burocrazia

COSTI BUROCRAZIA - Senza il peso della burocrazia per le micro imprese + 5,8% di produttività


Pensioni: sciolto il doppio nodo sulle “finestre” di vecchiaia

E’ ormai ufficiale: non corrono nessun rischio di rimanere senza stipendio né pensione per un periodo fino a 6 mesi i lavoratori che al 31 dicembre 2007 avevano in corso il periodo di preavviso finalizzato alla cessazione del rapporto di lavoro. Per loro niente “finestre” di vecchiaia e in più la garanzia di restare al lavoro fino alla data di effettiva apertura della finestra di accesso al pensionamento. La conferma arriva dall’Inps che con la circolare n.5 del 15 gennaio 2008 chiarisce due aspetti critici della legge 247/07 sul welfare, emersi già a pochi giorni dall’approvazione del testo. L’Inps, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, corre ai ripari e corregge con l’informativa i problemi che l’introduzione delle finestre per le pensioni di vecchiaia rischiavano di produrre ai lavoratori. Problemi evidenziati da INAPA Confartigianato che a più riprese aveva segnalato la delicata situazione dei soggetti che, maturando l’età pensionabile nei primi mesi dell’anno, potevano trovarsi in fase preavviso all’entrata in vigore della legge 247, approvata lo scorso 24 dicembre. Questi lavoratori si trovavano di fatto in un pericoloso vuoto e, in assenza di nuovi provvedimenti, rischiavano di rimanere per diversi mesi senza stipendio e senza pensione, visto che la norma non ha previsto per loro alcuna iniziativa specifica o deroga. Fino a tutto il 2007, infatti, la decorrenza della pensione di vecchiaia era fissata a partire dal mese successivo alla maturazione dei requisiti. Con le nuove regole, invece, bisogna attendere una decorrenza fissa che, nel caso dei lavoratori dipendenti, è stabilita in tre mesi dopo il trimestre in cui sono raggiunti i due parametri di età e contribuzione. L’Inps, con la circolare 5/08, riempie il vuoto legislativo ed esclude dall’applicazione delle nuove norme i lavoratori che al 31 dicembre 2007 erano in fase di preavviso, anche con raggiungimento dei requisiti oltre il 1° gennaio. La possibilità di un differimento della decorrenza della pensione a un momento successivo a quello della maturazione dei requisiti previsti, apre però un nuovo problema: i lavoratori sono esposti al pericolo di perdere la tutela contro i licenziamenti (raggiunti i requisiti per ottenere la pensione di vecchiaia vengono meno le garanzie) anche con grande anticipo rispetto al percepimento della pensione. Anche questo nodo è stato sciolto in via interpretativa dal Ministero del Lavoro, che, sollecitato dall’Inps, così ha stabilito: “la possibilità di recesso ‘ad nutum’ viene differita alla luce delle nuove disposizioni previdenziali sulle decorrenze della pensione di vecchiaia, alla data di effettiva apertura della finestra di accesso”.


