ITALIANE SEMPRE PIU' CAPITANE D'IMPRESA: 1,6 MILIONI, AL TOP NELL'UE. MA LE PARI OPPORTUNITA' SONO ANCORA LONTANE. I servizi pubblici non aiutano a conciliare lavoro e famiglia
Tra le donne italiane cresce la propensione al lavoro indipendente. Lo dimostrano le 363.185 imprenditrici artigiane che tra il 2006 e il 2007 sono aumentate dello 0,8%.Leggere di più
X Convention Donne Impresa
Donne Impresa: Le piccole imprese al femminile reagiscono alla crisi. 363.185 le imprenditrici artigiane: +0,8% nel 2007 - X Convention Nazionale di Confartigianato Donne Impresa Donne Sviluppo Democrazia
Le imprenditrici italiane? Coraggiose e poco aiutate. Dallo Stato e dalla famiglia.
La globalizzazione ha aumentato gli spazi della libertà economica. Ma all’allargamento dei mercati non corrisponde un analogo rafforzamento dei principi di democrazia in ambito sociale e dei rapporti di lavoro. Rimane complessa la condizione delle donne. Perfino di quelle occidentali e da lungo tempo emancipate. Anche delle ‘capitane d’impresa’. Anche in Italia. Soprattutto in Italia: rispetto alle colleghe degli altri paesi a forte industrializzazione, le imprenditrici italiane fanno più fatica a fare impresa. Troppi i bastoni tra ruote. In alcuni casi i freni sono identici a quelli delle imprese guidate dagli uomini, burocrazia e fiscalità esasperate, in primis. In altri casi, riguardano solo loro. Il peso della famiglia, ad esempio, grava principalmente sulle loro spalle. Lo Stato non interviene per alleggerire il carico, o lo fa in maniera episodica: mancano gli asili e chi si prende cura degli anziani. Nel frattempo – ovvero in attesa che si attuino idonee politiche di welfare – le culle rimangono vuote. E le donne lavorano, pur tra molti problemi. Riuscire a conciliare il lavoro con la famiglia rimane il problema principale delle donne imprenditrici. Ma non il solo. Le sfide e i contraccolpi della globalizzazione, in una congiuntura economica sfavorevole a livello internazionale, stanno mettendo a dura prova, infatti, le aziende artigiane al femminile: nel 2007, secondo i rilievi dell’Osservatorio di Confartigianato Donna Impresa, si è avuta una diminuzione del fatturato dell’8,6% rispetto al 2006, con riflessi negativi anche sulla produttività e sull’occupazione femminile: -4,7% di addette dal 2006 al 2007. E’ quanto emerge dalla tavola rotonda “Donne, Sviluppo, Democrazia” organizzata nell’ambito della 10° edizione della Convention nazionale di Confartigianato Donna Impresa, che si è tenuta a Roma dal 9 a 10 luglio. All’incontro, moderato dal giornalista Lamberto Sposini, hanno partecipato il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini, la Presidente di Confartigianato Donne Impresa Rosa Gentile, la Vice presidente del Senato Emma Bonino, il Presidente della Commissione Attività produttive della Camera Andrea Gibelli, il Sindaco di Roma Gianni Alemanno, l’ex ministro della Funzione Pubblica Franco Bassanini, l’editorialista Franco Debenedetti, Tito Boeri dell’Università “L.Bocconi”, Elsa Fornero, professore ordinario di Economia presso l’Università di Torino. I problemi delle donne lavoratrici dei Paesi emergenti chiaramente sono ben diversi da quelli delle ‘colleghe’ dei paesi di “vecchio sviluppo”. Le prime attendono ancora il riconoscimento dei diritti basilari. Le seconde chiedono una presenza più forte nelle istituzioni e un maggior numero di strumenti di welfare per contribuire in modo sempre più rilevante alla crescita economica e sociale del Paese. Secondo Andrea Gibelli siamo ancora lontano dall’incontro dei due mondi, e la globalizzazione, anziché che accelerare il cammino delle donne occidentali, potrebbe addirittura frenarlo. “La globalizzazione ha portato modelli, come quello islamico, che portano indietro