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EDILIZIA - Consulta delle Costruzioni: No a nuova burocrazia per le imprese edili


“La burocrazia non rende più sicuri i cantieri”

Rischia di allungarsi la lista di documenti che ogni azienda edile deve tenere in cantiere. Un elenco che già oggi si compone di circa 116 atti tra normative sulla sicurezza, sugli appalti e sul lavoro, che con il nuovo anno potrebbe diventare ancora più corposo, per l’entrata in vigore del decreto attuativo dell’articolo 35 della legge 248/2006, sulla responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore in merito alla regolarità dei versamenti fiscali e contributivi dei dipendenti. La preoccupazione che le nuove regole previste dal Decreto Bersani possano comportare nuovi adempimenti burocratici per le imprese edili è stata espressa da ANAEPA Confartigianato in una nota congiunta con le associazioni della Consulta Nazionale Artigianato e Piccola e Media Industria Edile. “Secondo le anticipazioni – affermano i presidenti delle Associazioni della Consulta – il decreto relativo alla responsabilità solidale tra appaltatore e sub appaltatore sarebbe in corso di emanazione e prevede l’asseverazione da parte dei professionisti sull’effettuazione delle ritenute fiscali e la comunicazione preventiva di dati anagrafici e codici fiscali dei lavoratori impegnati in cantiere”. “Ricordiamo che per quanto riguarda la regolarità contributiva esiste già l’obbligo del DURC – continuano i rappresentanti della Consulta – e che al tavolo di confronto sulla sicurezza nel settore edile convocato dal Ministro del Lavoro le Associazioni degli artigiani e delle PMI hanno chiesto che quanto previsto in materia di responsabilità in solido tra appaltatore e subappaltatore non si traduca nella richiesta di nuovi certificati ed adempimenti per le imprese e che si faccia ricorso all’autocertificazione. Quello che si apprende sul contenuto del decreto non sembra corrispondere a questa esigenza”. La nuova legge prevede che l’appaltatore garantisca (acquisendo la relativa documentazione prima del pagamento del corrispettivo) il corretto versamento da parte del subappaltatore delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e dei contributi previdenziali e assicurativi obbligatori per i lavoratori impiegati nell’esecuzione dell’appalto. Se il subappaltatore non presenta detta documentazione, il subappaltatore potrà sospendere i pagamenti. A sua volta l’appaltatore, per essere pagato, dovrà presentare al committente le stesse attestazioni. Nel decreto attuativo sottoposto al Consiglio di Stato, accanto a questi adempimenti già noti ne compaiono di nuovi, e sono proprio questi che, secondo Anaepa Confartigianato, potrebbero rendere quasi impossibile la vita delle imprese edili e che giustificano la richiesta della Consulta di un’audizione presso il Ministero del Lavoro, prima dell’emanazione della normativa. Il primo obbligo impone al subappaltatore di comunicare all’appaltatore il codice fiscale dei lavoratori impegnati in un cantiere, in modo che quest’ultimo possa verificare su quali lavoratori sia applicabile la responsabilità solidale. Secondo l’Anaepa si tratta di un chiaro limite per tutte le aziende che ottimizzano il personale facendolo ruotare nei cantieri aperti, a seconda delle esigenze. La seconda incombenza riguarda la modalità di versamento degli oneri relativi ai lavoratori impiegati nell’appalto in cui vige il principio di solidarietà. Per ogni appalto in cui è impiegato il lavoratore, il subappaltatore dovrà effettuare i versamenti delle ritenute fiscali, previdenziali e assicurative utilizzando distinti modelli F24. Il meccanismo si complica ulteriormente se il lavoratore viene impiegato in modo saltuario in più cantieri nello stesso mese. In questo caso il subappaltatore dovrà calcolare le percentuali di lavoro effettuato in ogni singolo cantiere e ripartire gli oneri nei modelli F24 relativi ad ogni appalto. Se la formulazione del Decreto Bersani fino a oggi nota, poteva aiutare l’emersione del lavoro nero in molti settori, compresa l’edilizia, con le nuove regole introdotte dal decreto attuativo si rischia l’effetto opposto, ossia quello di scoraggiare le imprese regolari paralizzandone l’attività con adempimenti costosi e di difficile applicazione, senza per questo innalzare il livello di sicurezza dei lavoratori. Un pericolo rimarcato da Anaepa Confartigianato nella dichiarazione congiunta con le associazioni della Consulta Nazionale Artigianato e Piccola e Media Industria Edile, dove si legge: “In una situazione di crescente difficoltà per l’edilizia, dovuta anche alla forte contrazione dei lavori pubblici ordinari, è necessaria una efficace politica di sviluppo per il settore, ma risorse ed incentivi non servono a nulla se le imprese artigiane e le piccole imprese sono messe nell’impossibilita di lavorare”.


