Autotrasporto merci: risposta Ministero Trasporti
AUTOTRASPORTO MERCI: Il Presidente di Confartigianato Trasporti, Francesco Del Boca: Dal Ministero dei Trasporti ancora nessuna risposta
Il Consiglio dei Ministri apre agli Ncc
Il Consiglio dei Ministri ha approvato “un emendamento che abroga le norme contenute nella conversione del decreto “Milleproroghe” in tema di limitazioni all’attività di autonoleggio con conducente”. Come non detto, quindi. Il Governo ha fatto marcia indietro, annunciando che le limitazioni imposte all’operatività dei noleggiatori con conducente, previste dal Milleproroghe, verranno annullate con un emendamento di prossima conversione. “L’emendamento - si legge nella nota diffusa alla stampa - sarà inserito nel decreto-legge sugli incentivi al settore dell’auto, di prossima conversione, così da rendere praticamente inapplicabile la normativa che aveva destato gravi preoccupazioni nel settore dell’autonoleggio”. Un sospiro di sollievo per gli Ncc, un coro di proteste per i tassisti. Ma chi pensava ad una lotta serrata si sbagliava. Tassisti e noleggiatori con conducente, le due categorie del trasporto persone finite al centro delle polemiche politiche degli ultimi giorni, non sembrano intenzionati a dar vita ad una stagione di proteste e accuse reciproche. Lo hanno dimostrato il 3 marzo, quando si sono incontrati alla prima riunione del tavolo tecnico presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, alla quale hanno partecipato le sigle delle rispettive categorie del Sistema Confartigianato. Dall’incontro al Ministero è emersa la comune volontà di trasformare quel tavolo in una sede di confronto permanente. Gli Ncc hanno espresso la volontà di procedere ad “un monitoraggio della situazione del settore del trasporto persone mediante autoservizi pubblici non di linea per poi decidere la strada da seguire”. “Norme chiare che definiscano gli ambiti operativi e le rispettive peculiarità”, ha confermato l’UNA TAXI Italiano, confermando la posizione espressa anche dai rappresentanti del Ministero. L’obiettivo finale è quello di regolamentare in maniera definitiva il settore, mettendo al bando gli abusivi, riconoscendo le reciproche professionalità ed aggiornando quella legge, la 21/1992, che da quasi 20 anni disciplina il settore.
Sicurezza alimentare, due emendamenti ‘disinnescano’ la 193/2007
Un emendamento alla legge Comunitaria 2008, approvato dal Senato lo scorso 11 marzo, ha aperto la strada alla revisione di alcune delle parti più controverse del Decreto Legislativo 193/2007 relativo ai controlli in materia di sicurezza alimentare. L’emendamento, sollecitato da Confartigianato, reintroduce le semplificazioni delle procedure di autocontrollo nelle micro e piccole imprese in conformità ai criteri di ‘flessibilità’ riconosciuti dal Regolamento comunitario 852/2004. Ripristinata anche la ‘compliance’ tra operatori del settore alimentare e organi di controllo che il Dlg. 193/2007 aveva cancellato: la prescrizione a ‘priori’ deve precedere sempre l’elevazione di una sanzione. Restando alle sanzioni, un secondo emendamento alla legge Comunitaria 2008, anche questo sollecitato da Confartigianato e il cui iter è in dirittura d’arrivo, introduce un’importantissima novità per le piccole imprese: l’applicazione delle sanzioni per le inosservanze alla normativa sulla sicurezza alimentare dovrà essere proporzionale alla dimensione dell’impresa ed al relativo fatturato. Un principio rivoluzionario che avrà come conseguenza diretta il fatto che una micro impresa non correrà più il rischio di vedersi comminate maxi multe fino a 500.000 euro. Dunque, grazie agli interventi Confederali, il decreto legislativo 193/2007 potrebbe a breve cambiare faccia, avvicinandosi allo spirito del Regolamento 852/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, che ha introdotto la “flessibilità” nel sistema HCCP per renderlo applicabile “in qualsiasi situazione, anche nelle piccole imprese”. Una flessibilità che il regolamento estende anche alla conservazione dei documenti, che deve essere elastica “onde evitare oneri inutili per le piccole imprese”. Il buon senso del legislatore comunitario ha previsto poi che i requisiti del sistema di autocontrollo debbano “permettere di continuare ad utilizzare metodi tradizionali in ogni fase della produzione, trasformazione o distribuzione di alimenti e in relazione ai requisiti strutturali degli stabilimenti”. Di tanta flessibilità non c’è traccia nel decreto legislativo 193/2007 con cui l’Italia ha dato attuazione alla direttiva 2004/41 e applicazione dei relativi regolamenti. Anzi, non solo non ha semplificato e reso flessibile l’applicazione dell’HACCP nelle piccole imprese, ma ha anche abbattuto uno dei pilastri D.Lgs 155/97 che ha introdotto l’autocontrollo in Italia: la collaborazione tra gli operatori del settore alimentare e gli organi ispettivi. Il D.Lgs 193/2007, infatti, ha abrogato la “prescrizione a priori” sostituendola con sanzioni preventive, con un aggravamento dei livelli sanzionatori.
