Del Boca Riduzione costi carburante

Confartigianato Trasporti chiede la riduzione dei costi dei carburanti ed in modo particolare del gasolio


Manca la corrente? Risarciti consumatori e aziende

Elettricità, cambiano le regole: in caso di blackout l’azienda fornitrice di corrente elettrica è tenuta a risarcire il cliente. L’ha stabilito l’Autorità per l’energia elettrica e il gas con una delibera che parla chiaro: dal 1° luglio 2009 rimborso automatico dai 30 ai 300 euro per le utenze domestiche e fino a 6.000 euro per le aziende. Questo, ogni volta che l’interruzione supera un certo tempo, denominato ‘standard’. Lo standard non è un valore assoluto, come un minuto o un’ora, ma relativo: cambia, quando si verificano alcune condizioni. Per le interruzioni senza preavviso il tempo standard è definito in base alla dimensione del territorio. In caso di grandi città (quelle con più di 50.000 abitanti) devono passare 8 ore senza luce prima di aver diritto al rimborso. Se si tratta di cittadine (tra i 5.000 e i 50.000 abitanti) le ore salgono a 12 ore, valore che cresce ulteriormente per paesi e aree rurali (meno di 5.000 abitanti): 16 ore. In questa prima fascia nessuna differenza tra famiglie e imprese connesse in bassa tensione, a 220 volt. Ma se l’azienda è alimentata dalla media tensione ecco che lo standard si riduce. I tempi dimezzano: 4, 6 e 8 ore. Se le interruzioni sono state annunciate, dovranno passare 8 ore per aver diritto al risarcimento, senza alcuna differenza tra fasce di utenti. “E’ un primo passo, significativo, ma ci aspettavamo qualcosa in più – afferma Daniela Rader, Delegata della Presidenza confederale al settore Ambiente ed Energia –. I tempi deliberati sono ancora alti, andrebbero dimezzati. Questa era la nostra richiesta. Si rischia di fare una norma di principio molto utile, ma nei fatti poco incisiva. La qualità della rete elettrica italiana varia molto a seconda della geografia, è capillare al nord, meno ‘magliata’ al centro, ancor meno al sud, dove le cabine di trasformazione in bassa tensione sono poche, fatto che rende più lenti e difficoltosi gli interventi di ripristino. Al nord, in Piemonte, Lombardia, Veneto, dove si concentra il 60-70% dell’impresa artigiana e manifatturiera, la rete ha altre caratteristiche, è più strutturata. Questo rende possibile una più rapida risoluzione dei problemi”. La proposta di Confartigianato all’Authority prevedeva – ma sulla questione non è stata detta ancora l’ultima parola, a luglio 2008 l’Autorità sottoporrà, infatti, nuovamente a verifica il progetto – la suddivisione dell’Italia in tre fasce geografiche con tre limiti diversi del tempo ‘standard’. “Tutti molto più bassi. Il valore attuale è quello che avevamo richiesto per il sud. Per il nord Italia doveva essere inferiore del 50%, e del 30% nelle regioni del centro”, ricorda Daniela Rader. E l’entità dei rimborsi? L’Autorità così ha deciso: superato il tempo ‘standard’, alle famiglie trenta euro. E se la corrente tarda a tornare, scattano 15 euro ogni 4 ore, fino a un massimo di 300 euro. Un po’ più articolate le penalità quando ad essere colpite dal blackout sono le aziende. Fino a 100 kW di contratto, 150 euro, più ulteriori 75 euro ogni 4 ore, fino a un massimo di 1.000 euro. Se i Kilowatt superano i 100, il fornitore di energia è tenuto a rimborsare 2 euro ogni kW, più un euro a kW ogni ulteriori 4 ore, fino a un massimo di 3.000 euro. Al vertice dei rimborsi le aziende allacciate in media tensione con potenza superiore a 100 kW. Sono le stesse per le quali il tempo standard è dimezzato: 1,5 euro ogni kW, più 0,75 a kW ogni due ore, fino a un tetto di 6.000 euro. La delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, non lascia nulla al caso e fissa anche le modalità e i tempi dei rimborsi, che saranno automatici, corrisposti come detrazioni nella prima bolletta emessa a 60 giorni dall’interruzione. Con un’eccezione. Se il blackout colpisce più di due milioni di utenti, il termine lievita fino a 210 giorni. Se per qualche disguido la bolletta non recasse traccia del bonus, l’utente può farne richiesta entro sei mesi, e l’azienda ha l’obbligo di versarlo entro 90 giorni, o di motivare il rifiuto. Un bel colpo per famiglie e aziende che finalmente vedono riconosciuto il diritto di veder risarciti i disagi, o i danni, causati dalle interruzioni di corrente. La delibera dell’Authority, non può limitare il numero dei disservizi, ma sicuramente ridurne la durata: più a lungo manca la luce, più l’impresa di distribuzione è tenuta a pagare. Ma questo è vero fino a un certo punto. Per alcuni casi che sfuggono alla norma, come ad esempio fenomeni meteorologici avversi che si protraggono per molto tempo e che portano con sé picchi eccezionali di interruzioni, è stato istituito un fondo di solidarietà: il “Fondo eventi eccezionali”. Il fondo è alimentato in massima parte dagli operatori di vendita e di trasmissione, e in forma di mutuo e generalizzato soccorso ai danneggiati, dalla globalità dei consumatori, che ogni anno verseranno 0.35 euro, se famiglie, 1 euro se piccoli consumatori, 10 euro se imprese. I tempi di attuazione della riforma? Dal 1° luglio 2009, al 1° gennaio 2013 a seconda del numero delle utenze raggiunte dall’azienda di distribuzione. Partono i grandi, quelli oltre le 100.000 utenze, chiudono i piccoli quelli al di sotto delle 5.000 utenze. “Tempi molto prudenti anche nell’applicazione della delibera. Si poteva partire subito. Già dal primo luglio”, conclude Daniela Rader.


