Sos manodopera: al sud va meglio che al Nord

Per le imprese artigiane trovare personale specializzato è difficile in tutta Italia. Ma in alcune aree geografiche lo è più che altrove. La ricerca andrebbe meglio al Sud che al Nord. Ma il condizionale è d’obbligo: pesa infatti la diversa struttura economica delle due aree del Paese, che rende difficili i paragoni. La situazione è ben descritta in un’elaborazione dell’Ufficio Studi di Confartigianato. Nel Nord-Est del Paese la maggior parte delle professionalità ricercate dalle imprese artigiane si trova con difficoltà, con estrema difficoltà, al punto che un posto su due rimane addirittura scoperto (51,2%). Nelle regioni del Centro Italia non va meglio, anche se il distacco dalle regioni più afflitte dal problema manodopera si fa sentire (45,1%). Anche il Nord Ovest non si salva, con valori percentuali appena migliori, ma in realtà quasi sovrapponibili a quelli di Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo: 44,1%. A questo punto ci si attenderebbe una performance migliore del Mezzogiorno, dove il saldo tra domanda e offerta di manodopera potrebbe essere positivo in forza delle più difficili condizioni del mercato del lavoro. Macchè. Anche nel Sud la quota di posizioni difficili da reperire è consistente (38,1%). Se l’Sos manodopera avvicina tra loro aree del Paese per altri versi distanti, i problemi all’origine delle mancate assunzioni, denunciati dalle imprese artigiane, introducono nuovi elementi di divisione. Tra le cause principali, al Sud, pesa la “mancanza di esperienza” degli aspiranti lavoratori (39,5%); al Nord-Est, la “ridotta presenza del personale” e la “concorrenza tra imprese” (26,1%); al Centro (37,4%) e al Nord Ovest (36,3%), i “percorsi professionali” giudicati dai lavoratori “poco motivanti”. Il Friuli Venezia Giulia guida la classifica delle regioni dove le imprese fanno più fatica a completare gli organici (53,6). Seguono a giro di ruota: Emilia Romagna (52,3%), Umbria (51,8%), Veneto (51,4%). Bisogna arrivare al 13° posto per incontrare la prima regione del Meridione, il Molise (48%). Dalla tredicesima posizione in poi, superato lo scalino di quasi sette punti che separa il Molise dal primo degli inseguitori, la Calabria, scorrono compatte tutte le regioni del Sud, isole comprese. Nell’ordine: Calabria (40,9%), Basilicata (40,8%), Campania (40%), Sardegna (39,5%), Puglia (36,4%). Una nuova cospicua cesura di quasi sei punti, ed ecco la Sicilia (30,5), che conquista la palma della regione dove le imprese farebbero meno fatica a trovare addetti. Scendendo al dettaglio delle province, il quadro si fa ancora più articolato, ma decisamente più fosco. Per le imprese artigiane di Ravenna trovare gli addetti equivale a vincere un terno al lotto, visto che la quota di manodopera di difficile reperimento è del 62,3%. Un record nazionale. Ad Ancona la situazione non è migliore (61,9%), così a Ferrara (60,8%). Campobasso, al 47° posto, è la prima provincia del Meridione in lista. Seguono Salerno (60°), Potenza (63°), Cosenza (64°). Quattro province della Sicilia chiudono la lista: Caltanissetta (99°), Enna (100°), Messina (101°), Siracusa (102°). Ben definita anche la mappa delle professionalità più ricercate, una mappa fortemente condizionata dalle specificità dei territori. In sostanza, nel Nord Ovest dell’industria pesante, accanto a parrucchieri ed estetisti, falegnami e idraulici, che mancano lì, come altrove, è caccia aperta ai “trafilatori ed estrusori di metallo”, ai “conduttori di robot industriali”, agli “attrezzisti di macchine utensili e affini”. Nel Nord Est, le imprese fanno fatica a trovare gli “assemblatori in serie di parti di macchine” e gli “attrezzisti di macchine utensili e affini”. Al Centro, problemi a coprire i seguenti posti: valigiai, borsettieri, operai specializzati delle calzature, pavimentatori e posatori di rivestimenti, verniciatori industriali. Nel Mezzogiorno mancano panettieri e pastai artigianali, tagliatori di pietre, scalpellini e marmisti, i fabbri, lingottai e operatori di presse per forgiare. Problemi anche con gli addetti a macchinari industriali per confezioni di abbigliamento in stoffa, i pavimentatori e posatori di rivestimenti.


