Imprese della comunicazione, la congiuntura è positiva

Per le imprese del comparto delle comunicazioni (copisterie, studi di fotografia e di grafica) il 2008 si preannuncia come un anno di lieve crescita per produzione e fatturato, sulla scia dei risultati ottenuti nel secondo semestre del 2007. La previsione arriva dall’Osservatorio Congiunturale di Confartigianato che ha analizzato i dati di fine 2007, chiuso senza sostanziali cambiamenti rispetto al 2006. Le buone notizie arrivano invece con il nuovo anno, quando la ripresa dovrebbe essere più marcata. A cominciare dalla produzione che, stando alle stime, dovrebbe tornare in positivo registrando un + 2,1%, dopo aver chiuso in negativo il 2007. Buone notizie dovrebbero arrivare anche dal fronte occupazione con un aumento delle assunzioni dell’1,3%. I prezzi dei fornitori, poi, già in netta frenata alla fine del 2007, quando hanno fatto registrare un importante - 8,5%, dovrebbero mantenere la stessa andatura stabilendosi sul - 5,8%. La crescita più importante per il 2008, comunque, dovrebbe riguardare il volume degli investimenti. Infatti, i dati positivi del 2007 saranno confermati anche nel 2008, quando arriveranno a toccare la soglia del 22,5%. Per le imprese del settore comunicazione, dunque, il 2007 è stato un anno di preparazione al 2008, quando l’intero comparto tornerà a marciare a ritmi sostenuti.


Congiuntura, il comparto della meccanica tra i migliori dell’artigianato

Il settore della meccanica ha chiuso il 2007 in positivo, facendo registrare uno dei migliori risultati di tutto l’artigianato. Infatti, nonostante il periodo di difficoltà vissuto dalla piccola impresa, tartassata da quegli ormai cronici problemi che la classe politica non riesce a risolvere, gli artigiani del segmento (carpentieri, meccanici ed elettronici) hanno chiuso un anno positivo. Preparandosi ad un 2008 ancor più positivo. Rispetto al primo semestre dell’anno scorso, infatti, le imprese artigiane del settore hanno aumentato il proprio volume d’affari dello 0,8%, con una previsione per il 2008 che arriva addirittura al 2,3%. Ancor più positivo è stato l’andamento della produzione/domanda che, se nel 2007 ha chiuso in aumento di mezzo punto percentuale, nel 2008 potrebbe chiudere con un incremento del 2,6%. Ma le buone notizie per la meccanica di precisione dell’artigianato non finiscono qui, anzi. L’occupazione, che sul tramonto del 2007 ha registrato una leggera flessione, nel 2008 tornerà a correre, tornando in positivo e assestandosi sul + 0,6%. L’unico dato in negativo, ma che per gli imprenditori non rappresenta affatto una brutta notizia, arriva dall’andamento dei prezzi dei fornitori. Infatti, dopo il - 8,6% registrato tra il primo ed il secondo semestre del 2007, nel prossimo anno dovrebbe confermarsi al ribasso, con un importante - 5,4%. L’ultima nota positiva, infine, arriva dagli investimenti. La già forte propensione all’investimento degli imprenditori del settore, che nel 2007 si è assestata sul 22,1%, per il 2008 promette scintille arrivando, secondo l’Osservatorio Congiunturale realizzato dall’Ufficio studi di Confartigianato, al 26,3%, confermando il buon rapporto che corre tra la piccola impresa e la voglia di investire.


