, alla ricerca di pietre sempre più belle e particolari”, ci spiega questa toscana dalla battuta pronta e dal sorriso contagioso. Catia è la figlia di Renzo Scarpelli, il Maestro artigiano che nel 1972 ha fondato questo opificio e che ha contagiato con la passione per l’intaglio anche l’altro figlio, Leonardo, oggi uno dei più apprezzati Maestri del Commesso fiorentino. Una particolare tecnica di composizione di mosaici, dove le tradizionali tessere sono sostituite da frammenti di pietre dure, intagliate a mano e ricomposte con maestria artigiana e incredibile talento artistico. Il risultato è stupefacente, difficile da descrivere in tutta la sua magnifica bellezza. Una pennellata di colore, morbida e armoniosa, che sembra tutto tranne che un mosaico di sedimenti minerali, vecchi anche milioni di anni. Conoscerne le caratteristiche è soltanto il primo passo, saperle tagliare e ricomporre è quello successivo. “Servono anni e anni di esperienza, molta passione e talento artistico - continua Catia Scarpelli - Utilizziamo una tecnica di lavorazione particolare, quella di mio padre, per il resto il mestiere è rimasto intatto dal Rinascimento. Per tagliare le pietre utilizziamo il tradizionale archetto a mano, fatto in ciliegio o castagno, che si lascia in tiro per 5 o 6 anni prima di essere utilizzato. Grazie all’azione della polvere abrasiva, con il fil di ferro tagliamo i vari frammenti, che vengono poi definiti con una lima prima di essere ricomposti e fissati con colla naturale in cera d’api”. Un lavoro preciso e meticoloso, fatto di movimenti lenti e consapevoli, ripetuti come una preghiera tra i banchi di una chiesa.
In questa bottega si respira tutta la tradizione di un mestiere che ha radici nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, ma che la Scarpelli Mosaici sta proiettando in un futuro fatto di laboratori aperti al pubblico, di mercati esteri e “di un’esperienza da vivere, prima ancora di un prodotto da acquistare. Quando abbiamo restaurato questo spazio, abbiamo deciso di mostrare i banchetti di lavorazione, per permettere a tutti di capire come si trasforma un sasso in un meraviglioso dipinto”, ci spiega ancora Catia, che si accende di passione quando bagna le lastre di pietra per mostrarne le incredibili sfumature di colore.
“Al mondo, sono rimasti pochissimi maestri del Commesso fiorentino, due lavorano in questa bottega, mio padre e mio fratello - aggiunge - Il nostro impegno è valorizzare Firenze e il suo patrimonio artigiano. Questo è un mestiere bellissimo, che utilizza una tecnica unica al mondo. Vogliamo promuovere questa arte a cominciare dalle scuole e dai licei artistici. È molto difficile trovare ragazzi disposti ad imparare questo mestiere, il sistema scolastico non ci aiuta. L’Italia dovrebbe tutelare gli antichi mestieri, il rischio è che non ci siano più in futuro”. Quello della Scarpelli Mosaici, invece, sembra essere in buone mani, se è vero che il primo passo per diventare un bravo maestro è riconoscere le pietre. “Qualche tempo fa, camminando sulla spiaggia di Castiglioncello, mio figlio Diego ha trovato il suo primo gabbro, una roccia tipica della zona. Era molto orgoglioso di farla vedere al nonno”, conclude con una risata Catia Scarpelli, erede di una famiglia che sta continuando una delle più antiche tradizioni artigiane di Firenze, quella del Commesso fiorentino.
Scarpelli mosaici
Firenze
www.scarpellimosaici.it
Confartigianato Firenze
www.confartigianatofirenze.it
Paolo Penko
PAOLO PENKO E LA SECOLARE TRADIZIONE ORAFA FIORENTINA
Firenze è storia, arte e cultura, conoscenze e tradizioni che si tramandano da secoli e che sulle sponde dell’Arno hanno scritto uno dei capitoli più esaltanti dell’Umanità, il Rinascimento delle arti e delle scienze. Oggi, all’ombra della Cupola del Brunelleschi, lavora un maestro artigiano capace di fondere la gloriosa tradizione orafa fiorentina a un’innata propensione al futuro e all’innovazione.