Cinema ed artigianato, un binomio sempre più stretto

Dietro all’industria del cinema si nasconde un grande patrimonio di professionalità artigiane che contribuisce in maniera determinante alla migliore riuscita di un film, di uno spettacolo teatrale o di una produzione televisiva. Dagli autori ai sarti dei costumi, dalle scenografie ai tecnici del suono e della luce. Il mondo del cinema e dell’audiovisivo non può fare a meno delle capacità di questi 95.000 lavoratori artigiani. Confartigianato si era già mossa per ascoltare le esigenze di questo mondo, ma ora ha compiuto un ulteriore passo, creando un momento di confronto dedicato a questo settore che avrà il compito di rappresentare l’intero comparto dell’audiovisivo, a livello nazionale e territoriale. Infatti, così come avviene per molti settori produttivi che risentono della concorrenza internazionale, anche per il nostro cinema si deve puntare sui fattori che lo distinguono rispetto alle grandi produzioni di serie. In primo luogo le tante maestranze artigiane del settore che stanno vivendo una profonda crisi, non fosse altro perché sempre più spesso il cinema italiano investe all’estero. La Finanziaria 2008 contiene una serie di proposte in tal senso, tra cui una normativa che vorrebbe riservare agevolazioni fiscali a quelle imprese che investano almeno il 12% della spesa totale in Italia, una quota che però la Confederazione vorrebbe fosse alzata a garanzia del futuro di chi lavora nelle grandi produzioni cinematografiche italiane. Proprio all’avvenire guarda Amedeo Fago, coordinatore di questo gruppo sull’audiovisivo. “Il cinema italiano potrà avere futuro se punterà sulle caratteristiche di artigianalità che da sempre lo contraddistinguono e che lo hanno reso famoso nel mondo. Occorre offrire ai tanti giovani che vogliono fare cinema – ha aggiunto Fago - l’opportunità di formarsi, di mettersi in proprio e di esprimere così l’indipendenza creativa indispensabile per realizzare film di qualità”. Una volta di più si torna ad associare l’artigianato con la qualità. A confermarcelo, in occasione di un incontro avvenuto lo scorso 18 ottobre presso la sede di Confartigianato, anche Gabriella Lo Faro, titolare della sartoria per il cinema e lo spettacolo “Costumarte”, che ha contribuito alla realizzazione di “Amedeus”, film vincitore nel 1985 del Premio Oscar per i costumi. “Il costume è fondamentale per la buona riuscita di un film. Soltanto chi ha competenza e capacità manuali può rendere un costume vero, come se fosse uscito da un baule del settecento o dell’ottocento. Le botteghe dei sarti, dei ricamatori e di tutto l’indotto artigiano del settore – continua la Lo Faro - rappresentano un patrimonio importante che andrà perduto se non si darà la possibilità ai giovani delle accademie di apprendere quanto si fa al loro interno”. Le tecniche dell’artigianato nel mondo del cinema e dell’audiovisivo però non si limitano alla filiera della produzione, ma accompagnano la realizzazione di un film fin dentro le case e nelle sale di proiezione. In primo luogo ci sono gli autori, ma anche gli sceneggiatori, le produzioni e la distribuzione, con la tecnologia che ha aperto numerose opportunità. Con le tecnologie digitali infatti, oltre ad una netta diminuzione dei costi, le imprese di produzione e distribuzione sono cresciute di un terzo nel quinquennio 2000/2005, dalle 4.900 alle 6.800 unità, aumentando al tempo stesso i ricavi e l’occupazione del settore. Una crescita spinta dal dinamismo imprenditoriale del comparto del cinema e dell’audiovisivo, che ha trovato nelle tecnologie digitali e nelle possibilità offerte dalla trasmissione satellitare e della rete internet un ottimo campo di diffusione.


