Ritratti

Distilleria Monterbe

Akrai, dove si distillano miele e storie antiche

 

La forza della piccola impresa italiana sta nelle capacità e nel talento di tanti italiani, oltre che nel legame di questi uomini e di queste donne con il proprio territorio. La storia che vi stiamo per raccontare è un esempio di questa relazione, che fa della cultura e della tradizione di un luogo la forza stessa di una piccola impresa: la Distilleria Monterbe di Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa. Qui, Paolo Rametta e sua moglie Patrizia producono l’Aphrodision, un distillato di miele e storie antiche, di sapori puri e vecchie tradizioni greche. “La ricetta appartiene alla nostra terra da più di 2500 anni, per almeno 200 anni è stata prodotta in clandestinità”, inizia a raccontare Paolo Rametta, un siciliano simpatico e ospitale, entusiasta della sua terra e di un distillato che racchiude tradizione e antichi saperi, fatto soltanto “di acqua e miele, due materie prime che la nostra terra ci offre in abbondanza. Questa zona è ricca di sorgenti naturali e di timo ibleo, un arbusto che dà un miele dolce e profumato”, aggiunge Rametta aprendo le porte di una distilleria moderna e organizzata, dove un alambicco a colonna svetta tra barili di miele puro e decine di bottiglie pronte per accudire una vera e propria delizia alcolica. “Il nostro distillato di miele è un prodotto assolutamente biologico e sano: è naturalmente dolce, ha un ph alcalino e tutte le proprietà del miele con cui è fatto, puro al 100%”.
“Dopo venti anni di esperienza nel campo dell’erboristeria artigiana - spiega Patrizia Arrabito - abbiamo deciso di lanciarci in questo progetto legato alla cultura e alle tradizioni degli Iblei e di Palazzolo. Oggi, la nostra distilleria produce due distillati, l’Aphrodision 4.18 e l’Aphrodision 6.64, che prende il nome dall'anno di fondazione dell’antica Akrai. A breve vogliamo lanciare sul mercato anche l’idromele, più leggero del distillato, che nella tradizione è la bevanda delle tesmoforie di Demetra e il cui consumo era rivolto alle donne. Per adesso, però, ci dedichiamo al nostro Aphrodision”, chiude con un sorriso questa donna simpatica e dai modi gentili.
Una ricetta antica, millenaria, come le storie che accompagnano la vita del distillato della Monterbe di Palazzolo Acreide, città patrimonio dell’umanità per l’UNESCO. “La cultura e la storia di Akrai sono alcuni dei valori che promuoviamo con il nostro distillato e con l’attività quotidiana della nostra impresa. Con la bottiglia dell’Aphrodision, che prende il nome dal tempio di Afrodite a cui Akrai era devoto, doniamo anche una delle 12 storie di miti e leggende di ninfe a cui la nostra millenaria tradizione si ispira, narrate e rielaborate da Barbara Crescimanno. È il nostro “messaggio nella bottiglia” affinché anche lontano si conosca bene la cultura della nostra terra”, aggiunge Paolo Rametta.
L’Aphrodision è capace di rievocare storie e tradizioni, popoli che si sono alternati nel corso dei secoli, dando vita a miti, leggende e a quella cultura che i libri di storia ricordano come Magna Grecia. 
Qui hanno vissuto Dionisio, il terribile tiranno di Siracusa, e Archimede, “qui sono state fondate le prime città siciliote - racconta con orgoglio Rametta - Akrai è una città che ha vissuto una civilizzazione importante con l’espansione della Magna Grecia, dando vita ad un patrimonio storico-culturale che la città sta riscoprendo negli ultimi anni. Noi vogliamo contribuire a questa riscoperta con un distillato che fa parte della nostra tradizione enogastronomica, strettamente legato alla cultura di questo territorio”.
Un impegno per la propria terra che ogni giorno la Monterbe distilla in un alambicco a colonna a ciclo discontinuo, tra acqua purissima e miele in fermentazione.

