La risposta dell’artigianato ai problemi del lavoro: crescita, stabilità e formazione
361.000 nuovi posti del lavoro nel 2006, con più del 90% del mercato del lavoro regolato da contratti a tempo indeterminato. Questa è la risposta del mondo dell’artigianato e delle piccole imprese ai problemi del mercato del lavoro. Il settore artigiano, secondo un rapporto di Confartigianato su dati Osservatorio Occupazione, Istat e Ministero del Lavoro, gode di ottima salute, dimostrando che si può fare impresa puntando al tempo stesso su tradizione ed innovazione, dando certezza e formazione ai propri dipendenti. Un altro importante risultato viene infatti dai dati sull’apprendistato e sugli investimenti nella formazione. Le piccole imprese, sempre nel 2006, hanno investito 239 milioni di ore lavorative e ben 3,8 miliardi di euro sulla formazione dei nuovi assunti. Un investimento importante, fondamentale per garantire il passaggio da lavoratore a lavoratore delle competenze e delle capacità manuali. In Italia, sempre secondo il rapporto, sono le piccole imprese artigiane della Lombardia, della Campania e dell’Emilia Romagna ad investire maggiormente sulla formazione direttamente sul posto del lavoro, grazie al supporto offerto dallo stesso imprenditore o comunque da un lavoratore più esperto. L'investimento dell’artigianato, 1.674 miliardi di euro all’anno, risulta essere il doppio rispetto a quello delle grandi imprese. Così, le piccole imprese fino a 19 addetti sono riuscite a creare 361.000 nuovi posti di lavoro, a fronte dei 114.000 posti persi dalla grande industria e alla riduzione di 17.000 unità della media industria, riuscendo a ridurre anche il numero dei contratti a termine, dal 12,2% del totale dell’economia al 7,7% del proprio settore produttivo. Inevitabile quindi che venga richiamata l’attenzione su questi dati, numeri certi e d’esempio per una buona gestione imprenditoriale. E’ Giorgio Guerrini, Presidente di Confartigianato, a sottolineare come “gli interventi e i dibattiti in materia di lavoro non possono ignorare questi nostri ‘numeri’. Bisogna partire da un approccio pragmatico alla realtà – ha continuato il numero uno della Confederazione - per individuare misure in grado di valorizzare le potenzialità occupazionali dell’artigianato e delle piccole imprese e restituire competitività al nostro sistema produttivo”.
CONTRATTI Fumagalli (Confartigianato) su relazione Bonanni: “Contro emergenza bassi salari attuare subito federalismo contrattuale”
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CONTRATTI - Fumagalli - Confartigianato su relazione Bonanni: Contro emergenza bassi salari attuare subito federalismo contrattuale
Le tasse che bruciano l’energia
Allarme rosso per il prezzo del petrolio che nelle prossime settimane potrebbe toccare, e addirittura superare, i 100 dollari al barile. “Solo dopo ripiegherà” spiegano gli analisti. Secondo il Presidente dell’Unione Petrolifera, Pasquale De Vita, la colpa del rialzo record che nel giro di 10 mesi ha spinto il greggio dai 56 euro dello scorso gennaio agli attuali 96, con un aumento di quasi il 75%, è da attribuire a una bolla di speculazione che, come ha ricordato, arriverebbe a pesare “fino a 20-25 dollari sul costo del barile”. Di parere simile l’economista Alberto Clo’, che in un’intervista conferma che i motivi del boom del prezzo dell’oro nero sono “di carattere finanziario”, aggiungendo che “la domanda di prodotto cresce, ma l’offerta anche in queste settimane è stata assolutamente adeguata”. L’economista ricorda poi che “i prezzi sono allineati sostanzialmente a quelli di un anno fa, anche se superiori a quelli di inizio anno”. Conclude dando una notizia, cattiva e quasi scontata: le bollette sono destinate ad aumentare. “Dopo l’aumento molto consistente dell’1 ottobre temo che anche dall’1 gennaio, se ci saranno questi prezzi, ci sarà un altro aumento delle bollette sia dell’elettricità che del gas. A essere penalizzate saranno soprattutto le imprese, che già oggi soffrono di un maggior costo dell’elettricità del 40-50% rispetto ai competitori esteri”. Carburanti e bollette sono destinati quindi a prendere il volo, continuando ad infiammare l’inflazione che, secondo le stime provvisorie dell’Istat, a ottobre è salita da 1,7% di settembre a 2,1%: il balzo in avanti più alto degli ultimi 12 anni. Mentre si moltiplicano le richieste di intervento per frenare i rialzi che rischiano di mettere in crisi tutti i settori produttivi e particolarmente quelli più esposti al caro-combustibile come l’autotrasporto, l’Ufficio Studi di Confartigianato ha pubblicato un rapporto dal titolo “Un pieno di tasse”, che mette in luce uno degli elementi che contribuisce maggiormente a spedire alle stelle il costo già caro dell’energia e dei carburanti italiani: la