Odontotecnici: Nessuno stop al nuovo profilo professionale di categoria

Con l’insediamento del nuovo Esecutivo ripartirà anche l’iter per il riconoscimento del nuovo profilo professionale dell’odontotecnico. Nessuno stop, dunque, ma solo una pausa tecnica. Tutto va avanti come previsto, senza nessuna modifica e nessun ripensamento. Il chiarimento, che spazza via le incertezze e le voci contrastanti che si sono susseguite negli ultimi mesi, viene direttamente dal Presidente di FENAODI Confartigianato Giancarlo Salvatori. Che sulla questione mette un punto fermo. Al centro della precisazione di Salvatori, l’incontro con il Direttore Generale delle Risorse Umane e delle Professioni Sanitarie del Ministero della Salute, Giovanni Leopardi. Nel corso della riunione, che si è tenuta lo scorso 21 aprile, Leopardi ha confermato che il testo licenziato dal Consiglio Superiore della Sanità non contiene alcuna modifica. “Anche perché – sottolinea il Presidente di FENAODI in una nota – tale facoltà non rientra nelle competenze della Commissione Salute che può proporre e non stabilire modifiche”. Più avanti nello stesso documento Salvatori scioglie un secondo nodo, il principale: “Anche per quanto riguarda la posizione del Ministero, nulla è cambiato e resta ferma la volontà di proseguire l’iter verso l’istituzione della professione sanitaria di odontotecnico”. Una volontà che il Ministero aveva confermato non solo con le parole ma anche con i fatti provvedendo “a suo tempo all’inoltro del testo alla Conferenza Stato Regioni, il cui esame era Stato interrotto a causa della decadenza del Governo”. Dopo l’insediamento dell’Esecutivo, dunque, l’iter del provvedimento ripartirà da dove si era interrotto: dalla Conferenza Stato Regioni.


IN BREVE - Lavoratori in trasferta, obbligatoria la comunicazione all’INAIL

L’azienda che invia i propri lavoratori in trasferta ha l’obbligo di comunicarlo all’Inail. Il chiarimento arriva da una nota dell’Istituto, la numero 2947 del 21 marzo 2008, che ne spiega motivazioni e modalità. In particolare, si legge nel testo, l’obbligo della comunicazione arriva dalla necessità di tracciare l’origine di infortuni e malattie professionali che potrebbero insorgere in ambienti lavorativi diversi da quelli dove normalmente lavora il dipendente o il collaboratore. La nota dell’Istituto conclude con il chiarimento sulla modalità di comunicazione dello spostamento provvisorio. In particolare, anche in assenza di uno specifico modulo, la comunicazione deve contenere le informazioni su datore di lavoro, lavoratore, luogo e durata della trasferta e contenuto della prestazione lavorativa.


