Rapporto sulle Costruzioni di Anaepa Confartigianato Sempre più abusivi in cantiere. Le imprese edili subiscono la concorrenza sleale di 123.000 imprese ‘fantasma’. In aumento anche gli addetti stranieri
Sempre più abusivi in cantiere. Le imprese edili subiscono la concorrenza sleale di oltre 123.000 operatori irregolari che a loro volta danno lavoro ad almeno 160.500 dipendenti in nero.Leggere di più
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Rapporto sulle Costruzioni di Anaepa Confartigianato - Sempre più abusivi in cantiere
Da Confartigianato le priorità per la crescita
L’economia mondiale cresce a un tasso del 5,2%. Ben 102 Paesi si sviluppano ad un ritmo superiore al 5% annuo. Volano la Turchia (+11%) e la Cina (11,5%), corrono l’India (+8,9%) e la Russia (+7%). Gli Stati Uniti avanzano, anche se piano (2,1%). Le stime di crescita dell’area euro non sono eccezionali e portano a considerare con attenzione anche i decimi di punto: 1,8%. E l’Italia? La Commissione UE ha previsto che nel 2008 il Pil italiano crescerà ad un ritmo del 0,7%; in sostanza, la metà della media dei Paesi dell’eurozona. Secondo il Fondo monetario Internazionale andrà un po’ meglio (0,8%), mentre per la Banca d’Italia il Pil potrebbe raggiungere l’1%. Dati alla mano, c’è poco da dire: per l’Italia si avvicina pericolosamente la crescita zero. A dare l’allarme, Confartigianato e altre otto sigle del mondo imprenditoriale, che hanno affidato il messaggio di un’Italia “che fa fatica a farcela” a una nota unitaria dal titolo “Manifesto per la governabilità”. Destinatari dell’appello: gli schieramenti politici che si affronteranno nell’appuntamento elettorale di primavera. Infatti, se è vero, che la situazione di sofferenza del Paese è in larga parte condizionata da un quadro economico internazionale “in peggioramento – si legge nel documento – con gli attuali prezzi di gas e petrolio e con un euro drammaticamente sopravvalutato rispetto al dollaro”, lo è almeno altrettanto che ai problemi esterni al Paese, se ne aggiungono altri, questa volta interni – ai primi posti la gracilità del sistema istituzionale – che contribuiscono a frenare ulteriormente la crescita economica. Da qui l’appello rivolto a tutte le forze politiche: “Gli sforzi delle imprese, che continuano a diversificare i mercati, a innovare prodotti e processi vengono minacciati anche dai danni all’immagine internazionale del Paese, mentre in un momento in cui avremmo bisogno del massimo impegno sui problemi dell’economia, la crisi politica è precipitata”. In un simile contesto, l’impegno che le imprese richiedono alla classe politica, è quello di garantire la governabilità, mettendo mano a tutte quelle riforme – partendo dalle legge elettorale – che sono indispensabili per creare un contesto favorevole al rilancio del Paese, che nel suo insieme non può più permettersi periodi di instabilità. “Serve una grande stagione di riforme. Il vero obiettivo che il Paese si deve dare è la crescita economica. La crescita è l’autentico bene comune, che consente di generare risorse per la ricerca, l’innovazione, le infrastrutture, il potere d’acquisto dei cittadini, la solidarietà verso i meno fortunati”. Secondo il manifesto di Confartigianato, il primo passo che deve fare la politica per rimettere in moto l’Italia è quello di restituire la fiducia ai cittadini. La fiducia nella libera iniziativa, nel senso dell’impresa, nella concorrenza, nella spinta all’innovazione, invertendo quel paradigma culturale secondo cui il lavoro da sostenere - e da ricercare - è solo quello garantito, a tempo indeterminato, e magari pubblico. “Senza crescita – è la conclusione del manifesto – c’è solo più conflitto e troppi problemi restano irrisolti. Il risanamento e la stabilizzazione della finanza pubblica rimangono comunque indispensabili. Per questo l’obiettivo di ridurre in modo strutturale la pressione fiscale su imprese e cittadini si può conseguire solo con un forte impulso alla