 

Distilleria Monterbe
Palazzolo Acreide (SR)
www.akraispirits.it
Confartigianato Siracusa
www.confartigianatosiracusa.it

 

 


Playcar

Playcar, la mobilità sostenibile “made in Sardegna”

 

Cagliari, Sardegna. La rivoluzione della mobilità sostenibile parte da qui, dal lavoro e dalle intuizioni di Fabio Mereu, un giovane imprenditore sardo che sta guidando l’azienda di famiglia verso un futuro fatto di sostenibilità e smart city funzionali, dove i mezzi di trasporto urbano sono a emissione zero, condivisi e integrati in una piattaforma intermodale.
Un futuro visionario che Fabio Mereu ha ben chiaro in mente, al punto da riuscire quasi a toccarlo con le mani. “Il nostro lavoro è innovare la mobilità nelle città, sia con l’offerta di servizi alle persone, sia con la creazione di piattaforme digitali per la gestione del trasporto urbano”, inizia a spiegare un imprenditore che ha concluso un passaggio generazionale importante, raccogliendo il timone di un'azienda che nasce nell'immediato dopoguerra per accompagnare i minatori a lavoro e che oggi è una delle più innovative realtà italiane nella mobilità urbana, una vera e propria galassia di imprese per il trasporto persone. Da Playcar, il car-sharing elettrico cagliaritano, al servizio di autonoleggio con o senza conducente, da Cabubi, il bike-sharing a flusso libero, al trasporto di linea, fino a Playmoove, la piattaforma digitale per la mobilità urbana, che permette di sintetizzare in una sola app l’intera rete di trasporti di una città. “Mio padre fu il primo in Italia a offrire il servizio di noleggio senza conducente, noi siamo stati il primo car-sharing privato d’Italia. Ancora oggi, siamo l’unico esempio di piccola impresa italiana del settore - continua a raccontare Mereu - Abbiamo portato a Cagliari il bike-sharing tradizionale e quello a flusso libero, che ora diventa elettrico per un futuro ancora più sostenibile e a impatto zero. Playmoove, la nostra piattaforma per la gestione della mobilità, è la sintesi di tutto il lavoro fatto negli anni, tra esperienza imprenditoriale sul campo e anni di collaborazione e di ricerca con il mondo accademico, a Cagliari e negli Stati Uniti”.
Ricerca, innovazione, sviluppo e sostenibilità, sono questi gli assi portanti del progetto Playmoove, una delle più innovative, visionarie e tecnologiche realtà imprenditoriali del settore. Una piattaforma digitale per la mobilità sostenibile, una delle poche certificate dal Ministero dell’Ambiente, che propone una gamma di soluzioni tecnologiche. “Esattamente come sta succedendo da anni nel resto del mondo, anche l’Italia deve ripensare le città. È necessario svuotare i centri urbani dalle automobili private, disegnare un sistema di trasporto intermodale, che sfrutti la tecnologia per offrire un servizio sempre più sostenibile ed efficiente”. A Cagliari tutto questo è già realtà, grazie al lavoro di Playcar e di un sindaco, Massimo Zedda, che da anni sta ridisegnando gli spazi urbani del capoluogo sardo. Settantacinque automobili per il car-sharing, centocinquanta bici per il bike-sharing cittadino. È questa la flotta che ogni giorno Playcar mette in strada per migliorare la mobilità urbana e il benessere dei cagliaritani e dei turisti che sbarcano in Sardegna. “Stiamo per lanciare altre due sfide: vogliamo presentare al mercato il nostro prototipo di mezzo a pedali per la città e vogliamo portare in tutta Italia la nostra piattaforma digitale per la gestione della mobilità”. Il prototipo di cui parla Mereu è la rivisitazione del Sinclair C5, un velocipede inglese degli anni ‘80, che Playcar ha studiato con lo IED Cagliari per trasformarlo in un moderno mezzo a pedalata assistita, comodo e pratico, da utilizzare sul lungomare di Cagliari, nei parchi o nei centri storici di tutta Italia. Playmoove, invece, è la sfida più ambiziosa. Una sfida che ha un’anima artigiana e tutta la tecnologia in grado di rivoluzionare le città italiane, per trasportarle in un futuro più digitale e sostenibile.