l’emancipazione delle donne. Una involuzione culturale”. “Siamo imprenditrici ma non possiamo prescindere da essere donne – spiega Rosa Gentile, Presidente di Confartigianato Donna Impresa –. Come imprenditrici guardiamo al mercato globale con fiducia, decisione e capacità. Le donne sanno stare su un mercato complesso, sapendone cogliere le opportunità. Sanno competere e innovare. Le donne assumono altre donne e investono. Ma abbiamo bisogno di un sistema che ci faccia crescere. Molte donne incominciano a fare impresa solo dopo i 39 anni, e c’è un perché: la donna deve conciliare il lavoro con la famiglia, un compito difficile in un Paese che non investe in servizi sociali”. A rendere ancora più complessa la partita già difficile della globalizzazione, pesa il problema delle regole. Troppe sui mercati europei, troppo poche su quelli internazionali. Lo ha sottolineato il Presidente di Confartigianato Guerrini: “Le imprese italiane, anche quelle capitanate da donne, non temono la concorrenza dei mercati stranieri, ma i recinti protetti. Le regole non sono uguali per tutti. In Europa è stato creato un sistema di regole che ingessa le imprese, mentre ai di fuori dei confini comunitari, è tutto libero. Le istituzioni devono fermarsi e ascoltare le richieste delle imprese”. Il sistema per far crescere le imprenditrici, secondo Franco Bassanini, il super esperto di pubblica amministrazione, chiamato dal presidente Nicolas Sarkozy per contribuire a rinnovare lo Stato francese, deve partire da grandi riforme. Come quelle inserite nel rapporto stilato dalla commisione Attali. “Bisogna affrontare il problema dell’aggressione burocratica. Nessuno vive senza regole, ma quando sono troppe… Non si può affrontare la competizione globale con una palla al piede rappresentata dall’eccesso di adempimenti. Semplificare. Poi uno Stato più veloce. Nel rapporto Attali abbiamo proposto che i rimborsi dello Stato siano fatti entro dieci giorni, diversamente lo Stato deve pagare gli stessi interessi che paga il cittadino. Lo stesso nel caso di forniture allo Stato: pagamento entro 30 giorni”. Per quanto concerne le politiche orientate direttamente alle donne, Bassanini propone, “Più asili e scuole materne. L’individuo nasce lì”. Un parere simile è quello espresso nella tavola rotonda dal Sindaco di Roma Gianni Alemanno. Per Alemanno, “Servono gli asili”. “A Roma ogni anno 10.000 domande rimangono inascoltate. Comunque la formula che propongo non è quella degli asili comunali. I ministeri, le grande imprese devono dotarsi di strutture per accogliere i bambini. Per le piccole imprese, convenzioni a prezzi ragionevoli”. Gli interventi a livello nazionale, devono riguardare anche il fisco e le semplificazioni. “Bisogna creare un terreno fertile per far crescere le imprese, chi lavora deve produrre prodotti e non carta. Bisogna liberare le imprese dal fisco: le piccole devono essere liberate subito. Poi le grandi. Dopo”. Per Franco Debenedetti lo strumento fiscale è la chiave di tutto: “Bisogna detassare il lavoro femminile. Così le donne avranno più soldi e potranno, ad esempio, scegliere tra asilo e baby sitter”. Una proposta che lascia fredda Emma Bonino, che pone l’accento sulla differenza di stipendi tra uomini e donne. “Non ho nulla contro la detassazione, dipende dal livello dello stipendio. Se alla fine rimangono in tasca cento euro, il problema non è risolto”. Secondo Bonino, il rischio di provvedimenti ad hoc per le donne è che queste “alla fine sono troppo protette dalla legge, e quindi poco rispettate”. Una soluzione “potrebbe essere elevare la soglia di accesso alla pensione, e utilizzare quel tempo prima. Le donne hanno bisogno di tempo quando hanno i figli piccoli, quando sono giovani. Andare in pensione prima non serve