fiscalità. Come non bastassero le bolle speculative che spingono l’oro nero ai livelli dei grandi shock petroliferi degli anni ’80, in Italia la tassazione sull’energia – il 30% più alta rispetto alla media dell’Unione Europea a 25 – spinge ancora più in alto i costi che i consumatori devono affrontare quando accendono la luce di casa, mettono in moto l'automobile e gli impianti produttivi delle aziende. Nel solo 2006 le accise sull’energia elettrica, gas e combustibili hanno pesato per 31.260 milioni di euro, il 2,1% del prodotto interno lordo. In testa le tasse sugli oli minerali (76,6%), seguite da quelle sul metano (14,6%) e sull’energia elettrica (8,7%). Un trend in continua ascesa: tra il 2002 e il 2006 le entrate fiscali sull’energia sono salite dell’8,7% e in particolare è aumentata l’imposta sul gas metano che è cresciuta del 42,1%, seguita dal gettito dell’imposta erariale sull’energia elettrica che sale del 16,6%, dalle addizionali sull’energia elettrica che crescono del 8,3%. Confartigianato ha stimato che ogni secondo affluiscono alle casse dello Stato quasi mille euro (per la precisione 997) grazie alle accise. Una cifra enorme, che pone l’Italia al secondo posto della classifica dei paesi europei con maggiori imposte sull’energia, sorpassata solo dalla Danimarca. Le ricadute pratiche di un simile regime sono piuttosto evidenti quando lo studio analizza la percentuale di imposte che insiste sui singoli prodotti energetici. Per ogni litro di gasolio più della metà del costo è rappresentato da imposte: a fronte di un prezzo lordo (tasse comprese) di 1,203 Euro/litro, si pagano 0,623 euro di accise, il 22% in più della media europea. Restando sempre al gasolio, quello da riscaldamento fa segnare il record dei tributi: ogni 1.000 litri di combustibile grava un’imposta di 593,75 euro. In pratica il 51,9% del prezzo finale di vendita è costituito da tasse. Nessuno riesce a far peggio in Europa, dove il peso del fisco in media è pari al 31,8%. Non va meglio sul fronte del gas. Anche qui la tassazione italiana è seconda solo a quella della Danimarca, esattamente il doppio della media dell’Europa a 27. Oltre un terzo del prezzo finale, esattamente il 35,7%, è determinato da tasse, contro il 21,9% del resto della UE. Una maggiore tassazione che contribuisce in maniera significativa a rimpinguare le casse delle Amministrazioni pubbliche italiane che, considerando i soli consumi di gas inferiori a 5.000 metri cubi sul mercato tutelato, ricevono un extragettito di 2.088 milioni di euro, rispetto a quello che otterrebbero applicando l’imposizione media europea.
Riguarda oltre 20.000 lavoratori Firmato il nuovo contratto nazionale di lavoro per i dipendenti delle imprese artigiane e delle piccole imprese del settore lapidei-escavatori Disciplinato il nuovo modello di apprendistato professionalizzante
Le Organizzazioni di categoria dell’artigianato (Confartigianato Marmisti, Cna Costruzioni, Casartigiani e Claai) ed i Sindacati di categoria (Fillea Cgil, Filca Cisl, Leggere di più
CONTRATTI - Marmisti, siglato il nuovo contratto collettivo nazionale
Nella serata del 30 ottobre, le Organizzazioni dell'artigianato ed i Sindacati di categoria hanno firmato il nuovo contratto collettivo del settore lapidei - escavatori. L'accordo, che riguarda un segmento produttivo che conta oltre 20.000 lavoratori dipendenti e che copre il periodo 1 gennaio 2005 - 31 dicembre 2008, presenta due aspetti particolarmente interessanti, dal punto di vista economico e da quello dell’apprendistato. Per quanto riguarda l’aspetto retributivo, gli incrementi salariali, pari a 107 euro mensili per il livello dell’operaio qualificato, saranno erogati in due tranches di pari importo, il primo dal 1° novembre 2007 ed il secondo dal 1° maggio 2008. Inoltre, i lavoratori riceveranno una somma “una tantum” di 400 euro. Il nuovo contratto nazionale disciplina anche l’apprendistato professionalizzante, con l’aumento crescente del salario in base all’anzianità di servizio. Michele Bedin, presidente di Confartigianato Marmisti, ha espresso la soddisfazione propria e del settore per la firma dell’intesa sindacale, sottolineando “la grande importanza per il comparto del marmo del nuovo modello di apprendistato professionalizzante, istituto qualificante e peculiare dell’artigianato, sia per la durata della formazione sia per le nuove prestazioni garantite all’apprendista”. L’intesa sul contratto dei marmisti ottiene il commento positivo anche di GiovanMaria Rizzi, VicePresidente di Confartigianato con Delega alle Relazioni Sindacali. “Questo accordo rappresenta un ulteriore passo in avanti nel percorso di attuazione della riforma del sistema contrattuale nell’artigianato firmato il 14 febbraio 2006 dalle Confederazioni artigiane e da Cgil, Cisl e Uil”.