Il “bello” della medicina estetica

Un’occasione di incontro e confronto tra medici, operatori ed esponenti accademici della Medicina Estetica. Questo è il proposito del Forum nazionale di Medicina Estetica previsto ad Abano Terme il 15 e 16 settembre. Una serie di incontri e dibattiti, di approfondimenti, di esperienze pratiche ed aggiornamento in un campo medico, quello estetico, che continua a svilupparsi e a rinnovarsi a ritmi sempre più vertiginosi. L’evento, voluto ed organizzato dall’AIME, l’Associazione Italiana Medicina Estetica, sarà articolato in due sessioni, l’una riservata ai medici, l’altra dedicata alle estetiste, professionalità sempre più preparate e qualificate. Due itinerari separati, ma che convergeranno al termine di ogni incontro della due giorni di Abano. Avvicinando così i medici alle problematiche prettamente operative delle estetiste e queste ultime ai fondamenti della medicina estetica. Un’opportunità formativa importante e qualificante, un’occasione per sviluppare un settore già di per sé in continua crescita. Il tutto concentrando l’attenzione sui tre grandi argomenti del Forum: i Filler, le sostanze riempitive nella chirurgia estetica, la Tossina Botulinica e la Pannicolopatia, meglio con uscita con il nome di cellulite.