Per i “minimi” scatta il forfettone

E’ diventato operativo il regime fiscale semplificato per i contribuenti minimi o marginali introdotto dalla Finanziaria 2008. Dal 1° gennaio, le persone fisiche che esercitano attività di impresa, arti o professioni, non in maniera associata, hanno la possibilità di aderire al regime forfettario che sostituisce Irpef, Irap e Iva con un’imposta del 20% sul reddito. Può optare per il “forfettone” chi nel 2007 ha conseguito ricavi, o percepito compensi, inferiori a 30.000 euro lordi, non ha effettuato cessioni per le esportazioni, non ha sostenuto spese per lavoro dipendente (in sostanza non ha avuto dipendenti o collaboratori). Requisito altrettanto importante: non aver effettuato, nel triennio 2005-2007, acquisti di beni strumentali per un ammontare complessivo superiore a 15.000 euro, tenendo conto anche dei beni acquisiti mediante contratti di appalto o di locazione, compresa quella finanziaria. Per aderire al nuovo regime non è necessaria alcuna comunicazione all’amministrazione fiscale, chi ne ha i requisiti può iniziare ad applicarlo autonomamente. Se da una parte il regime dei ‘minimi’ permette di tagliare gli adempimenti in tutti quei casi in cui la contabilità è tenuta unicamente per finalità fiscali e non per esigenze di controllo gestionale, dall’altra prevede una serie di valutazioni e di verifiche che sconsigliano al piccolo imprenditore di fare a meno dell’assistenza del fiscalista. Quest’ultimo dovrà valutare, infatti, la possibilità di entrata nel regime, regolare eventuali partite pregresse in ambito Iva o imposte sui redditi, verificare la presenza dei requisiti per la permanenza nel regime e far fronte agli adempimenti relativi all’eventuale uscita dallo stesso. Chiaramente la consulenza dovrà identificare anche la reale convenienza ad aderire al “forfettone”, perché se è vero che cala l’aliquota sul reddito, parallelamente l’Iva sull’acquisto di un macchinario o di uno strumento non è più detraibile, e diventa pertanto un costo. Confartigianato da tempo sollecitava l’introduzione di un sistema fiscale più snello per i contribuenti più piccoli, tuttavia il “forfettone” varato dal Governo recepisce solo in parte le richieste avanzate dalla Confederazione. Una posizione netta illustrata nel corso dell’audizione presso le Commissioni Bilancio Riunite di Camera e Senato dello scorso 8 ottobre. In quella sede i rappresentanti di Confartigianato avevano giudicato positive e condivisibili le semplificazioni, ma al contempo avevano sottolineato una serie di criticità per le imprese e per il sistema economico nel suo complesso. “Condividendo le semplificazioni e la non applicazione degli studi di settore sulle imprese con strutture economicamente marginali – aveva spiegato il Segretario Generale di Confartigianato Cesare Fumagalli – preoccupa la circostanza che, in maniera surrettizia, possano accedere al regime semplificato soggetti che non ne abbiano titolo. In tale ottica è necessario, anche per garantire equità nei confronti delle imprese che rimarranno soggette a tutti i controlli e gli adempimenti (studi di settore, elenchi clienti e fornitori), prevedere un sistema di verifiche e rilevazioni periodiche sull’ammontare dei corrispettivi percepiti, dei costi e sugli elementi di struttura al fine di valutare la congruità del fatturato in relazione agli stessi”. Secondo le stime fornite dal Ministero dell’Economia, i soggetti interessati dal forfait sono 933.752 contribuenti, mentre i potenziali aderenti saranno 708.423 imprenditori, di cui quali la metà (383.403) al di sotto dei 40 anni di età. Gli aspetti principali della nuova normativa sono riportati di seguito. SONO ESCLUSI DAL REGIME: Non possono fruire delle semplificazioni previste per i minimi tutti coloro che già si avvalgono di regimi speciali ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. Tra questi: editoria, agricoltura e attività connesse, agriturismo, agenzie di viaggi e turismo etc. Allo stesso modo sono esclusi tutti i soggetti che: non risiedono in Italia; effettuano in via esclusiva o prevalente, cessioni di fabbricati o porzioni; partecipano contestualmente a società di persone o a società a responsabilità limitata trasparenti. IL REGIME ‘NATURALE’ DEI MINIMI: In presenza dei requisiti richiesti, il regime dei contribuenti minimi è quello naturale, pertanto non è necessario effettuare alcuna comunicazione all’Agenzia delle entrate. La comunicazione è prevista solo nel caso in cui si tratti di un inizio attività. FUORIUSCITA DAL REGIME DEI MINIMI: Per passare dal regime semplificato a quello ordinario è sufficiente comportarsi di conseguenza, ad esempio addebitando l’Iva sulle fatture oppure esercitando il diritto alla detrazione. In questo caso bisognerà porre in essere tutti gli adempimenti contabili ed extracontabili previsti e comunicare l’opzione all’Agenzia delle entrate con la prima dichiarazione annuale presentata successivamente alla scelta. Previsto un vincolo triennale di permanenza nel regime ordinario, ad eccezioni di quanti lo faranno nel 2008. In questo caso il vincolo temporale sarà limitato a un solo anno. TRATTAMENTO AI FINI IVA: I contribuenti non addebitano l’Iva e non hanno il diritto a detrarla dagli acquisti effettuati. Previste norme specifiche in caso di acquisti e cessioni intracomunitarie. ULTERIORI ESONERI ED ESENZIONI: Esentati dall’Irap e conseguentemente dalla presentazione della relativa dichiarazione. I soggetti “minimi” sono esclusi dai parametri e dall’applicazione degli studi di settore. DETERMINAZIONE DEL REDDITO: Introdotto per i minimi il criterio di “cassa” per definire il reddito d’impresa. Il reddito sarà determinato dalla differenza tra l’ammontare dei compensi o ricavi e quello delle spese (relative all’esercizio dell’attività d’impresa) sostenute nello stesso periodo. Il principio di cassa si applica anche nel caso di acquisti di beni strumentali, interamente deducibili nell’anno in cui avviene il pagamento. IMPOSTA SOSTITUTIVA: Prevista l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali, pari al 20%. Per quanto riguarda i termini e le modalità di versamento dell’imposta, nessun cambiamento rispetto a quanto già previsto per l’IRPEF. CONDIZIONI CHE DETERMINANO LA FUORIUSCITA DAL REGIME: Il regime non ha più effetto dall’anno successivo se nel corso dell’anno: viene superato il tetto di 30.000 euro; oppure vengono effettuate esportazioni; impiegati lavoratori dipendenti o parasubordinati; superato il limite di acquisti di beni strumentali nel triennio; se ricorre una delle fattispecie indicate nel dettaglio dal comma 99 (trasferimento residenza all’estero; mutamento dell’attività; acquisizione di partecipazioni societarie). Il regime cessa di avere applicazione dall’anno stesso se il limite dei ricavi viene superato di oltre il 50% (corrispettivi superiori a 45.000 euro). Scatta l’obbligo per il contribuente di assolvere a una serie di adempimenti, ai fini IVA, Irpef e Irap. FUORIUSCITA DAL REGIME A SEGUITO DI ACCERTAMENTO: La fuoriuscita dal regime può avvenire anche a causa di un avviso di accertamento divenuto definitivo. In tal caso il regime cessa di aver applicazione dall’anno successivo a quello dell’accertamento. Se i ricavi accertati superano i 45.000 euro, il regime cessa dallo stesso anno dell’accertamento. VERSAMENTI D’IMPOSTA E ACCONTO DELLE IMPOSTE SUI REDDITI: Introdotto l’obbligo per i contribuenti minimi di versare le imposte per via telematica. I contribuenti minimi sono tenuti al versamento dell’acconto dell’Irpef nell’anno in cui avviene il passaggio dal regime ordinario. Nel caso delle imprese familiari l’acconto è dovuto dal titolare dell’impresa anche per conto dei collaboratori familiari.