Visitare la Bottega orafa di Paolo Penko diventa un vero e proprio viaggio nel tempo, che affonda le radici in una Firenze fatta di fiorini d’oro, usanze rinascimentali e detti popolari. Come “San Giovanni non vuole inganni” ad esempio, che in molti hanno sentito ma di cui pochi conoscono l’origine. San Giovanni Battista è il Patrono della città gigliata e “la sua immagine incisa sul retro dei fiorini d’oro indicava il marchio del battitore della Zecca e, di conseguenza, l’autenticità di quella moneta. Un potente simbolo economico e religioso della città - ci spiega Penko - offerto ai neonati con l’augurio di “un fiorino oggi per mille domani”.
Un motto che riecheggia ancora oggi nel lavoro quotidiano di un maestro artigiano che impegna un terzo della propria giornata a diffondere e a seminare la passione per l’oreficeria. “E’ importante promuovere l’arte orafa, soprattutto tra i più giovani, stimolarne le capacità manuali e la creatività nel disegnare un gioiello”, spiega questo appassionato artigiano, che ha incontrato l’arte orafa per caso e che continua a passare le notti a buttar giù bozzetti, idee e nuove forme da plasmare.
La bottega orafa Penko di Firenze cura ogni fase della lavorazione delle proprie creazioni, dal disegno alla fusione dell’oro, dalla lavorazione dei metalli alla scelta delle pietre, utilizzando strumenti e tecniche della tradizione toscana. “Non siamo un museo, però, cerchiamo di innovare continuamente la nostra produzione, con forme e modelli che seguano l’evoluzione dei tempi - spiega - Già dieci anni fa abbiamo lanciato una linea di gioielli multimediali, integrando schermi di piccole dimensioni alle nostre creazioni, ben prima che la Apple lanciasse il suo orologio innovativo”, aggiunge Penko con il sorriso ironico di chi sa già cosa fare domani. “Presto avremo una sede più ampia e spaziosa e una presenza più massiccia sul web e sulle piattaforme di e-commerce, per conquistare nuovi mercati e fidelizzare i clienti stranieri”.
Il futuro della Bottega orafa Penko è assicurato. A Paolo e a sua moglie Beatrice, al figlio Alessandro, alla giovane apprendista Monica e “al vero boss dell’azienda, il nostro cane Fiorino”, presto si aggiungerà il secondo figlio, Riccardo, promettente studente del liceo artistico. “Spero di poter avere sempre più tempo da dedicare alla promozione di questo mestiere, alla trasmissione di conoscenze e tecniche di lavorazione che appartengono alla storia e alla cultura di questa città”, conclude Paolo Penko, che realizza la Croce di San Giovanni per la festa del Patrono e il Fiorino d’Oro della città di Firenze, il riconoscimento che ogni anno viene consegnato a “tutti coloro che abbiano contribuito a dare lustro alla città”, come si legge nel regolamento del riconoscimento. E se queste sono le motivazioni, verrebbe da pensare che una volta, quel premio, potrebbe essere consegnato proprio alla bottega dove viene plasmato.
Bottega orafa Penko
Firenze
www.paolopenko.com
Confartigianato Firenze
www.confartigianatofirenze.it
Pasticceria Sciampagna
Sciampagna, la pasticceria siciliana al gusto di futuro
E’ possibile applicare sperimentazioni, idee e soluzioni innovative a mestieri vecchi di qualche secolo? La risposta è sì, ovviamente. E Carmelo Sciampagna, dalla provincia di Palermo, ne è un ottimo esempio.