Studi di settore: grazie alla battaglia di Confartigianato tornano ad essere un po’ più ‘normali’

E’ giunta alla tappa finale la durissima battaglia che Confartigianato conduce da mesi per correggere le modifiche degli studi di settore volute dal Governo. Oggi il Senato ha approvato definitivamente una delle norme (contenute nel decreto legge sull’extragettito) che recepiscono gli impegni assunti dal Vice Ministro delle Finanze Vincenzo Visco con Confartigianato e le altre Confederazioni dell’artigianato e del commercio (Cna, Casartigiani, Confcommercio e Confesercenti). La vicenda degli studi di settore inizia lo scorso anno quando, con la Legge Finanziaria 2007, vengono introdotti nuovi criteri di applicazione degli studi. Tra questi, con un decreto datato 20 marzo 2007, spuntano gli “indicatori di normalità economica” finiti nel mirino di Confartigianato per i seguenti motivi: sono stati elaborati unilateralmente dall’Amministrazione finanziaria, non sono stati sottoposti al vaglio delle Associazioni categoria, non hanno lo stesso livello di approfondimento e dettaglio degli studi di settore (basti pensare che gli indicatori fanno riferimento ai 200 studi e non ai 2000 modelli d’impresa individuati dagli studi), sono retroattivi all’anno d’imposta 2006 e quindi non rispettano lo Statuto del Contribuente. In questo modo, anziché essere un corretto strumento di “indicazione dei ricavi”, gli studi di settore finiscono per trasformarsi in una modalità per la “determinazione automatica dei redditi”. Insomma, come ha denunciato il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini, quasi una sorta di riedizione della minimum tax. Con il risultato di far risultare non congrue il 60% delle imprese e quindi di innalzare la pressione fiscale. Tutto ciò nonostante Confartigianato e le altre 4 Confederazioni abbiano firmato, il 14 dicembre 2006, un Protocollo d’intesa con il Vice Ministro delle Finanze Visco e con il Ministro dello Sviluppo Economico Bersani nel quale si ribadisce “la validità dello strumento studi di settore e del metodo del coinvolgimento degli esperti delle associazioni di categoria sia nella fase di definizione sia in quella delle successive verifiche”. In occasione della firma del Protocollo, il Vice Ministro Visco aveva ribadito anche la volontà del Governo di non modificare la natura degli studi e di non trasformarli in uno strumento automatico di imposizione e di voler riequilibrare il prelievo fiscale “in misura proporzionale alla emersione di base imponibile”. “Gli studi di settore, di cui verrà curata la selettività – si legge nel Protocollo del 14 dicembre - serviranno per la valutazione dell’efficienza economica della gestione delle imprese e come strumento di contrasto all’evasione fiscale, al lavoro nero, alla concorrenza sleale”. In questi mesi, Confartigianato si è battuta in tutte le sedi proprio perché venisse rispettato quanto scritto nero su bianco nel Protocollo. L’impegno della Confederazione ha consentito di ottenere il ripensamento da parte del Governo e di far comprendere al Parlamento le giuste ragioni rappresentate dalle Confederazioni dell’artigianato, del commercio e delle piccole imprese. Ragioni che sono state progressivamente recepite, pur mantenendo ferma l’esigenza di contrastare i fenomeni di evasione fiscale. Il ruolo esercitato dal Parlamento è stato determinante prima al Senato e poi alla Camera. L’attività di lobbying esercitata da Confartigianato con spirito costruttivo ha raggiunto l’obiettivo di depotenziare gli indicatori di normalità e di far tornare gli studi di settore ad essere uno strumento selettivo di equità fiscale, attuando così gli impegni contenuti nel Protocollo d’intesa sottoscritto, il 14 dicembre 2006. Il Parlamento ha lavorato assiduamente per accogliere le istanze di Confartigianato. Il tema della politica fiscale è stato per molti giorni protagonista del dibattito nelle Aule di Montecitorio e di Palazzo Madama. Fino ad arrivare ad iniziative decisive per consentire la ripresa del dialogo e del confronto tra le Organizzazioni delle piccole imprese e il Vice Ministro delle Finanze Vincenzo Visco. E’ il caso delle due mozioni, presentate dalla maggioranza e dall’opposizione ed approvate dal Senato lo scorso 26 giugno, che impegnavano il Governo a recepire le ragioni sollevate da artigiani e commercianti. Analoga attenzione alla Camera con tre interrogazioni al premier Prodi durante il question time del 20 giugno. “Ora – commenta il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini – mi auguro sia possibile rinsaldare con l’Amministrazione finanziaria un clima di reciproca fiducia in materia fiscale, offrendo agli imprenditori quegli elementi di certezza indispensabili per affrontare le sfide dello sviluppo e delle competitività”.