a molto. Questi soldi potrebbero coprire la realizzazione della rete dei servizi di assistenza”. Contraria alla politica dei ‘contentini tardivi’ anche Elsa Fornero. “In Italia le cose vengono date dopo. Contentini: vanno in pensione prima, e possono fruire del trattamento pensionistico per un tempo maggiore degli uomini perché più longeve”. Per Tito Boeri, come per Emma Bonino, il divario tra gli stipendi degli uomini e quello delle donne è troppo elevato. “Le donne guadagnano il 30% in meno. Le donne in Italia hanno un peso basso, il più basso dell’area Ocse. Con un aggravante. Da noi lavorano di più. Negli altri paesi tra lavoro professionale e informale (quello svolto in casa) le ore impegnate da uomini e donne sono simili. In Italia la forbice è ampia. Le donne lavorano anche il doppio. Le scelte politiche allontanano il problema: l’ultimo Governo, quando ha dovuto scegliere tra realizzare asili nido e tragliare l’Ici, ha favorito quest’ultima misura. Anche l’attuale Dpef ha lasciato fuori le donne”. Poi Boeri indica una strada: “La strada è quella del mercato. In Italia ci sono poche donne manager. Si prefe
Rosa Gentile: “Non possiamo continuare ad accettare le discriminazioni”
“Confartigianato è un sistema forte grazie alle proprie componenti. Donne Impresa è per Confartigianato uno straordinario punto di forza”. Un’indicazione chiara quella espressa dal Segretario generale di Confartigianato, Cesare Fumagalli, intervenuto ad aprire la seconda giornata di lavori della Convention annuale di Donne Impresa. L’Italia non può riprendere il percorso di crescita della produttività senza l’apporto delle donne, imprenditrici, titolari o socie di azienda. “L’Italia - ha aggiunto Fumagalli - deve riprendere il proprio percorso virtuoso di crescita. Il detto mal comune mezzo gaudio non può valere per un Paese come l’Italia che deve confrontarsi con altri cento paesi che fanno registrare tassi di crescita del 5%. Abbiamo calcolato che se l’Italia riuscisse a raggiungere il tasso d’occupazione femminile della media europea, si registrerebbe un incremento dell’occupazione pari a 2,2 milioni di nuovi posti di lavoro, con un aumento del Pil di 150 miliardi di euro”. Il Segretario Fumagalli ha concluso sottolineando come “la crescita italiana, dunque, passa per 1.590.000 imprenditrici italiane che permettono al nostro Paese di farsi vanto del più alto tasso di imprenditorialità femminile dell’Unione Europea”. L’applauso che ha accompagnato il discorso del Segretario generale lascia pensare che le imprenditrici di Confartigianato abbiamo la voglia, l’intraprendenza e la giusta determinazione per diventare parte integrante del processo di rilancio dell’economia del nostro Paese. Mariella Zezza, giornalista televisiva e conduttrice dei lavori del 10 luglio, ha poi introdotto il Premio Sole d’Argento 2008, giunto quest’anno alla quarta edizione. Sul palco è salita la Presidente di Donne Impresa, Rosa Gentile, per premiare il professor Umberto Veronesi, oncologo di fama mondiale. Un premio assegnato “per l’inestimabile contributo dato nella sua vita di medico e di ricercatore alla lotta contro il cancro e per aver diffuso, in special modo fra le donne, la cultura della prevenzione come scelta di vita contro la cultura della incurabilità e della resa”. Un ringraziamento profondo che le duecento imprenditrici riunite al Teatro Capranica di Roma hanno voluto manifestare con un lungo applauso ed una standing ovation cui è seguito il ringraziamento di uno dei più illustri rappresentanti delle medicina oncologica mondiale. “Non ho parole per ringraziarvi - ha debuttato Veronesi - per aver voluto assegnare a me questo prestigioso riconoscimento. Nella mia carriera ho ricevuto tantissimi premi, comprese 10 lauree honoris