Lo abbiamo incontrato nella sua pasticceria di Marineo, un piccolo centro a Sud di Palermo, caratterizzato dall’inconfondibile rocca che sovrasta il borgo antico. Da qui, Carmelo Sciampagna è partito nel 2005 per un viaggio alla scoperta di gusti e sapori sempre diversi, dagli studi a Brescia agli anni vissuti in giro per il mondo. Il risultato è una pasticceria raffinata, sintesi di una contaminazione tra la tradizione siciliana, l’esperienza personale e la continua ricerca di nuovi gusti da presentare agli appassionati del settore. “Questo è un mestiere bellissimo, per me il migliore - inizia a raccontare Carmelo Sciampagna, un maestro pasticciere simpatico e appassionato, dal morbido accento siciliano - Per essere un bravo pasticciere serve preparazione, fantasia e intelletto. Ho sempre valorizzato la tradizione della nostra pasticceria, cercando di reinterpretarla in chiave moderna, anche in linea con i cambiamenti delle abitudini alimentari degli italiani”, continua a raccontare un Maestro capace di raccogliere premi e riconoscimenti in tutto il mondo, con un palmares degno di un club di Serie A: miglior dessert al cioccolato al mondo, per il 5° anno consecutivo tra le migliori pasticcerie del Belpaese e uno dei cinque ambasciatori italiani della più importante realtà internazionale del settore.
Oggi, il nome di Carmelo Sciampagna è uno dei più quotati nel mondo della pasticceria mondiale. “Il mio segreto è aver rivoluzionato il paradigma di base di questo mestiere. Ho sempre cercato di valorizzare l’ingrediente, sviluppandone ogni singola sfumatura di gusto. Per me, comincia tutto dall'esaltazione del sapore e delle caratteristiche organolettiche della materia che lavoro”.
In questo momento, la Pasticceria Sciampagna ha due punti vendita e un laboratorio ad alto tasso d'innovazione, con macchinari all'avanguardia e quattordici collaboratori che si alternano tra impastatrici, tavoli da lavoro e forni per la cottura dei dolci, capaci di trasformare l’aria del laboratorio in una poesia di profumi e morbide fragranze. “Presto apriremo uno spazio in via Wagner a Palermo, a pochi metri dal Politeama. Sarà uno store esclusivo e innovativo, dove presenteremo una selezione dei nostri migliori prodotti. Palermo rappresenta una sfida importante per noi - sottolinea Sciampagna - Da anni collaboriamo con i migliori marchi della cioccolateria mondiale e finalmente siamo pronti a presentare le nostre creazioni, realizzate con miscele esclusive, riservate a chi valorizza, come noi, la qualità degli ingredienti e delle tecniche di lavorazione. Inoltre - aggiunge ancora Sciampagna - Palermo sta continuando a crescere. Ci sono ancora margini di miglioramento ma oggi è una città vivace e dinamica, che investe nella cultura e dà spazio al talento e alla creatività dell’artigianato di qualità”.
La Pasticceria Sciampagna utilizza soltanto materie prime scelte, sane e, quando possibile, made in Italy. “Per alcuni aspetti mi sento un missionario - riprende con un sorriso - Noi pasticceri abbiamo il dovere di trasmettere ai nostri clienti la cultura del mangiar bene, dobbiamo insegnare alle persone come e cosa mangiare per vivere meglio”.
Gli anni vissuti all'estero hanno insegnato tanto a questo quarantenne della provincia palermitana, che oggi vede “troppi talenti viaggiare più velocemente di quanto non faccia l’Italia, intrappolata in una burocrazia folle e nell'incapacità di valorizzare merito e talenti. Le incompetenze della pubblica amministrazione sono un problema per chi vuole fare impresa in questo Paese”, che non riesce a sostenere le piccole e medie imprese, a far rispettare le regole e a sviluppare economia e occupazione. “Ogni imprenditore italiano sa che la nostra è una battaglia, ogni mattina ci svegliamo sapendo di andare in guerra contro le follie di questo Paese”, conclude mimando il gesto dell’indossare l’elmetto, che per il Maestro Carmelo Sciampagna, più che una toque blanche, è una corona. Quella di un re della pasticceria italiana.
Pasticceria Sciampagna
Marineo (PA)
www.carmelosciampagna.com
Confartigianato Palermo
www.confartigianatopalermo.it
Falegnameria Spano
Arte e artigianato nelle creazioni di Tore Spano
Salvatore Spano è un maestro artigiano che da più di 50 anni plasma il legno a colpi di talento artistico e tecnica artigiana. “Mi piace sperimentare, esplorare nuove forme. Vivo di innovazione e di stimoli continui, la mia fonte di ispirazione è la splendida natura della Sardegna”.