L’ANAP al fianco della ricerca contro l’Alzheimer

Sarà presentata ufficialmente durante la “Festa Nazionale del Socio”, prevista dal 13 al 27 settembre ad Orosei (NU), l’intesa tra ANAP Confartigianato, ANCOS e l’Università La Sapienza di Roma per incentivare la ricerca nel campo delle malattie dell’invecchiamento, ed in particolar modo del Morbo di Alzheimer. Un impegno serio ed importante da parte dell’ANAP e dell’ANCOS nella lotta ad una delle peggiori malattie disabilitanti che colpiscono ed affliggono la terza età. Non un semplice accordo, ma un vero e proprio contributo alla ricerca medica con il finanziamento da parte dell’ANAP e dell’ANCOS di tre Dottorati di Ricerca della durata di tre anni, più tutta una serie di iniziative volte a diffondere sul territorio ANAP, ed ovviamente ai suoi associati, una corretta e massiccia campagna informativa predittiva. L’Alzheimer non può essere curato, ma se diagnosticato allo stato iniziale, o addirittura predetto, se ne può rallentare e controllare il processo disabilitativo, sostenendo il malato sotto l’aspetto sanitario, psicologico ed umano. Se il finanziamento delle tre borse di studio, peraltro già in essere, rappresenta il primo passo della collaborazione tra l’ANAP, l’ANCOS ed il Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento, la diffusione tra i soci ANAP di un questionario predittivo sull’Alzheimer ne rappresenta il secondo e, probabilmente più significativo, passaggio. I documenti raccolti, con i primi 2.000 che saranno consegnati già in occasione della Festa del Socio, verranno poi esaminati dal Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento, che valuterà la sensibilità dei soci compilatori all’insorgere dell’Alzheimer. Nel caso in cui dovesse essere riscontrata una positività poi, l’ANAP, d’accordo con il Dipartimento, indicherà un medico geriatra che possa seguire e valutare il caso specifico. In più, i tre enti, l’ANAP, l’ANCOS ed il Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento dell’Università “La Sapienza”, daranno vita ad una serie di incontri, conferenze ed iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica e non solo sulle problematiche sanitarie e sull’assistenza degli anziani. Anche e soprattutto oggi, considerato l’attuale andamento demografico del Paese. Attività che ANAP Confartigianato svolge ormai da tempo grazie al Progetto Salute, struttura che trarrà un’importante accelerazione da quest’ultimo accordo firmato con La Sapienza, un’occasione davvero unica per sostenere la ricerca e per predire il possibile insorgere di patologie legate all’anzianità.