In edilizia più soldi dall’Irpef che dall’Ires

Nel comparto delle costruzioni le società di capitale rappresentano un cattivo affare per l’erario, a differenza delle ditte individuali e delle società di persone, vere e proprie galline dalle uova d’oro in termini di gettito fiscale. Il dato emerge dalle prime anticipazioni del Rapporto Anaepa-Confartigianato sul comparto dell’edilizia, intitolato “Costruttori di crescita”, in cui, tra l’altro si affronta il tema della fiscalità che grava sulle imprese del settore. I dati sono i più recenti disponibili e fanno riferimento al 2005. Per rendere evidente quanto i “piccoli” costruttori contribuiscono alla formazione del gettito fiscale complessivo del comparto, lo studio mette in relazione l’Irpef delle ditte individuali e delle società di persone soggette agli studi di settore TG50U (Intonacatura, rivestimento tinteggiatura ed altri lavori edili), TG75U (Installazione di impianti elettrici e di impianti idraulico-sanitari) e TG69U (Costruzioni), con l’Ires delle società di capitali dello stesso segmento di attività. Il risultato conferma la premessa: ditte individuali e società di persone fruttano all’erario la bellezza di 2.101 Mln di euro in imposte dirette, ben più delle società di capitali che versano nelle casse dello Stato appena 1.853 Mln di euro di IRES. Un effetto difficile da spiegare dal punto di vista contabile: l’Irpef dei “piccoli” supera del 13,4% l’Ires dei “grandi”, anche se il fatturato di questi ultimi è superiore del 34%. La redditività “fiscale” sulle vendite (ROS, Return On Sales) si comporta di conseguenza: le ditte individuali sfiorano il 10% (9,5), il doppio del magro 4,2% delle società di capitale. A questo punto lo studio entra nel terreno della provocazione e immagina di applicare alle società di capitale lo stesso ROS delle ditte individuali. Con questo risultato: maggiori imponibili IRES per 7.180 Mln di euro e maggiori imposte (IRES con aliquota del 33%) pari a 2.369 Mln di euro. In sostanza si raddoppierebbe il gettito che proviene dalle società di capitali che operano nelle costruzioni. Il dossier analizza anche i livelli di congruità definiti dagli studi di settore sopra citati. Anche qui le sorprese non mancano anche se il risultato a questo punto è scontato: i “piccoli” sono più congrui dei “grandi”, il 45,5% risulta, infatti, non congrua e/o non normale, contro il 52,7% delle società di capitale. Una particolare attenzione viene posta sui redditi medi registrati da società non congrue: a fronte di 31.901 società di persone che hanno dichiarato un reddito di 24.300 euro e sono risultate non congrue, 37.696 società di capitale sono risultate anche loro non congrue, ma sulla base di numeri ben differenti. Hanno denunciato, infatti, un reddito medio di 6.400 euro, pur in presenza di fatturati più che doppi. A questo proposito lo studio presenta un “caso nel caso”, che da spessore all’idea che la redditività delle società di capitale in edilizia – anche se non congrue – sia davvero troppo bassa, soprattutto in riferimento a quanto dichiarato dalle società di persone nella medesima condizione di non congruità. Il caso è da manuale: una società di persone non congrua dichiara un fatturato di 291.300 euro e un reddito di 18.600 euro, mentre una società di capitale, pur denunciando un fatturato di 479.200 euro, dichiara un reddito di soli 3.500 euro.


Aumentano gli stranieri occupati nell’edilizia

Nel settore delle costruzioni diminuisce lievemente l’occupazione italiana mentre aumenta sensibilmente quella straniera. Dal 2005 al 2007, infatti, la presenza di stranieri nelle costruzioni è cresciuta in media del 51,6%, del 63,6% per quanto riguarda il numero di imprese a conduzione straniera e del 48,5% per i lavoratori dipendenti. Sono 86 mila gli stranieri assunti, 22mila gli italiani usciti dal settore. E’ quanto emerge dall’analisi dell’occupazione nell’edilizia realizzata dall’Ufficio studi di Confartigianato su dati Istat, Ministero del Lavoro e Unioncamere. Nel 2007 sono 252.000 gli stranieri occupati nei cantieri italiani, il 15,8% del totale di tutti comparti produttivi italiani. In particolare sono i cantieri del Nord Italia ad assorbire il maggior numero di lavoratori stranieri, ben 143mila, il 56,9% del totale. Seguono il Centro, con 91mila occupati pari al 36%, ed il Sud, che con 18mila lavoratori stranieri rappresenta il 7,1% della fetta totale di stranieri impiegati nelle imprese edili italiane. Soprattutto delle imprese fino a 9 dipendenti, che da sole occupano il 77% degli stranieri impiegati nell’edilizia. Se consistente è stato l’aumento dei dipendenti, ancor maggiore è stato quello delle imprese avviate in Italia da imprenditori immigrati nel nostro Paese. Una variazione percentuale del 63,6%, con 110.211 imprenditori a dirigere le 535.758 imprese straniere che operano nel settore delle costruzioni. Tra questi 35.713 sono gli imprenditori comunitari, mentre gli extracomunitari 74.498, che rappresentano il 6% del totale degli imprenditori edili in Italia. La comunità più numerosa è quella albanese, con 21.009 imprenditori, seguita dal Marocco, 7.264 operatori, dalla Tunisia, dalla Svizzera e dall’Egitto. E proprio quella egiziana è la comunità più numerosa della Lombardia, a sua volta la Regione italiana in cui operano il maggior numero di imprenditori extracomunitari, ben 16.280. Al secondo posto l’Emilia Romagna, in cui operano 12.437 imprenditori immigrati, soprattutto albanesi. La terza Regione per numero di imprenditori extracomunitari è il Veneto, dove la comunità più numerosa, secondo l’elaborazione dell’Ufficio studi di Confartigianato, è la comunità serbo-montenegrina, con 1.867 imprenditori.