Confartigianato al Governo: dalle promesse ai fatti

Non si può dire che durante la campagna elettorale appena conclusa l’artigianato non sia stato al centro dei programmi dei rappresentanti dei principali schieramenti politici. Sia di quelli che hanno poi vinto la sfida elettorale, sia di quelli che non hanno superato il test delle urne. Un’attenzione generale che a marzo il premier in pectore Silvio Berlusconi non aveva mancato di sottolineare, anche se con una battuta. “Il leader del Partito Democratico ha detto che le vostre proposte sono in linea con il suo programma. Se vinciamo noi, siamo evidentemente in sintonia assoluta e totale. Quindi siete in una botte di ferro”. Il nuovo Governo non si è ancora insediato, ma lo farà a breve, al più tardi a metà maggio. La ‘quadra’ dei ministri non è stata ancora raggiunta, ma sembra che non si farà attendere. I tempi, insomma, sembrano maturi per ricordare alla nuova compagine di Governo gli impegni assunti in campagna elettorale con gli artigiani e le priorità degli interventi per restituire forza e competitività alle imprese. Confartigianato ha riepilogato le iniziative, più che auspicate, attese, in un decalogo che l’Ufficio Studi Confederale ha completato indicando i costi relativi ad ogni singola misura. Partendo dalle iniziative a sostegno del mercato del lavoro. Secondo il Segretario Generale di Confartigianato Cesare Fumagalli, il Governo dovrebbe mettere rapidamente in agenda “la riduzione dei premi Inail per le imprese artigiane. Un taglio già deciso con la Finanziaria 2008, ma non ancora attuato”. In sostanza, la richiesta mira all’abolizione del complesso dispositivo di determinazione della riduzione dei premi introdotto dalla Finanziaria 2007, e a destinare i 300 milioni di euro previsti dalla stessa legge al taglio ‘secco’ dei premi, analogamente a quanto già attuato per il 2007. Confartigianato ha stimato in circa 150 milioni di euro i costi dell’operazione, poiché l’applicazione del meccanismo comporta una riduzione per il 2008 già stimata proprio dall’Inail in circa 150 milioni di euro. Altrettanto urgenti sono le misure a sostegno dell’apprendistato. La proposta di Confartigianato – dal costo di circa 90 milioni di euro – prevede l’abolizione del contributo a carico delle imprese fino a 9 dipendenti, per i primi due anni. E’ ancora il Segretario Fumagalli a indicare una terza iniziativa che il governo dovrebbe prevedere con rapidità, anzi, con “immediatezza”. Si tratta della decontribuzione del salario di secondo livello. “Già quattro anni fa – spiega il Segretario Generale di Confartigianato – abbiamo avviato nel nostro settore la contrattazione territoriale. Adesso è possibile dare “rapidissima” attuazione all’abbattimento contributivo sul II livello”. A giustificare l’invito rivolto da Confartigianato al Governo, che si traduce in un sostanziale “fate presto”, pesa il fatto che lo sgravio contributivo sulle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali, sarebbe già cosa fatta, essendo stato introdotto dalla legge 247/2007 con riferimento al triennio 2008-2011. A tener ferma la misura (che vale per gli artigiani 450 milioni di euro) è la mancanza del Decreto ministeriale che fissa i criteri per attuare i benefici di legge. Decreto che il precedente Governo non ha emanato. C’è poi l’importante partita della detassazione del lavoro straordinario per i dipendenti delle imprese fino a 20 addetti. Anche in questo caso, come nei precedenti, l’Ufficio Studi di Confartigianato viene in aiuto del Governo e dà solide basi alla proposta indicando il costo possibile della misura: la detassazione completa ‘vale’ circa 1.300 milioni di euro, quella parziale, ossia l’applicazione di un aliquota secca di imposta del 10%, circa 800 milioni di euro. Sui lavori usuranti, la richiesta di Confartigianato è quella di estendere anche ai lavoratori autonomi gli stessi benefici previsti per i dipendenti. Solo per questi ultimi infatti, la legge 247/2007 prevede un bonus di tre anni sull’età pensionabile. E’poi la volta delle misure fiscali. Dopo la richiesta di innalzamento della franchigia Irap a 15.000 euro per imprese con volume d’affari fino a 180.000 euro, che vale 540 milioni, vengono quelle relative alla semplificazione degli adempimenti. Si tratta di misure che non incidono in senso negativo sui conti dello Stato, ma che contribuirebbero ad alleggerire la vita delle imprese. Con l’abolizione dell’elenco clienti e fornitori, ad esempio, le imprese potrebbero risparmiare 258 milioni di euro, e dalla cessazione dell’obbligo dell’invio dei corrispettivi giornalieri, i milioni di euro risparmiati sarebbero ben 156. Sempre in tema di semplificazioni, passando però dal fisco all’ambiente, Confartigianato sollecita l’eliminazione dei balzelli previsti per l’iscrizione all’Albo dei Gestori ambientali (sezione trasporto in conto proprio). Con un risparmio previsto per le imprese di 34 milioni di euro. Sul capitolo energia la questione di fondo è simile a quella dei lavori usuranti. Se in quel caso ad essere discriminati erano i lavoratori autonomi rispetto a quelli dipendenti, in questo lo sono le piccole imprese rispetto a quelle grandi. Il problema lo spiega chiaramente il Segretario Generale di Confartigianato: “Richiediamo interventi di redistribuzione. Prendiamo il caso delle accise sul chilowattora. Chi oggi consuma più di 200mila kw non paga le accise, le piccole imprese invece, con consumi più contenuti paradossalmente pagano molte più tasse delle grandi imprese. Sono queste le cose che vanno finalmente risistemate dal nuovo Governo che si insedierà”.