Le pmi modello di sviluppo per i Paesi del Sud America

Dopo la “Terza Conferenza nazionale Italia-America Latina e Caraibi” che si è tenuta a Roma presso il Ministero degli Esteri, alla presenza della presidentessa del Cile Michelle Bachelet, un vicepresidente della Repubblica, undici Ministri e tre viceministri degli Esteri - tanto per fare qualche numero - i legami tra il nostro Paese e quelli del sub continente americano non sono stati mai così stretti. Legami che vanno oltre la constatazione di sentimenti di vicinanza e di quel particolare ‘sentire comune’ che sembra unire i popoli latini, forse più con le parole che nei fatti. Il messaggio che, dalla Conferenza, il Governo ha voluto lanciare si può riassumere in una frase del sottosegretario agli Esteri Donato Di Santo: l’Italia torna al suo posto, un grande Paese europeo che ha radici storiche in tutta l’America Latina. A lanciarsi nella sfida è l’intero Paese, non solo l’Esecutivo. La sfida, sott’intesa dall’Onorevole Di Donato, è quella di ricostruire un nuovo rapporto con i Paesi dell’area, improntato su parametri diversi rispetto a quelli utilizzati fino a oggi, che si regge sulla sostituzione della parola ‘solidarietà’, retaggio di un passato buio ormai dietro alle spalle, con quella più moderna di ‘collaborazione’. Un passaggio importante che mette nella giusta luce, e allo stesso tempo riconosce, sia la crescita economica e sociale di quei Paesi, sia la fitta rete di relazioni diplomatiche e commerciali che hanno contribuito al raggiungimento dell’obiettivo.Un flusso continuo di esperienze, uomini, capitali e merci che ha alimentato e che continua ad alimentare entrambe le parti. Che oggi potrebbe essere ottimizzato ‘esportando’ il modello di sviluppo di maggior successo che l'Italia ha saputo realizzare, quello delle piccole e medie imprese, dei distretti, dei movimenti cooperativi. Un’ottimizzazione confermata dal Ministro per il Commercio Internazionale Emma Bonino che, nel corso della due giorni della Farnesina, ha proposto tre strade per dare ancora maggior slancio ai rapporti commerciali tra Italia e America Latina, in un momento in cui sono “in netta ripresa” con un “trend già più che positivo”: puntare sulle piccole e medie imprese - definite dal Ministro Bonino “un’eccellenza dell’Italia”-, sull’internazionalizzazione delle cooperative, e soprattutto sull’imprenditoria femminile. Una linea su cui si è detto d’accordo il segretario generale di Confartigianato, Cesare Fumagalli, unico rappresentante delle Organizzazioni imprenditoriali italiane ad intervenire alla Conferenza, che nel suo intervento ha indicato le modalità per sviluppare il modello della piccola impresa italiana in Sud America. “Le grandi potenzialità di cooperazione tra il nostro Paese e quelli dell'America Latina nell'ambito dello sviluppo economico basato sulla piccola e media impresa – ha spiegato Fumagalli - possono rafforzarsi da un lato offrendo collaborazione agli imprenditori sudamericani in materia di facilitazione all'accesso al credito, e dall'altro incentivando la costituzione di piccole e medie imprese da parte degli immigrati provenienti da quell'area e residenti nel nostro Paese”. “Senza un adeguato accesso al credito - prosegue Fumagalli - è difficile fare impresa. Dobbiamo usare gli strumenti del credito facendo leva sulla solidarietà tra imprenditori: non si tratta, però, di immaginare interventi di tipo umanitario bensì di ottenere credito finalizzato all'impresa e allo sviluppo caratterizzati da criteri di professionalità bancaria. In questo campo Confartigianato ha una lunga esperienza che è pronta ad offrire ai Paesi latinoamericani”. L'altro aspetto riguarda “il ruolo degli stranieri nel mercato italiano”. Ha affermato Fumagalli: “Al primo gennaio di quest'anno si contano in Italia 260 mila migranti sudamericani con una crescita del 53% negli ultimi tre anni, mentre 20 mila sono le imprese costituite da questi, in particolare nei settori dei piccoli trasporti, della edilizia e dei servizi”. “Questo fenomeno - ha concluso il segretario di Confartigianato - va facilitato e accompagnato perché rappresenta il punto di arrivo dell'integrazione economica e sociale e si caratterizza come scelta di legalità e accettazione del modello di vita del Paese di arrivo”.