 

Playcar
Cagliari
www.playcar.net
www.playmoove.com
Confartigianato Sud Sardegna
www.confartigianato-imprese.com/sud-sardegna

 

 


Porta 1918

Porta 1918, cento anni a lievitazione naturale

 

“C’era una volta Nonna Chiara”. La favola della famiglia Porta potrebbe iniziare con queste parole, proprio oggi che la Porta 1918 festeggia un secolo di vita, di passione e di duro lavoro nell’arte della panificazione. Cento anni, come quelli della pasta madre di Nonna Chiara, che ancora oggi è quella con cui si impasta un pane che ha tutto il sapore di una volta. “La pasta madre è il nostro orgoglio e il segreto dei nostri prodotti. Non è un record assoluto di anzianità ma poco ci manca”, inizia a raccontare Riccardo Porta, un simpatico e giovane imprenditore sardo, erede di questa secolare tradizione famigliare.
 Questa storia secolare ha inizio a Gonnosfanadiga, il centro a metà strada tra Cagliari e Oristano, che da sempre è la capitale sarda del pane. Oggi, la Porta 1918 ha superato i confini dell’entroterra isolano per conquistare il Sud della Sardegna. “Soltanto a Cagliari abbiamo due punti vendita e un laboratorio di produzione. Per noi, che veniamo da un piccolo paesino di provincia, è un orgoglio essere approdati in città e aver conquistato la fiducia dei cagliaritani e dei turisti”, aggiunge un giovane imprenditore che sta continuando un’eredità fatta di tradizione e amore per la Sardegna, di innovazione e di ricette capaci di abbracciare l’evoluzione dei tempi e dei gusti degli italiani. “In questi cento anni di attività non abbiamo mai smesso di utilizzare le ricette della tradizione e le materie prime del territorio, tutte assolutamente a chilometro zero. Le diverse tipologie di grano che utilizziamo vengono dalla Sardegna, da quelli duri per il pane tradizionale e gli altri prodotti da forno a quelli morbidi per la pizza. Non ammettiamo eccezioni. Addirittura - aggiunge Porta - c’è stato un momento in cui, per una serie di ragioni, non riuscivamo più a trovare le mandorle della nostra terra. Per noi era un problema enorme, ma che fortunatamente abbiamo risolto grazie alla Mandorle di Sardegna, una piccola azienda che come noi ha a cuore la tradizione e l’eccellenza agroalimentare della nostra splendida isola”. Mandorle che la Porta 1918 utilizza per uno dei prodotti di punta dell’azienda: l’Amaretto integrale, premiato a Expo 2015 per l’innovazione della tradizione sarda. In questo trionfo di sapori naturali, una deliziosa sintesi di tradizione, innovazione e valorizzazione del territorio, c’è tutta la filosofia della Porta 1918. “Siamo partiti dalla ricetta tradizionale dell’amaretto, per presentare al mercato un prodotto che diventasse ambasciatore di un nuovo sapore della Sardegna, non a caso è molto apprezzato in Italia e nel mondo”. Innovazione che Riccardo Porta ha applicato a 360° in azienda. “Un’azienda che ha un secolo di storia alle spalle, non può che innovare e innovarsi, cercare nuovi sapori e nuove forme di commercializzazione. Lo facciamo da sempre - aggiunge Riccardo - Lo ha fatto mio nonno Peppino, poi mio padre Gianfranco e ora tocca a me. Il rapporto degli italiani con il pane è in continuo mutamento. Ai tempi della mia bisnonna Chiara si faceva in casa, poi si andava a prendere al forno. Oggi - spiega un ragazzo che ha lasciato la Sardegna per laurearsi, prima di tornare sull’Isola - sembra che sia il pane a dover andare a casa delle persone. Per questo, abbiamo appena lanciato il nostro street food, con cui vogliamo raggiungere le spiagge sarde ma anche, e soprattutto, i principali luoghi di aggregazione di Cagliari e provincia”. Lo StrEat Porta, questo il nome del più recente progetto pensato dalla Porta 1918, nasce dall’idea di uno dei collaboratori della Porta 1918, Marco Concas, “che oggi è socio in questo progetto”. Un percorso di crescita professionale che soltanto la piccola impresa può offrire, dove i collaboratori non sono numeri o badge da strisciare prima del turno di lavoro ma veri e propri ingranaggi di un motore. “Sono contento e fiducioso per questo progetto, una volta di più riusciamo ad abbracciare l’evoluzione dei tempi. Dal punto di vista commerciale, poi, lo street food rappresenta il perfetto canale di vendita di un’altra delle innovazioni che abbiamo adottato: la pizza alla teglia - continua ancora Riccardo Porta - Alle orecchie di molti italiani questa non suonerà come una novità, ma in Sardegna nessun forno produce e vende pizza in teglia. A quanto sembra, è una novità che i cagliaritani stanno apprezzando”, conclude Riccardo, con il sorriso di chi ne ha pensata e fatta un’altra. L’ennesima idea da mettere in campo per innovare una tradizione che continua ormai da un secolo.