Buone notizie per gli artigiani: si lavora un anno in più

“Non ci sono le condizioni per sottoscrivere il Protocollo sul welfare”. Questa in estrema sintesi la posizione indicata dal Presidente di Confartigianato Guerrini, che rimanda l’accordo ‘inemendabile’ su lavoro e previdenza, del Ministro Damiano, a ulteriori valutazioni. “L’accordo – prosegue Guerrini – contiene aspetti interessanti sui capitoli riguardanti gli ammortizzatori sociali, la competitività, i giovani. Ma il nostro giudizio è decisamente negativo per le misure riguardanti le previdenza che, oltre a contenere inaccettabili discriminazioni tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti, comporteranno un forte innalzamento della spesa pubblica”. La riforma della previdenza è senza dubbio il tema più avversato dell’intero protocollo, anche perché comporterà nel prossimo decennio una spesa aggiuntiva di dieci miliardi di euro. Risorse che andranno trovate all’interno del sistema previdenziale: al primo posto con la razionalizzazione degli Enti Previdenziali, che da sola dovrebbe portare al risparmio di 3.5 miliardi di euro. Su questo punto il protocollo non sembra particolarmente ottimista. Già prevista una rete di sicurezza, se risparmi e ottimizzazioni non fossero sufficienti a raggiungere l’obiettivo. In tal caso – nel 2011 - scatterebbe una clausola di salvaguardia, praticamente una mannaia, che porterebbe all’aumento dello 0.09% della contribuzione per tutta la galassia del lavoro dipendente ed autonomo. Le stime complessive rendono il quadro ancora più fosco: secondo i calcoli nel prossimo decennio la spesa previdenziale crescerà di circa 29 miliardi di euro. Denaro interamente assorbito dalle pensioni, che non sarà così impiegato per sostenere le politiche attive del lavoro, lo sviluppo e la competitività economica del Paese. Ecco nel dettaglio cosa prevede il Protocollo del welfare in tema di pensioni. Dal 2008 i lavoratori con 58 anni di età (contro i 60 previsti dallo scalone Maroni) e con 35 anni di contributi potranno andare in pensione. Dal luglio 2009 scattano le quote: si potrà andare in pensione se la somma tra età anagrafica e contributi raggiunge quota 95. Ma gli anni di età dovranno essere almeno 59. Nel 2011 sale ancora di un anno l’età minima per lasciare il lavoro: il rapporto arriva e 96. Nel 2013, invece, bisognerà aver compiuto almeno 61 anni e raggiungere quota 97. Il Protocollo prevede anche l’innalzamento delle pensioni ‘basse’. Gli interventi saranno suddivisi in tre filoni. Il primo aggancia l'adeguamento delle pensioni minime al costo della vita; il secondo, di natura assistenziale, riguarda l’innalzamento delle pensioni sociali, degli assegni sociali e delle invalidità civili; il terzo prevede incrementi differenziati in base agli anni di contribuzione. Computati, però, in modo differente tra dipendenti e autonomi. Una delle discrepanze alla base dell’irrigidimento delle posizioni confederali. La spiegazione, secondo il Ministro Damiano è da attribuire alla diversa aliquota di contribuzione delle due tipologie di lavoratori: 33% per i lavoratori dipendenti e 20% (dal 2008) per i lavoratori autonomi. In base agli anni di contribuzione ciascun pensionato sarà collocato in una delle tre categorie, a ciascuna delle quali corrisponde un incremento economico diverso, più contenuto per la prima fascia, in cui rientreranno tutti i lavoratori che hanno i requisiti minimi, più elevato nelle altre due. L’aumento medio è di circa 26 euro per la prima fascia, 32 euro per la seconda, 39 per la terza. La modifica dello scalone lascia aperte diverse questioni, puntualmente segnalate da Confartigianato e condivise da CNA, Casartigiani, Confcommercio, Confesercenti. Una è di carattere tecnico: con il sistema delle quote che partirà nel 2009, l’età di contribuzione aumenterà in modo arbitrario a 36 anni, un elemento che non era mai entrato a far parte della tornata di concertazioni. Una seconda riguarda la differenza di età di pensionamento tra lavoratori autonomi e dipendenti: i secondi lavoreranno sempre un anno in meno dei primi. Con effetti singolari: dal 1° luglio viene in sostanza a cessare le pensione di anzianità per le lavoratrici artigiane, dal momento che il requisito anagrafico fra anzianità e vecchiaia viene a coincidere, e dal 2013 per gli artigiani uomini la differenza fra anzianità e vecchiaia si riduce ad appena due anni. Dagli aumenti di età previsti dagli scalini saranno esclusi solo i lavoratori impegnati nelle attività usuranti. Tra i quali come è noto, non rientrano i lavoratori autonomi, come autotrasportatori o panificatori. Per gli autonomi sarà insediata una Commissione composta da Governo e tutte le parti sociali, che rivedrà la lista delle professioni considerate usuranti, aggiornandola. Ma questo non ora. Più in là, forse in autunno.