Siamo ad Olbia, nell'area commerciale dell’aeroporto Costa Smeralda. E’ qui che incontriamo Salvatore Spano, intento a completare la posa degli arredi di un nuovo locale. “Il legno è una materia straordinaria, che ti permette di trasformare qualsiasi idea in realtà - comincia a raccontare questo sardo dalla battuta pronta e dalla risata contagiosa, un vulcano di idee e progetti da realizzare - Adoro questa materia, è fantastica. Più passa il tempo e più me ne innamoro”.
La rivoluzione digitale, i cambiamenti del mercato e delle abitudini degli italiani “hanno completamente stravolto questo settore. Oggi, un falegname non può più permettersi di rimanere nella propria bottega. Deve uscire, confrontarsi con artisti e imprenditori, lavorare in rete per raggiungere traguardi sempre più ambiziosi. La condivisione delle esperienze è una caratteristica fondamentale del falegname 4.0, che deve saper utilizzare la tecnologia digitale. Condividere macchine da lavoro, ad esempio, abbatterebbe i costi aziendali di ciascuno di noi, ottimizzando l’investimento fatto per l’acquisto di quella tecnologia. Per farlo, però, serve che tutto il settore compia un definitivo salto di qualità in termini di cultura imprenditoriale. Dobbiamo considerarci colleghi e non rivali”.
Artigiano poliedrico e visionario, già da anni Tore Spano ha stretto un legame indissolubile con la natura e i suoi elementi. Inevitabile, allora, che sia stato uno dei primi artigiani a spingersi nel campo dell'upcycle e del riuso creativo degli scarti di lavorazione. “Mi piace recuperare questi avanzi per trasformarli in nuovi oggetti o in elementi decorativi. A Milano, ad esempio, ho presentato una parete realizzata con la segatura e i legni di scarto della nostra produzione”, spiega il Maestro Spano. Se la Sardegna è l’ispirazione, Milano è una seconda casa per questo affermato artigiano, la piazza ideale dove veicolare la potenza esplosiva delle proprie creazioni. “A Milano mi sento a casa, è una città stimolante e dinamica, che ha una particolare energia creativa. Da anni, ormai, partecipo alle manifestazioni milanesi più importanti, perché è lì che si definisce la creatività e il design italiano”.
In un momento di cambiamento come questo, dove l’innovazione tecnologica e le nuove regole del mercato impongono un drastico cambiamento di rotta a tutti gli imprenditori del settore, Tore Spano è convinto che, una volta di più, sarà la qualità dalle lavorazioni la strada da seguire. “Abbiamo bisogno che l’Italia sostenga il nostro lavoro e le nostre imprese, però. Da una parte bisogna migliorare la cultura italiana, condizionata dalla sottovalutazione dell’artigianato e della piccola impresa. Dall’altra, invece, serve un drastico calo della burocrazia e del costo del lavoro. Siamo arrivati a livelli ormai insopportabili - denuncia con fermezza - Così non ci sono più margini d’investimento e di sviluppo per le nostre imprese”.
Un altro tasto dolente è la mancanza di giovani interessati all’artigianato tradizionale. “Facciamo fatica a trovare giovani che vogliono imparare questo mestiere. Per farlo, servono disciplina, volontà e passione, doti che non sembrano più interessare i nostri giovani - continua Spano - Questo è un problema estremamente serio, su cui l’Italia dovrebbe intervenire al più presto se non vuole perdere questo incredibile bagaglio di conoscenze e competenze artigiane”.