Manodopera al lumicino: scoperta la metà dei posti di lavoro

Gli ultimi dati diffusi dall’Ufficio studi di Confartigianato sulle opportunità di lavoro offerte dall’artigianato confermano un’impressione da tempo diffusa. Nell’Italia del lavoro precario e mal pagato, trovare un idraulico, un falegname, un sarto, non è difficile solo per i consumatori, ma anche per le imprese che li assumerebbero ben volentieri. E anche con contratto a tempo indeterminato, confermano le statistiche. Se ci fossero, però. Nel solo 2007 le aziende avrebbero assorbito ben 162.550 figure dei più differenti profili professionali; per quasi la metà del totale non c’è stato niente da fare: 71.359 potenziali dipendenti mancano all’appello. Al primo posto della sconfortante classifica delle professionalità più richieste ma introvabili, si trovano parrucchieri ed estetisti. Il mercato ne cerca 7.970, ne mancano 4.718. I conti sono presto fatti: quasi il 60% dei posti rimane scoperto. Come già accennato, anche la ricerca dei falegnami e degli idraulici va male. Gli artigiani del legno occupano addirittura il secondo gradino del podio dei lavoratori più desiderati dalle piccole imprese. Lo scorso anno i posti previsti per loro erano 3.670. Inutile sottolineare che per il 73% sono rimasti vacanti. Peggio è andata solo a chi cercava addetti alla robotica. Non ne servivano moltissimi, “solo” 1.400, se ne sono trovati pochissimi, appena 350. E’ andata meglio, ma solo per una manciata di punti percentuali in più, la “caccia” delle imprese agli idraulici: ben 3.685 hanno risposto all’appello. Comunque ne servivano esattamente il doppio. Gravi problemi anche per completare gli organici di carpentieri (ne servono 2.890), meccanici e autoriparatori (fabbisogno stimato, 2.800 addetti), fornai e pastai (2.310 i lavoratori necessari). La situazione non migliora neppure quando lo studio di Confartigianato analizza le richieste di figure professionali di uno dei comparti più rappresentativi del made in Italy: la moda. Mancano i sarti e i tagliatori artigianali, stessa storia per modellisti e cappellai. Attenzione: il problema non riguarda solo i ruoli che necessitano di mani sapienti e di grande mestiere, ma anche quelli più tecnici. Non si trovano neppure gli addetti ai macchinari per confezioni di abbigliamento in stoffa, ne servirebbero 1.010, solo in 300 rispondono all’appello. C’è poco da dire, i dati confermano una crisi delle vocazioni fin troppo evidente: i giovani lavoratori italiani sembrano preferire un lavoro impiegatizio a tempo determinato, magari mal pagato, e anche a queste condizioni difficile da trovare, piuttosto che un qualsiasi mestiere. Secondo il presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini il problema è soprattutto culturale e normativo. “Nessuno vuol sporcarsi più le mani. Da qualche decennio a questa parte il lavoro manuale è visto come un’occupazione di serie B. Anche le stesse famiglie di artigiani spingono i loro figli a cercare lavoro altrove. Piuttosto della vita di bottega, meglio il lavoro precario e a singhiozzo. Anche se nella bottega il lavoro non manca e, con l’esperienza, arrivano anche i guadagni. A livello normativo, invece, serve potenziare l’istituto dell’apprendistato, senza il quale è impossibile garantire la formazione e il ricambio generazionale dei lavoratori”. Che l’artigianato sia un serbatoio di occupazione stabile, lo dimostrano anche altri dati Confederali che sostanziano la seguente conclusione: chi cerca lavoro, lo trova più facilmente qui che altrove. Nel 2006 le aziende fino a 19 addetti hanno creato 361.000 posti di lavoro. Nello stesso periodo le grandi imprese ne hanno persi 114.000 e quelle medie 17.000. Se si analizza poi la tipologia dei contratti impiegati, mentre il lavoro a tempo indeterminato interessa l’86,4% del totale dei 16.961.000 dipendenti italiani, questa quota nelle piccole imprese sale al 90,7%. Dati di Confartigianato confermano puntualmente che la strada maestra verso il contratto a tempo indeterminato è rappresentata dall’apprendistato, uno strumento di alto valore formativo, la cui importanza è stata già sottolineata dal presidente Guerrini. L’indagine, condotta su un campione di 1.600 imprese con meno di 20 addetti, artigiane e non, certifica che il 70,1% degli apprendisti in quel momento in azienda, sono destinati all’assunzione.