 

Porta 1918
Cagliari
porta1918.it
Confartigianato Sud Sardegna
www.confartigianato-imprese.com/sud-sardegna

 

 


Costantino Sparacio

Sparacio, maestria artigiana al servizio delle arti

 

Costantino Sparacio è un maestro ebanista, restauratore e grande appassionato “di quella fantastica materia viva che è il legno. Ho imparato il mestiere da mio padre, Salvatore, e nel corso della mia vita ho vinto concorsi che ho rifiutato pur di continuare a fare l’artigiano nel mio laboratorio”, continua questo siciliano simpatico e sorridente, che tutti tra le mura del Teatro Massimo di Palermo chiamano "Maestro". “Qui mi conoscono tutti, sono di casa. Ho curato il restauro del loggione e degli ultimi tre ordini di palchi. Nel 1997/98 ho passato più di quattro mesi qui dentro, lavorando giorno e notte per riportare ogni pezzo di legno di questo teatro alla bellezza originaria. È stato un lavoro difficile, per la qualità delle opere e per il cattivo stato di conservazione dopo quasi trent’anni di abbandono”, aggiunge Sparacio. Il risultato è ancora oggi strabiliante, veri e propri capolavori di maestria artigiana, in un teatro che racconta tutta la grandezza artistico-culturale di Palermo.
“Il Teatro Massimo è il più grande teatro lirico italiano e il terzo d’Europa, dopo Parigi e Vienna - racconta con orgoglio Sparacio - Questo è uno dei simboli di Palermo e della sua gloriosa storia. Dopo anni di abbandono, oggi il Massimo porta le proprie produzioni nei teatri di tutto il mondo. Sono queste le risorse su cui deve puntare la nostra Regione - aggiunge Sparacio - Anni fa, Palermo era in completo stato di abbandono, oggi è una città attiva e dinamica, che ha riscoperto le arti, i mestieri artigiani e la qualità della tradizione siciliana”, continua Sparacio. “Questa è la strada su cui continuare, stiamo rischiando di far scomparire decine di mestieri artigiani, di competenze e conoscenze che si tramandano da secoli in questa città”.
 Costantino Sparacio è un artigiano appassionato, legato alla sua Palermo e ai valori che la piccola impresa italiana porta con sé. “L’artigianato è passione e divertimento, tecniche di lavorazione e valori imprenditoriali. Ogni pezzo di vero artigianato è unico e duraturo nel tempo, un prodotto dell’ingegno umano che doniamo alla nostra cultura e alla nostra terra - spiega Sparacio - Secondo me, l’artigianato è la migliore risposta possibile alla crisi economica e di valori degli ultimi anni. È importante salvaguardare la piccola impresa, però, valorizzando il tessuto imprenditoriale artigiano e tutelando il patrimonio artistico-culturale di tante città italiane. Il Teatro Massimo è un esempio emblematico dell’impegno degli artigiani e dei restauratori per la valorizzazione di questo patrimonio”. Una rinascita che deve passare necessariamente per un sostegno totale alla piccola impresa di qualità, “dalla formazione giovanile alla qualificazione degli operatori, passando per controlli seri e meticolosi sugli interventi eseguiti. Formazione e qualificazione professionale sono fondamentali nel mondo del restauro - spiega ancora Sparacio - Troppo spesso vengono affidati lavori a operai improvvisati, che devastano il mercato del lavoro e che, soprattutto, rischiano di danneggiare per sempre un’opera di duecento anni. Questo è un rischio che l’Italia e l’artigianato italiano non possono correre”.
Il Teatro Massimo è un capolavoro architettonico che lascia a bocca aperta, protagonista di numerosi film e capace di diventare ambasciatore di Palermo in tutto il mondo. Decine di turisti si alternano nelle visite guidate per ammirare le opere di artigiani come Costantino Sparacio, che di questo teatro conosce segreti, storie e passaggi di servizio, stretti, nascosti, con scalette ripide che si arrampicano fino al loggione, “dove si nasconde il segreto dell’acustica di ogni teatro. Lo fanno tutti gli artisti - conclude il Maestro Costantino Sparacio - è qui che si capisce la qualità di una struttura”. E il Teatro Massimo, anche in questo, è un vero e proprio capolavoro dell’ingegno architettonico e artigianale.