Lavoro accessorio, al via la fase sperimentale

Il 12 marzo 2008 il Ministero del Lavoro ha pubblicato un Decreto ministeriale con il quale avvia la fase sperimentale del contratto di lavoro accessorio. Il 27 marzo, una nota dell’Inail ne ha definito le condizioni assicurative e previdenziali. Saranno i lavoratori impiegati nella vendemmia 2008 a testare la nuova forma “contrattuale” che, nel caso di esito soddisfacente, potrà essere allargata anche ad altri settori produttivi. Ma cos’è il lavoro accessorio? In sintesi, tutte le attività di natura occasionale svolte da persone a rischio di esclusione sociale, non ancora entrate nel mondo del lavoro o in procinto di uscirne, come i disoccupati, i pensionati, gli studenti, i disabili, gli utenti di comunità di recupero e gli extracomunitari regolari che hanno perso il posto di lavoro. Istituito nel 2003 dal Decreto n. 276 del Ministero del Lavoro, il lavoro accessorio comprende i piccoli interventi di manutenzione domestica, di edifici e monumenti, l’assistenza domiciliare, la realizzazione di manifestazione sportive e culturali e le vendemmie di breve durata. E saranno proprio i lavoratori delle vendemmie a sperimentare per primi questa nuova disciplina contrattuale. Per farlo, il Ministero del Lavoro ha scelto undici province: Bari, Bolzano, Catania, Latina, Lucca, Milano, Treviso, Udine, Varese, Venezia e Verbania. Di lavoro occasionale si parla, ed è per questo che è stato posto un limite massimo di retribuzione annua. Un lavoratore, infatti, non potrà ricevere da uno stesso datore di lavoro più di 5mila euro in un anno. L’unica eccezione al tetto di retribuzione è prevista per le imprese familiari del commercio, dei servizi e del turismo, per le quali la soglia massima è stata fissata a 10mila euro annui totali. La retribuzione avverrà attraverso dei buoni lavoro, il cui valore nominale è stato fissato dal Ministero del Lavoro a 10 euro lordi. Le aziende acquisteranno i “ticket”, per poi consegnarli ai lavoratori che, a loro volta, li riscuoteranno presso i centri autorizzati. Dagli attuali 10 euro, però, verrà trattenuto il 5% dall’Inps, come costo di gestione del servizio, e le percentuali per i contributi previdenziali e assicurativi.


Contratto a tempo determinato: 36+8 mesi il limite massimo Firmato un avviso comune tra le Organizzazioni artigiane ed i Sindacati che eleva di ulteriori 8 mesi la durata massima del contratto a tempo determinato

Oggi Confartigianato e le altre Organizzazioni dell’artigianato hanno siglato con CGIL, CISL e UIL un avviso comune che consente di superare di ulteriori 8 mesi la durata massima del contratto a termine fissata in 36 mesi dalla recente Legge sul Welfare.Leggere di più