Edilizia, meno dipendenti irregolari ma più imprese fantasma

L’edilizia registra una brusca frenata del fenomeno del lavoro nero dei lavori dipendenti, non di quello delle ditte abusive. Per le imprese edili regolari, dunque, le anticipazioni sul rapporto congiunturale del settore non sembrano essere positive, almeno non sotto questo aspetto. A metterlo in luce è un rapporto dell’Ufficio studi di Confartigianato che ha elaborato i più recenti dati Istat sull’edilizia. Esaminando l’andamento del mercato del lavoro nero tra il 1991 ed il 2005, infatti, al calo dei dipendenti irregolari, diminuiti di un importante 16,8%, corrisponde un netto aumento delle imprese fantasma, cresciute del 23,3%. E così, le imprese regolari continuano a pagare l’alto prezzo della concorrenza sleale portata dagli abusivi, evasori che non denunciano nulla, dai contributi previdenziali alle imposte dirette, dall’Iva ai contributi camerali. In Italia, in tutto, sono state riscontrate 123.200 imprese irregolari, con un incremento percentuale, rispetto al 2004, dell’8,5%. Sono stati invece 160.500 i dipendenti irregolarmente “occupati” nei cantieri italiani. In totale, nel 2005, sono stati rilevati 283.700 casi di irregolarità, il 13,5% del mercato regolare. Una volta di più, va al Sud Italia la maglia nera. I primi nove posti della classifica per tasso percentuale di irregolarità sono occupati dalle regioni dell’Italia centro - meridionale, con il Lazio, fermo al nono posto, a fare da punto di rottura tra Nord e Sud, tra una diffusa tendenza alla regolarità ed una politica di abusivismo diffuso. Al primo posto per percentuale del lavoro nero c’è la Calabria, con il 44,3%. Seguono la Sicilia, con il 30,1%, il Molise, 20%, la Basilicata, 19,6%, e l’Abruzzo, con una quota di lavoro nero pari al 18,4% dell’intero mercato del lavoro. Gli irregolari sono praticamente inesistenti, invece, in Emilia Romagna, dove la percentuale di incidenza degli abusivi si ferma appena all’1,2%. Ottimo anche l’andamento delle imprese marchigiane, 2%, di quelle della Valle d’Aosta, 2,3%, e del Piemonte, 2,9%. In generale, dunque, quasi un quarto delle imprese edili del Mezzogiorno sono irregolari, nel Centro il 9,6%, nel Nord ovest il 6,4% e nel Nord est appena il 3,5%.


Rifiuti: com’è difficile vidimare i registri!

Non c’è pace per il Codice dell’Ambiente. A soli 16 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Decreto legislativo 4/08, che ha riscritto buona parte della normativa in materia ambientale, il 13 febbraio 2008 sono diventate operative le principali misure contenute nella nuova legge. Tra le novità oggi in vigore, una in particolare risente del percorso travagliato e dei continui rimaneggiamenti a cui è andato incontro il testo nel tempo. Si tratta dell’obbligo di vidimazione dei registri di carico e scarico dei rifiuti previsto dall’articolo 190 del Decreto. Un articolo poco chiaro, di difficile interpretazione, che già in passato ha portato gli esperti a fornire conclusioni opposte. In base alle nuove disposizioni, tali registri possono essere vidimati esclusivamente dalle Camere di Commercio competenti per territorio. Un obbligo facilmente assolvibile, almeno sulla carta. Basta, infatti, che gli imprenditori si rivolgano agli uffici camerali e richiedano la timbratura dei libri. Semplicissimo, ma solo in via teorica. In pratica non è così. Visti i tempi strettissimi che sono intercorsi tra la pubblicazione della legge in Gazzetta Ufficiale e l’entrata in vigore della norma, che non ha previsto alcun periodo di adeguamento, si è determinata una situazione critica sia per quanto riguarda la disponibilità dei registri sul mercato, sia per i tempi di vidimazione degli stessi. Che va ben oltre la data del 13 febbraio. Confartigianato ha denunciato le criticità della norma al Ministro dell’Ambiente, viste le pesanti sanzioni previste per le imprese che non rispettano la disposizione, e ha richiesto nel contempo l’attuazione di misure correttive urgenti. In attesa degli interventi richiesti, la Confederazione, sulla base dei pronunciamenti di enti e istituzioni competenti in materia (Ministero dell’Ambiente, Unioncamere, Regioni, Province), ha tracciato il quadro dei comportamenti imprenditoriali che attualmente appaiono più corretti. Le imprese che hanno ancora in uso registri di rifiuti vidimati da enti non più competenti, possono continuare ad usarli fino al loro esaurimento. Infatti, la vidimazione ottenuta in data precedente al 13 febbraio, costituisce assolvimento pieno all’obbligo previsto dal comma 6 dell’articolo 190. L’aspetto di maggior criticità è rappresentato dall’utilizzo di registri non vidimati. Prevale l’avviso di non consentire l’utilizzo di registri non vidimati né di procedere alla vidimazione di registri già utilizzati. Nel caso di registri già in uso, la condotta più corretta appare quella di chiudere tali registri e di istituirne di nuovi.