 

Costantino Sparacio
Palermo
Confartigianato Palermo
www.confartigianatopalermo.it

 

 


Fratelli Gruppi

Fratelli Gruppi, potenza meccanica e cuore artigiano

 

La Fratelli Gruppi di Marano sul Panaro, in provincia di Modena, ha tutto il dinamismo, la qualità e la capacità di innovare e di innovarsi tipiche della piccola impresa italiana. Un’azienda che ha tradizione e cultura d’impresa, l’eccellenza emiliana nella meccanica di precisione e tanta, tantissima innovazione tecnologica. 
La Fratelli Gruppi nasce come officina meccanica nel 1965, grazie al lavoro e all’impegno di Sergio Gruppi, padre di Davide e di Luca, che oggi guidano un’azienda capace di spaziare dalla farmaceutica all’alimentare, dalla nautica all’aerospaziale e che progetta e realizza componentistica di precisione. Negli ultimi anni, inoltre, la Fratelli Gruppi è riuscita ad imporsi a livello mondiale nel settore racing, raggiungendo vette impensabili per una piccola impresa. “Siamo partner della Yamaha Racing nella realizzazione di parti e componenti meccaniche. Siamo orgogliosi di questo risultato, che si raggiunge grazie al duro lavoro, alla qualità delle lavorazioni e alla ricerca continua di sperimentazioni e nuove soluzioni”, ci spiega Davide Gruppi. “Controlliamo l’intera filiera di produzione, dal progetto al collaudo finale dei pezzi. Questo ci permette di offrire ai nostri clienti prodotti di qualità, garantiti sotto tutti i punti di vista”. Gli spazi dell’azienda sono ampi e ben organizzati, i collaboratori della Gruppi sfruttano macchinari avanzati, moderni e performanti. Qui si lavorano acciaio, titanio, materie plastiche e leghe di alluminio, sfruttando le caratteristiche dei materiali e ogni decimo di millimetro. Quando Davide Gruppi parla della sua azienda, l’aria si riempie di orgoglio e soddisfazione. Sentimenti racchiusi in un box vetrato che Gruppi ci invita a visitare. “Questa è la nostra sala metrologica a temperatura controllata, con cui testiamo e collaudiamo ogni singolo pezzo che esce dalla nostra azienda”. Una saletta piena di tecnologia, di strumenti di valutazione e di tabelle periodiche degli elementi. “Siamo artigiani e orgogliosi di esserlo. La nostra è una grande famiglia, vogliamo mantenere questa identità, nonostante la tecnologia che ci circonda. Ci prendiamo cura dei nostri collaboratori, investiamo nella formazione e nell’aggiornamento professionale”, continua a raccontare Gruppi mentre ci offre un caffè nell’angolo bar dell’azienda. “Abbiamo allestito questo spazio per permettere ai nostri dipendenti di staccare e stare insieme. Di lavoro da fare ce n’è tanto, ma siamo convinti che il benessere dei nostri collaboratori sia il valore aggiunto della nostra azienda”. Nonostante un lavoro ad alta specializzazione, e di conseguenza ben retribuito, il welfare applicato in azienda e i traguardi raggiunti dalla Fratelli Gruppi, anche qui si fa fatica a trovare giovani volenterosi da formare e specializzare. “Il problema è duplice, secondo me. Da una parte c’è un limite culturale, legato alla voglia dei giovani di imparare un mestiere attraverso il duro lavoro e la volontà delle famiglie che spingono i figli sempre e comunque verso la formazione accademica. Dall’altra, invece, c’è un problema legato al sistema scolastico e formativo italiano. I ragazzi che escono dagli istituti tecnici hanno una preparazione lontana anni luce dal mercato del lavoro”, aggiunge Davide Gruppi. “Negli ultimi anni l’Italia ha proposto soluzioni capaci di agevolare l’innovazione tecnologica nella piccola impresa e l’avvicinamento dei giovani al mondo del lavoro, ma siamo ancora lontani dalle necessità delle imprese”. 
Parola di un imprenditore che accompagna i colossi mondiali delle due ruote verso traguardi sempre più lontani e performanti.