causa, ma quelli che amo di più sono quelli che ho ricevuto dal mondo femminile. Conosco bene l’animo femminile nella sofferenza, quando una donna è pura, libera, priva di incrostazioni. La donna, a differenza dell’uomo, non ha paura delle grandi difficoltà, degli ostacoli della vita. Li affronta e li combatte con una forza d’animo incredibile. Oggi - ha concluso Veronesi - le donne hanno conquistato posti e traguardi che nell’immediato dopoguerra neanche si pensava fossero raggiungibili. Ma voi, donne e imprenditrici, avete ancora tanto da fare”. La battuta finale del discorso di Umberto Veronesi si è trasformato in un assist perfetto per Enrico Quintavalle, Responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato, salito sul palco del Capranica per presentare il V Osservatorio sull’imprenditoria femminile artigiana 2007. Se è vero, infatti, che tra il 2006 ed il 2007 il numero di artigiane è salito dello 0,8%, arrivando a toccare quota 363.185 imprenditrici, è altrettanto vero che il loro più grande problema resta quello di riuscire a conciliare il lavoro e la famiglia, un problema che nasce dalla carenza di servizi pubblici a disposizione delle famiglie italiane. “Nel nostro Paese - ha sottolineato Quintavalle - soltanto il 13,5% delle imprenditrici utilizza un asilo nido pubblico. Nel Sud la percentuale scende al 5,4%”. Dati che diventano ancora più allarmanti se si considera “l’offerta di posti negli asili nido pubblici: in Italia soltanto l’11,2% dei bambini fino ai due anni frequenta un asilo nido pubblico, mentre la media Ocse è del 22,2%”, ha poi aggiunto, prima di sottolineare come “in Italia la spesa sociale destinata alle famiglie è appena del 4,4%, rispetto alla media europea dell’8%”. Dopo la relazione di Enrico Quintavalle, è intervenuta sul palco la Senatrice Laura Bianconi, portando con sé buone notizie per le imprenditrici italiane. “La volontà del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, Maurizio Sacconi, è quella di apportare importanti modifiche ad una legge, la 53/2000, che allo stato attuale ha fallito il proprio obiettivo. In particolare, vogliamo rivedere gli articoli 9 e 10, quelli su maternità, paternità, famiglie con portatori di handicap ed anziani”. Un messaggio accolto con ancor maggiore soddisfazione quando la Senatrice ha confermato “la volontà del Ministro di offrire pari dignità ed opportunità a tutte le lavoratrici in maternità, eliminando qualsiasi discriminazione tra lavoratrici autonome e dipendenti”, ha concluso la Bianconi. Alla seconda giornata dell’Assemblea Donne Impresa è intervenuta la professoressa Fiorella Kostoris, docente dell’Università la Sapienza di Roma, che ha confermato il quadro non esaltante rilevato da Enrico Quintavalle. “Stando alla situazione attuale, posso affermare con una certa sicurezza che l’Italia non soltanto non raggiungerà gli obiettivi fissati dall’agenda di Lisbona per quanto riguarda l’occupazione femminile, ma ne resterà anche molto lontana. Ad oggi, infatti, in Italia il tasso d’occupazione femminile si attesta sul 47%, ciò vuol dire che nel nostro Paese neanche una donna su due riesce a lavorare. Una percentuale inferiore di 11 punti rispetto alla media europea”. La professoressa Kostoris ha poi passato in rassegna le discriminazioni che penalizzano le donne, come “le difficoltà di entrare nel mercato del lavoro, il diverso trattamento riservato alle lavoratrici ed il differenziale retributivo, per cui, a parità di lavoro, la donna guadagna meno”, consigliando un approccio diffidente ai dati che accolgono favorevolmente l’alto tasso d’occupazione delle giovani lavoratrici. “E’ sbagliato sostenere che oggi va meglio del passato. Le giovani donne, fin dagli anni settanta, hanno sempre avuto un’alta percentuale di