crescita con una drastica riduzione della spesa pubblica a cominciare dalle tante sacche improduttive”. Ma l’azione di Confartigianato non si limita a bacchettare politici e istituzioni ‘rei’ di scarsa attenzione nei confronti delle Micro e Piccole Imprese (quelle fino a 20 addetti), va oltre, e segnala agli stessi alcune possibili ‘cure’ per restituire la piena salute all’economia del Paese, cure – riassunte nel Documento della Confederazione con le priorità per la crescita rivolto alle forze politiche impegnate nella competizione elettorale del 13 e 14 aprile – che devono riguardare in primis, il più diffuso e produttivo modello di impresa italiana, le MPI, appunto. Tre le linee guida identificate: Politiche e azioni per riconoscere e valorizzare il ruolo della Micro e Piccola Impresa; Politiche e azioni per liberare l’impresa; Politiche e azioni volte a superare le contrapposizione tra lavoro dipendente e autonomo. POLITICHE E AZIONI PER RICONOSCERE E VALORIZZARE IL RUOLO DELLA MICRO E PICCOLA IMPRESA – Si parte da una constatazione: le Micro e Piccole Imprese, trascinano l’occupazione e l’economia italiana. Nel 2006 sono state loro a creare il maggior numero di posti di lavoro. Mentre le medie e grandi imprese hanno perso 131.000 lavoratori, le MPI ne hanno acquisiti 517.000. Rimanendo ai numeri, il peso delle MPI nell’economia del Paese è schiacciante: 4.223.639 aziende, il 98,2% del totale, che realizzano il 43,9% del valore aggiunto. Per mantenere e potenziare questo ruolo chiave, Confartigianato ha proposto: la valutazione obbligatoria dell’impatto sulle MPI di ogni nuova normativa. L’elaborazione di un Rapporto annuale sulle MPI del presidente del Consiglio per fare il punto sullo stato di salute del comparto. La creazione di un’agenzia per le MPI presso il Consiglio dei Ministri per elaborare proposte di sviluppo del settore. POLITICHE E AZIONI PER LIBERARE L’IMPRESA. Sul banco degli imputati, burocrazia, giustizia, pressione fiscale, liberalizzazioni non attuate. Il peso della burocrazia va ridotto: ogni anno brucia 1 punto di PIL. Ancora una volta a pagare il prezzo maggiore sono le MPI: 11,3 miliardi di euro. Per Confartigianato appaiono indispensabili le seguenti azioni per ‘liberare’ le energie delle imprese: eliminare i controlli preventivi della PA a favore di rigorosi controlli successivi; privatizzare l’istruttoria amministrativa attraverso la costituzione di Agenzie private per le imprese; realizzare una seria politica di semplificazione, rafforzando, anche, il centro unico di governance nazionale della strategia di semplificazione. Oltre alla burocrazia, anche i tempi lunghi della giustizia frenano le imprese: un processo civile nei due gradi di giudizio può durare fino a 5 anni, un fallimento fino a 8, un procedimento in materia di lavoro in media 4. Gli interventi devono mirare a correggere le disfunzioni che trasformano la giustizia in ‘ingiustizia’. Sul fronte fiscale, gli interventi suggeriti da Confartigianato sono articolati, e mirano, da una parte a semplificare gli adempimenti tributari e a ridurre la pressione fiscale, dall’altro a premiare le imprese più corrette. Al primo posto, la riduzione costante e progressiva della pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese. Riequilibrare il carico fiscale, incentrando la tassazione personale sulla famiglia: più è numeroso il nucleo familiare, più cala il reddito soggetto a imposta. Importante è anche il rispetto dello statuto del contribuente: evitare il ricorso a norme di carattere retroattivo. Per quanto riguarda le liberalizzazioni, queste, al contrario di quanto accaduto fino a oggi, devono ricominciare “dall’alto”: banche, assicurazioni, servizi pubblici, energia, utilities, professioni. Che rappresentano il 69% dei mercati da liberalizzare. POLITICHE E AZIONI VOLTE A SUPERARE LE CONTRAPPOSIZIONE TRA LAVORO DIPENDENTE E AUTONOMO: Confartigianato indica come necessaria “l’inversione del paradigma culturale