Falegnameria Spano
Olbia
www.falegnameriaspano.it
Confartigianato Gallura
www.confartigianatogallura.it
Mario Pellin
USTER, FILOSOFIA INTERNAZIONALE E PASSIONE ITALIANA
La Uster di Monastier di Treviso nasce nell’aprile del 1981 in una piccola officina. Poco spazio, qualche attrezzo da lavoro e i primi componenti meccanici di precisione prodotti da Mario Pellin, un imprenditore trevigiano dalle idee chiare, che negli anni è stato capace di trasformare una piccola officina in uno spazio di 2mila mq, dove l’organizzazione del lavoro e gli spazi di produzione sono studiati per sfruttarne potenzialità, efficienza e rendimento. La catena di produzione è modulare, può essere sviluppata sia in orizzontale che in verticale, “secondo le filosofie di produzione industriale giapponese basate sulla Lean Production” , e dona all’intero processo un andamento fluido, accompagnandolo come fanno gli argini con un fiume. Dalla ricezione dei materiali alla preparazione delle consegne, ogni singolo passaggio della produzione della Uster è studiato come un ingranaggio perfetto, dove ogni collaboratore sa cosa fare e si impegna per farlo in maniera sempre migliore. “La formazione continua e lo sviluppo delle capacità di ogni nostro collaboratore sta diventando uno dei pilastri della nostra filosofia aziendale - spiega Mario Pellin - Da anni investiamo in questa direzione e oggi ne raccogliamo i frutti. Questa è la scheda delle caratteristiche dei nostri ragazzi”, ci spiega mentre indica un cartello appeso proprio all’ingresso dell’area produzione dello stabilimento di Monastier di Treviso. Sulla scheda si leggono i nomi degli operatori della Uster e le loro competenze, le mansioni che sono capaci di sostenere e, di conseguenza, “su cui possono aiutare gli altri ragazzi in caso di bisogno. Questo ci aiuta ad avere un quadro completo delle capacità dei nostri operai - aggiunge Pellin, un imprenditore associato a Confartigianato Imprese Treviso - Mentre a loro dà la possibilità di migliorarsi e di completare il profilo professionale con la conoscenza delle competenze dei colleghi. E’ uno strumento che abbiamo acquisito dalla collaborazione con un cliente statunitense e che oggi ci aiuta a migliorare la diffusione delle competenze”.
Una piccola impresa veneta che produce componenti meccanici per diversi settori industriali, dall’alimentare all'aereonautico, passando per i macchinari di iniezione di materie plastiche e le valvole industriali per il trasporto del gas, “che i nostri clienti esportano molto anche in Cina. Per una volta, produciamo qui in Italia ed esportiamo da loro”, ci dice con una battuta questo imprenditore che continua a proiettare la propria azienda nel futuro, che sta investendo sulla rete commerciale, sull’export, negli Stati Uniti e in Germania soprattutto, e sui giovani, buona parte dei lavoratori che s’incontrano camminando per i reparti della Uster. “Speriamo che il piano Industria 4.0 confermi le attese e dimostri di essere una risorsa importante per migliaia di piccole imprese come la nostra, che hanno bisogno di programmazione per gli investimenti, d’innovazione e di giovani preparati e motivati - spiega ancora Pellin - L’apprendistato è uno strumento fondamentale per noi, la nuova legge sull’alternanza scuola-lavoro è veramente un’occasione importante, senza dubbio da cogliere”. Non a caso, la Uster ha già attivato la convenzione con due istituti tecnici della provincia.
I due figli, Daniele e Roberto, terminati gli studi sono entrati in azienda, affiancando Mario, sua moglie Valeria e un’altra ventina di dipendenti attualmente impiegati alla Uster. Una piccola impresa che continua a cercare soluzioni e idee da presentare al mercato. Come i nuovi prodotti brevettati dalla Uster, i dosatori ROIS, per il dosaggio di precisione di sostanze a bassa e media viscosità. “Abbiamo progettato e realizzato questi dosatori, un prodotto che stiamo proponendo ai nostri partner commerciali internazionali. Per noi è una scommessa, è un campo nuovo per la nostra azienda. Per il mercato rappresenta una soluzione innovativa, efficace ed efficiente, in grado di essere applicata a una vasta gamma di settori produttivi”, ci spiega con orgoglio Mario Pellin, un imprenditore che continua a guardare al futuro con ottimismo e che guida con passione una piccola impresa italiana d’eccellenza.
Uster
Monastier di Treviso (TV)
www.uster.it
Confartigianato Imprese Marca Trevigiana
www.confartigianatomarcatrevigiana.it