Italia e Slovenia, accordo per lo sviluppo dell’artigianato

Le piccole e medie imprese artigiane di Italia e Slovenia hanno firmato un Protocollo di cooperazione per il proprio sviluppo. A cominciare da una più stringente intesa economica nelle regioni di quel confine sparito, con tutte le pratiche burocratiche annesse, lo scorso 21 dicembre, giorno in cui la Slovenia ha fatto il suo ingresso ufficiale nella cosiddetta area di Schengen, lo spazio economico senza frontiere dell’Unione Europea. Liberate dai vincoli di frontiera, dunque, le imprese artigiane dei due Paesi si trovano di fronte una grande opportunità di crescita e sviluppo, un’occasione che hanno deciso di cogliere insieme, unendo le forze per chiedere ai rispettivi Governi di completare quelle infrastrutture necessarie per l’espansione economica dell’area, i 280 chilometri di confine, ormai geografico, che divide l’Italia dalla Slovenia. Con la firma da parte dei rispettivi Presidenti, Giorgio Guerrini e Miroslav Klun, Confartigianato e la Camera slovena dell’artigianato intendono ottimizzare un rapporto tra due paesi che già interagiscono fra loro in maniera significativa, come dimostrano i numeri. Nel 2006, infatti, la bilancia commerciale italiana ha chiuso il conto con la Slovenia in attivo per oltre un miliardo di euro, di cui circa il 10% prodotto esclusivamente dal Friuli Venezia Giulia. A tirare l’export italiano sono stati i macchinari ed i mezzi di trasporto, seguiti dai prodotti chimici e dai combustibili. Due paesi che già dialogavano, e bene, ma che con la firma del Protocollo di cooperazione hanno deciso di risolvere alcune criticità emerse in anni di collaborazione. E’ lo stesso Guerrini a dichiararlo: “La prima intenzione di questo accordo - ha esordito il numero uno di Confartigianato - è la ferma volontà, nostra e degli artigiani sloveni, di collaborare con le autorità competenti per la prevenzione del lavoro nero. In più, con questa collaborazione vorremmo si creassero diverse aree produttive per l’artigianato e la piccola e media impresa, senza tralasciare la promozione di una normativa tecnica più favorevole a queste realtà imprenditoriali”, ha poi concluso Guerrini.


Nell’artigianato c’è posto per 162.000 dipendenti. Ma 71.000 sono introvabili. Confartigianato lancia l’emergenza manodopera per parrucchieri, idraulici, addetti alla robotica, falegnami, sarti, fornai

Nell’artigianato le opportunità di lavoro non mancano: tanto che, nel 2007, il fabbisogno occupazionale delle aziende è di 162.550 persone.Leggere di più