 

Fratelli Gruppi
Marano sul Panaro (MO)
www.lapam.eu
Confartigianato Modena
www.gruppiengineering.it
v

 

 


Deiana Graniti

Granito Giallo, l’oro della Costa Smeralda

 

“Dal 1958, quando ho cominciato a lavorare nella cava di mio padre, questo mestiere è totalmente cambiato, soprattutto sul fronte della sicurezza sul lavoro. Non avete idea di cosa volesse dire lavorare in quegli anni in una cava”. A parlare è Paolino Deiana, un sardo simpatico e solare, dalla battuta pronta e dal sorriso contagioso, appassionato del suo mestiere come solo un vero Maestro artigiano sa essere.
Da tre generazioni, la famiglia Deiana estrae granito dalla punta di una collina che si affaccia sull’isola della Maddalena e sulla Costa Smeralda. La Deiana Graniti è nata con Giovanni, ha vissuto il boom edilizio della zona con Paolino e poi il secondo passaggio generazionale con i suoi figli, Gianni, Domenico e Marco.
Siamo in provincia di Olbia, su una delle tante vette che caratterizzano questo angolo di Sardegna. La strada che porta alla cava è ripida e dissestata, persa tra il verde intenso della macchia mediterranea. Un percorso che si arrampica tra ulivi e piante di corbezzolo, fino a svelare un panorama mozzafiato, tra l’azzurro del cielo e le mille sfumature di blu del mare sardo. Qui, la Deiana Graniti estrae e lavora un granito tipico di questa zona, il Giallo San Giacomo. Per intenderci, la roccia tipica della Costa Smeralda, quella degli scogli e dei picchi di questa zona. “Curiamo l’intera filiera, dall’estrazione dei blocchi alla realizzazione dei manufatti e di parti per l’edilizia - ci spiega Domenico Deiana - Lavoriamo su commissione, realizziamo pezzi per l’arredamento interno e per l’esterno, come piani per cucine, camini, pavimenti, stipiti e architravi, utilizzando le tecniche della tradizione olbiese: la mezzapunta, la bocciardatura e la lucidatura, queste ultime due fatte con macchinari tecnologici e innovativi - continua Domenico - La produzione è fatta a mano, ad eccezione dell’estrazione dei blocchi di granito e del successivo taglio dei lastroni. Due fasi che non possono proprio essere fatte dall’uomo”. “Ai miei tempi - interviene Paolino Deiana - Nelle cave veniva utilizzato l’esplosivo, ma è una tecnica invasiva per l’ambiente, pericolosa per la salute dei lavoratori e per la qualità del materiale. Oggi, per estrarre il granito viene utilizzato il filo diamantato, che lentamente taglia i lastroni di granito dalla roccia”. I macchinari per il taglio distano poche decine di metri dalla cava, per quella che, a tutti gli effetti, è una produzione a chilometro zero e rispettosa dell’ambiente. “Non utilizziamo additivi o agenti chimici, gli scarti di lavorazione non sono altro che polvere di granito impastata ad acqua - spiega ancora Domenico Deiana - Abbiamo tutte le autorizzazioni per smaltirli direttamente qui in cava”.
La caratteristica principale di questo granito è il colore, un giallo più o meno intenso dato dall’alta presenza di ferro. La struttura granulare, tipica del granito, si presta a diverse lavorazioni. La bellezza sta nell’aspetto naturale, grezzo e poroso che ha definito lo stile architettonico della Costa Smeralda. “Viva l’Aga Khan - riprende con una risata Paolino Deiana - Una persona meravigliosa, che ho avuto l’onore di conoscere. Prima di lui e della nascita della Costa Smeralda, qui c’erano soltanto contadini, pastori e pecore. Non andavamo neanche al mare, figuratevi. Oggi, invece, è una delle località turistiche più incantevoli e apprezzate di tutto il Mediterraneo, forse del mondo”. 
I pezzi della Deiana Graniti hanno arredato questo territorio, da Porto Cervo a Capo Testa. “Il nostro mercato di riferimento è la Gallura e un po’ tutta la Sardegna - spiega il trentenne Marco Deiana che, dopo anni di studio e lavoro a Roma, è tornato nell’azienda di famiglia per allargarne gli orizzonti - Stiamo lavorando per aprire all’export e implementare la tecnologia che utilizziamo, un passaggio fondamentale per aumentare la competitività dell’azienda e dei nostri prodotti sui mercati esteri. Vogliamo continuare ad investire nella sicurezza e nel benessere dei nostri collaboratori. Nonostante l’evoluzione del lavoro, la cava rimane un luogo rischioso se non si adottano tutte le misure di sicurezza”.

 

Deiana Graniti
Olbia
www.deianagraniti.com
Confartigianato Gallura
confartigianatogallura.it