occupazione, percentuale che si abbatte regolarmente, oggi come ieri, con l’invecchiamento delle lavoratrici”. La Kostoris ha concluso il proprio intervento proponendo un modello di pari opportunità simile a quello attualmente usato nelle Università americane. “Dove - sottolinea - si controllano le assunzioni dei professori, con i capi dipartimento chiamati ad offrire spiegazioni sulle eventuali discriminazioni di assunzione tra uomini e donne. Un modello di controllo soffice, a trecentosessanta gradi e particolarmente efficace. Il problema del nostro Paese - ha concluso - è che se in Italia le donne non lavorano, è perché nessuno le ha cercate”. La seconda parte della mattinata è stata dedicata alla tavola rotonda “L’economia e il mercato globale: nuove sfide ed opportunità per le donne”, moderata dalla giornalista televisiva Mariella Zezza. Al dibattito hanno partecipato l’imprenditrice Anna Carrer, la professoressa Fiorella Kostoris, il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Adolfo Urso, ed il sottosegretario al Lavoro, alla Salute e alle Politiche Sociali, Pasquale Viespoli. Urso ha sottolineato come, in rapporto ai flussi della globalizzazione, “la donna sembra essere molto più attiva dell’uomo nel processo di globalizzazione. Un recente studio, ad esempio, ha dimostrato come le donne musulmane siano molto più propense all’integrazione culturale rispetto agli uomini. O come le donne di diverse aree del cosiddetto Terzo Mondo siano più abili e attive nell’accedere al microcredito”. Una visione positiva dell’imprenditoria femminile che il sottosegretario allo Sviluppo Economico ha confermato quando gli è stato chiesto quali s
Rinnovato il contratto di lavoro del settore acconciatura ed estetica: 95 euro in più in busta paga
I 200.000 dipendenti delle 126.000 imprese artigiane di acconciatura, estetica, tricologia non curativa, tatuaggio, piercing hanno un nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro. L’intesa, siglata il 7 luglio da Confartigianato e dalle altre Organizzazioni di categoria dell’artigianato ed i sindacati di categoria Cgil Cisl e Uil, prevede un aumento medio mensile in busta paga di 95 euro (riferito al terzo livello), oltre all’erogazione di una somma una tantum di 470 euro, a copertura del periodo di vacanza contrattuale. Gli incrementi salariali saranno corrisposti in due tranches di pari importo, la prima a decorrere dal prossimo agosto, la secondo dal mese di novembre. Nel contratto viene disciplinato l’apprendistato professionalizzante ed è prevista una maggiore possibilità per le imprese di utilizzare i contratti a termine e part time. “Un buon risultato sia per i lavoratori sia per le imprese. Con l’accordo ci siamo impegnati ad allineare i salari all’aumento dell’inflazione”. Questo il parere condiviso dal Presidente di Confartigianato Acconciatori Gualfrando Velo e dalla Presidente di Confartigianato Estetica Anna Parpagiolla che hanno espresso soddisfazione per la firma dell’intesa. Sottolineati some positivi anche “gli elementi di flessibilità previsti dal contratto e la valorizzazione del nuovo modello di apprendistato professionalizzante, istituto qualificante e peculiare dell’artigianato”.
OGGI A ROMA L'ASSEMBLEA ANNUALE DI FEDART FIDI Il Presidente di Fedart Fidi Daniele Alberani: Confidi indispensabili per dare credito alle piccole imprese: 5,4 mld i finanziamenti garantiti in un anno. Il 42% degli artigiani chiede aiuto ai Consorzi fidi
ìI Consorzi Fidi si confermano strumento indispensabile per facilitare l'accesso al credito da parte di artigiani e piccole imprese e quindi per stimolare investimenti e nuova occupazione: infatti, il 42% degli artigiani chiede aiuto ai Confidi per ottenere i finanziamenti necessari allo sviluppo dell'impresa.
