Legge Finanziaria Guerrini (Confartigianato): “Primi passi positivi sul fronte fiscale. Timidi gli interventi per ridurre la spesa”

“Nella Legge Finanziaria si intravedono i primi passi di un percorso positivo per alleggerire il carico fiscale e burocratico sulle piccole imprese. Ancora timidi, invece, gli interventi sul fronte della riduzione della spesa”.Leggere di più


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LEGGE FINANZIARIA - Guerrini - Confartigianato: Primi passi positivi sul fronte fiscale. Timidi gli interventi per ridurre la spesa


ENERGIA Confartigianato: “Allarme tariffe: gli aumenti costeranno alle piccole imprese 249 milioni in più all’anno”

Gli aumenti delle tariffe dell’energia elettrica resi noti oggi dall’Autorità per l’Energia costeranno alle piccole imprese 249 milioni di euro in più in un anno.Leggere di più


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ENERGIA - Confartigianato: Allarme tariffe: gli aumenti costeranno alle piccole imprese 249 milioni in più all'anno


Sul 'made in China' l’Europa al giro di boa

Se un’azienda italiana esporta i suoi prodotti in Cina, Giappone, Stati Uniti, è obbligata ad apporre il marchio d’origine. Se invece è un’azienda di quei paesi ad esportare in Europa, allora il marchio non serve. Questa in estrema sintesi il cuore del problema alla base del pressing del ministro italiano del Commercio Internazionale e delle Politiche europee Emma Bonino, per accelerare i tempi di approvazione del regolamento comunitario sul marchio d’origine obbligatorio per i prodotti importati in Europa, il cosiddetto “Made-in”, da tempo bloccato sul tavolo del Consiglio dei ministri dei ventisette. Che l’iter di approvazione del regolamento sia fermo da troppo tempo, e che l’azione italiana stia ottenendo ottimi risultati, lo conferma l’Assemblea di Strasburgo che ha sollecitato il Consiglio dell’Unione Europea ad “adottare senza indugio” la proposta di regolamento nell’ambito di una risoluzione sulla sicurezza dei prodotti commercializzati in Europa. “E’ da tempo che siamo impegnati perché l’Europa adotti il nuovo regolamento sul marchio di origine, ovvero l’obbligo di indicazione del paese di produzione per i prodotti importati che appartengono a sette settori merceologici: tessile e abbigliamento, gioielleria, oggetti di ceramica e vetro, scarpe, cuoio, articoli di cuoio e pellicce, mobili e spazzole. Il marchio è uno strumento importante per i consumatori, li aiuta a orientarsi tra i prodotti, a scegliere consapevolmente. Non è assolutamente uno strumento per ‘proteggere’ il mercato dell’Unione Europea, rendendolo impermeabile alle importazioni”. Stefano Acerbi, presidente di Confartigianato Federazione Moda, non nasconde una certa soddisfazione. Il lavoro è stato tanto, e il monito del Parlamento europeo al Consiglio, rimette nuovamente in moto una macchina che rischiava di spegnersi, soprattutto per l’opposizione di diversi paesi dell’Unione, che non condividono gli obiettivi della normativa, con il risultato di un Europa divisa in due sull’adozione dell’etichetta obbligatoria. Palesemente contrari gli stati del nord Europa (Irlanda, Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Danimarca, Germania, Lettonia, Estonia, Svezia, Finlandia, nonché Repubblica Ceca, Austria e Slovenia), uno schieramento che rilette l’orientamento dominante nel settore europeo della distribuzione, che teme che i costi di marchiatura alzino i prezzi di vendita dei prodotti extra europei, e di quella parte dell’industria che ricorre alla delocalizzazione della produzione in paesi terzi. Assolutamente favorevoli tutti gli stati del blocco del Mediterraneo ad eccezione di Malta (Italia, Portogallo, Spagna, Francia, Grecia e Cipro). A questi si aggiungono Ungheria, Polonia, Slovacchia e Lituania, mentre Bulgaria, Romania e Malta non hanno ancora fatto sapere la loro posizione. Dal dicembre del 2005, quando la Commissione Europea ha adottato il regolamento, fino a oggi, il fronte del no ha avuto la meglio e non ha consentito la formazione della maggioranza qualificata per sottoporre il “Made-in” all’esame del Consiglio Europeo. Ma adesso le cose sembrano andare in modo diverso. All’Europarlamento è in corso, infatti, una raccolta di firme trasversale a partiti e schieramenti, per una “dichiarazione” scritta che, se firmata dalla metà più uno degli eurodeputati (393), ha lo stesso valore di una risoluzione approvata dal plenum dell’Assemblea di Strasburgo. Il tempo stringe, perché il 13 dicembre scade il termine per sottoscrivere la dichiarazione. All’ultima rilevazione comunicata ne erano state raccolte 176, tra queste la firma del Presidente dell’Assemblea Hans-Gert Poettering.


Ticket Restaurant, una convenzione da leccarsi i baffi

Confartigianato strizza una volta di più l’occhio alle esigenze delle proprie imprese associate, stringendo una nuova convenzione con Accor Services Italia grazie alla quale ogni impresa potrà acquistare i buoni pasto Ticket Restaurant a condizioni privilegiate. Per l’impresa e per i dipendenti. Con Ticket Restaurant, la prima società del settore grazie alle 53.000 aziende associate e agli oltre 104.000 locali affiliati (fonte: www.ticketrestaurant.it), le imprese della Confederazione potranno approfittare di un menu ricco di vantaggi per la pausa pranzo dei propri lavoratori, dipendenti anche part – time e collaboratori a progetto. Si parte con un antipasto del 4% di sconto sul prezzo del buono pasto, si continua con un primo sfizioso, l’azzeramento delle commissioni di acquisto, per poi passare al secondo, l'annullamento delle spese di spedizione dei buoni pasto. Per dessert la casa offre, nel vero senso della parola, un buono vacanza Welcome Travel, grazie al quale si potranno beneficiare di una serie di sconti in diverse località turistiche. Il tutto ad un’unica condizione, un ordine minimo annuo di 700.000 euro. Il risparmio poi è garantito. Per l’aziende, che con i buoni pasto Ticket Restaurant possono arrivare a risparmiare l’80% rispetto all’indennità in busta paga, con l’esenzione totale degli oneri fiscali e previdenziali, e per i dipendenti, che con i buoni aumenterebbero del 40% il proprio potere d’acquisto.