Sistema creditizio e piccole imprese, un rapporto che va consolidato

Lo scorso 18 ottobre, presso la sede dell’Università Cattolica di Milano, è stata presentata la ricerca “Relazione tra banche e piccole imprese”, realizzata dalla stessa Università in collaborazione con il Crif. Alla presentazione hanno partecipato Matteo Morandi, responsabile del settore credito di Confartigianato Imprese, il prof. De Angeli dell’Università Cattolica ed i rappresentanti di Confindustria, del Crif, dell’ABI e di Unicredit. Il risultato della ricerca non lascia dubbi: più della metà delle piccole imprese intervistate, esattamente il 52,09%, vorrebbe maggiori informazioni da parte delle banche sulla recente normativa indicata da Basilea II, il nuovo accordo internazionale sui requisiti patrimoniali delle banche. Soprattutto per quanto riguarda il concetto di rating. Infatti, secondo quanto emerge dalla ricerca, il 50% delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese non ha ricevuto alcuna spiegazione sul rating, la valutazione sul rischio di credito determinato da fattori quantitativi, come il bilancio aziendale, fattori qualitativi, i prodotti e la concorrenza del mercato, e fattori comportamentali, come ad esempio il comportamento dell’imprenditore nei confronti del credito bancario. Di conseguenza, migliore sarà il rating e minore sarà la probabilità di insolvenza, con la banca che potrà quindi elargire un credito a condizioni più favorevoli. In definitiva, si può definire l’internal rating come un indice matematico-statistico che esprime la capacità dell’azienda di far fronte ai propri impegni nei tempi e nelle modalità stipulate con la banca. Diametralmente opposto è invece il giudizio delle piccole e medie imprese italiane sui risvolti dell’adozione di Basilea II. Infatti, se un’ampia porzione degli intervistati ritiene che cambierà poco o niente con la nuova normativa, un’altra fascia, soprattutto tra le imprese informate a tal riguardo, ritiene che qualcosa cambierà, e molto. Da qui l’esigenza manifestata da più imprese di cambiare i propri comportamenti nei confronti del sistema creditizio, distinguendosi in due categorie, “virtuose” e “adattive”. Se le prime tendono a riordinare se stesse (attraverso la capitalizzazione dell’impresa, la ristrutturazione del debito e la riorganizzazione dei sistemi produttivi, stringendo al tempo stesso rapporti con pochi e selezionati intermediari bancari), le seconde puntano a sfruttare al meglio la concorrenza del mercato bancario. Ma un dubbio emerge dalle PMI italiane, soprattutto per quanto riguarda il comportamento futuro del sistema creditizio nei loro confronti. Infatti, in molti ritengono che le banche, accogliendo le indicazioni di Basilea II, sarebbero indotte a ridurre il credito loro destinato, aumentandone al tempo stesso i tassi d’interesse. Soprattutto nei periodi di rallentamento economico generale o di un determinato settore imprenditoriale. Nonostante tale preoccupazione, le imprese intervistate hanno comunque apprezzato molti dei fattori scelti per la valutazione di rischio. Fra tutti, emergono dall’indagine il patrimonio d’impresa, la situazione economico-finanziaria ed il fatturato. Nel suo intervento, Matteo Morandi, responsabile del settore credito di Confartigianato, ha sottolineato, anche alla luce di quanto emerso dalla ricerca, come “la natura dialettica dei rapporti fra banche ed imprese, nonostante siano due sfere con interessi oggettivamente differenziati, non escludono comunque margini di miglioramento nei rispettivi ambiti”. Imprese artigiane e sistema creditizio hanno già incontrato due esempi di ottimo rapporto collaborativo. A riguardo Morandi ha aggiunto che “in tal senso possiamo portare ad esempio l’esperienza delle banche del territorio con natura giuridica di cooperative di Credito, come le banche popolari e le BCC, che negli ultimi tre decenni hanno svolto una funzione di oggettiva partnership con l’artigianato e la microimpresa. Oppure il primato rappresentato, in termini numerici e per volume di garanzie prestate, dai Confidi artigiani rispetto alle medesime strutture degli altri settori economici, come l’industria, il commercio e l’agricoltura. Attualmente, infatti, i Confidi di origine artigiana hanno in essere garanzie bancarie per oltre 8.500 milioni di euro a livello nazionale”, ha aggiunto Morandi. Che ha sottolineato come “le autorità competenti dovranno saper valorizzare la capacità dei Confidi nel favorire l’accesso al credito bancario di qualità da parte delle imprese artigiane e delle piccole imprese”. “Confartigianato – ha poi concluso Morandi – continua il suo impegno nel rivendicare la crescente importanza dell’imprenditoria artigiana quale grande utilizzatrice dei servizi bancari con comportamenti eticamente corretti”.


Willy Della Valle (Confartigianato Auto-Bus Operator): “No a tassa di scopo sul turismo”

“Non è accettabile che il ripianamento dei bilanci negativi dei Comuni sia fatto a spese della categoria dei bus operator”, ha dichiarato Willy Della Valle, Presidente di Leggere di più