Lo ha sottolineato Daniele Alberani, Presidente di Fedart Fidi, durante líAssemblea annuale, svoltasi oggi a Roma, della Federazione Nazionale Unitaria dei 251 Consorzi e Cooperative Artigiane di Garanzia promossa da Confartigianato, Cna e Casartigiani.
I Confidi aderenti a Fedart Fidi ñ sottolinea Alberani - hanno garantito in un anno 5,4
miliardi di finanziamenti a 693.096 piccole imprese. Queste cifre dimostrano la necessit‡ di
sostenere e rilanciare il ruolo dei Consorzi Fidi attraverso la definizione di un quadro normativo
che ne semplifichi líattivit‡ oggi ostacolata e penalizzata da oneri burocratici e inutili
incombenzeî.
ìIl rafforzamento dei Confidi Ë tanto pi ̆ indispensabile ñ ha aggiunto il Presidente di Fedart
Fidi ñ se si considerano i recenti fenomeni che hanno riguardato il mondo del credito:
líapplicazione dellíaccordo di Basilea 2, le aggregazioni e fusioni bancarie che hanno allontanato gli
istituti dai territori di riferimento, la crisi internazionale dei mutui subprime. Tutto ciÚ ha influito in
modo preoccupante sul rapporto tra banche e piccole imprese, con una progressiva riduzione della
Roma, 8 luglio 2008
liquidit‡ disponibile e un processo di innalzamento dei tassi e di razionamento del creditoî.
Il Presidente Alberani ha tracciato un bilancio dellíattivit‡ dei Confidi artigiani che, dalla
costituzione di Fedart Fidi nel 1994 ad oggi, hanno prestato garanzie per oltre 47 miliardi agli
artigiani e alle piccole imprese.
Nel 2006 i Confidi aderenti a Fedart Fidi hanno in essere finanziamenti garantiti per circa 9,6
miliardi di Euro (+ 5,4% rispetto al 2005). Il 58% dei finanziamenti garantiti dai Confidi Ë a
medio/lungo termine. Un risultato positivo soprattutto se si confronta con la quota del 52,6% di
finanziamenti a medio-lungo termine nel credito ordinario all'artigianato. La classifica delle regioni
pi ̆ attive vede in testa il Veneto con 1.150 milioni di euro di finanziamenti garantiti nel 2006 dai
Confidi artigiani. Al secondo posto líEmilia Romagna con 740 milioni, al terzo posto la Lombardia
con 714 milioni. Ultimo posto per la Basilicata con 8,5 milioni di finanziamenti garantiti. Ma anche
nel Sud i Confidi possono avere un ruolo fondamentale per sostenere lo sviluppo delle piccole
imprese.
A confermare l'efficienza e l'efficacia con cui i Confidi conducono l'istruttoria di fido e valutano
l'affidabilit‡ delle imprese Ë il tasso di insolvenza contenuto su una media nazionale del 2% e
nettamente inferiore rispetto al dato delle sofferenze complessive del sistema bancario. ìFedart
Fidi - ha detto il Presidente Alberani - Ë impegnata in un processo di razionalizzazione delle
strutture consortili per adeguarle alle regole di Basilea 2 e alle nuove disposizioni del Testo Unico
Bancario. Vogliamo essere allíaltezza della domanda espressa dalle nostre imprese che sono
sempre pi ̆ esigenti per ciÚ che riguarda la qualit‡ e le condizioni del credito, la personalizzazione
dei prodotti e dei servizi finanziariî. Il Consiglio Direttivo di Fedart Fidi ha inoltre nominato il
nuovo Coordinatore della Federazione, in rappresentanza di Confartigianato, nella persona di
Luciano Consolati il quale coordiner‡ líattivit‡ di Fedart Fidi insieme con Leonardo Nafissi,
anchíegli di recente nomina da parte di Cna.