che ha sempre caratterizzato il nostro Paese: valorizzare l’assunzione del rischio, l’ambizione di migliorare la propria condizione sociale, la libera scelta di intraprendere un’attività imprenditoriale di creare profitto e benessere per sé, per i collaboratori, per il Paese. Bisogna combattere la povertà e non la ricchezza. Per ottenere tale risultato Confartigianato indica come necessarie alcune azioni che hanno anche l’effetto di ristabilire pari dignità tra sapere teorico e pratico. Tra queste, innalzare la qualità della formazione professionale, prevedendo efficaci forme di alternanza scuola-lavoro, anche attraverso l
Addizionale sull’energia elettrica, una tassa da 834 milioni di euro
Gli artigiani sono una risorsa per il paese. Una verità innegabile, tanto che qualcuno deve averla presa davvero alla lettera. Nel 2007, infatti, i piccoli imprenditori italiani hanno versato 834 milioni di euro nelle casse provinciali. Il motivo? L’addizionale provinciale sull’energia elettrica, un’imposta applicata “sui consumi fino a 200.000 kWh /mese: in pratica, quelli delle piccole imprese. I consumi sopra questo limite, quelli delle grandi aziende, sono invece esenti da questo tributo”, denuncia Giorgio Guerrini, Presidente di Confartigianato Imprese. Ecco, dunque, l’ennesima incursione dell’amministrazione pubblica nei portafogli degli artigiani italiani, costretti a piegarsi questa volta alla pretese fiscali delle Province. Enti locali autorizzati a stabilire quale delle tre aliquote applicare, tra la minima, l’intermedia e la massima. La scelta, ovviamente, è ricaduta su quella massima. Nel 2000, infatti, il 75,5% delle province applicava l’aliquota minima, mentre il 16,7% quella massima. Ma nel 2007 la situazione è stata completamente stravolta. Il 70,8% ha imposto il prelievo più alto, di 11,40 euro per mille kWh, e soltanto il 19,8% quello minimo, pari a 9,30 euro. Un’inversione di tendenza che ha fruttato il 34,9% in più rispetto al 2000, come evidenziato da un rapporto dell’Ufficio studi di Confartigianato. Inoltre, emerge ancora dal rapporto, grazie a questo vero e proprio boom, l’addizionale provinciale sull’energia elettrica ha conquistato il ben poco lusinghiero terzo posto nella classifica dei tributi provinciali più costosi, dopo l’RC auto e l’imposta di trascrizione. Entrando nel dettaglio, sono 51 le amministrazioni provinciali che hanno costretto al “grande salto” le imprese artigiane aumentando l’aliquota dal minimo, nel 2000, al massimo, nel 2007. A fronte di queste, sono state 26 in totale le province che non hanno alterato l’aliquota addizionale sull’energia elettrica. Cinque quelle che l’hanno mantenuta sul valore intermedio, Cuneo, Vercelli, Lecco, Verona e Grosseto, 21 quelle che l’hanno confermata al valore minimo. Tra queste, quelle settentrionali di Como, Varese e Padova, quelle di Roma, Firenze e Prato al Centro, e quelle di Bari e Reggio Calabria al Sud. Particolare, infine, la scelta di Nuoro, unica provincia isolana a mantenere l’aliquota minima. Una decisione particolare considerato che anche le neonate piccole province di Carbonia - Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia - Tempio, operative soltanto dal 2005, hanno imposto fin da subito il maggior tributo possibile.
SICUREZZA SUL LAVORO Imprese insoddisfatte: “Intervento punitivo”
Al termine di un incontro con i Ministeri del Lavoro, della Salute e della Giustizia le organizzazioni di rappresentanza delle imprese (Abi, Agci, Casartigiani, Cia, Claai, Cna, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Leggere di più
Confartigianato a confronto con il leader del Pd Walter Veltroni. Il Presidente Guerrini: “Il ‘nuovo’ che vogliamo dalla politica: le piccole imprese siano al centro degli interventi per la crescita”
Garantire la governabilità, valorizzare il ruolo della micro e piccola impresa, ridurre la spesa pubblica, diminuire la pressione fiscale su imprese e famiglie, liberare le impreseLeggere di più