Giovani imprenditori pronti a sfidare la crisi
“I giovani imprenditori di Confartigianato sono pronti a sfidare la crisi. Siamo pronti, ma non vogliamo essere trattati da imprenditori di serie B o che ci si ricordi della piccola impresa come risorsa del Paese solo in campagna elettorale. Aspettiamo fiduciosi che, dopo i numerosi provvedimenti anticrisi, dopo le banche, l’Alitalia e la Fiat, arrivi anche il momento delle piccole imprese. E non possiamo accontentarci di un Tavolo per le PMI annunciato dal Ministro Scajola il 25 settembre dello scorso anno e che sarà convocato solo il prossimo 18 marzo”. Parole sicure, convinte e decise quelle con cui Marco Colombo ha aperto l’Assemblea nazionale dei Giovani imprenditori di Confartigianato, che dal 6 al 7 marzo si è svolta al Convitto della Calza di Firenze. “Dobbiamo continuare a lavorare con la nostra voglia di fare impresa, con la voglia di far crescere la società, con la voglia di mantenere e creare posti di lavoro e di dare garanzie ai nostri dipendenti”. Questa la missione accettata dagli oltre 450 giovani imprenditori presenti a Firenze, per una due giorni ricca di eventi, incontri e confronti. Tre le tavole rotonde organizzate per approfondire altrettanti temi. Dallo stato di salute dell’imprenditoria giovanile italiana alle potenzialità occupazionali dell’artigianato. Temi che Nicola Porro, Vice direttore de “Il Giornale” e moderatore dell’intera due giorni, ha riproposto in un’intervista al Ministro per la Funzione pubblica, Renato Brunetta, intervenuto per confrontarsi con la platea dei giovani imprenditori di Confartigianato. Classe politica che si è alternata nel corso della manifestazione con gli interventi di Pierferdinando Casini, leader dell’UDC, Mario Baldassarri (PdL), Presidente della Commissione Finanze del Senato, dei deputati Maurizio Del Tenno (PdL), Michele Ventura (PD) e Pina Picierno (PD), e di Matteo Renzi, Presidente della Provincia di Firenze. Non potevano mancare i massimi esponenti delle parti sociali, il Segretario nazionale della Cisl, Raffaele Bonanni e il Presidente di Confartigianato, Giorgio Guerrini, portavoce delle esigenze imprenditoriali italiane nel confronto con il sistema bancario italiano, rappresentato da Roberto Nicastro, Deputy CEO di Unicredit Group, e Daniele Alberani, Presidente di Fedart Fidi. A fare gli onori di casa, il Presidente di Confartigianato Toscana, Fabio Banti, e Lorenzo Foglia, Presidente dei Giovani Imprenditori della Toscana, intervenuti per analizzare e commentare i numeri del 3° “Osservatorio sull’imprenditoria giovanile artigiana” presentato da Enrico Quintavalle, Responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato.
Artigianato ed innovazione, la carica dei 600mila giovani imprenditori italiani
“Tradizione familiare ed innovazione”. L’imprenditoria giovanile artigiana si potrebbe racchiudere in questi due valori, due certezze, due modi di essere e di vivere il fare impresa in Italia. Lo ha detto senza mezzi termini Enrico Quintavalle, Responsabile nazionale dell’Ufficio Studi di Confartigianato, presentando alla platea di Firenze i numeri del 3° “Osservatorio sull’imprenditoria giovanile artigiana” di Confartigianato. In Italia, oggi, operano 593.645 imprenditori artigiani con meno di 40 anni. Un numero che cresce, +7,5% rispetto al 2008, e che rappresenta il futuro di quell’artigianato che da sempre, a ragione, viene considerato la spina dorsale produttiva del Paese. La forte motivazione a continuare la tradizione familiare è la molla che li ha portati a capo dell’impresa di famiglia. Ma l’artigianato è tradizione e al tempo stesso innovazione. Un binomio che ben si adatta ai giovani imprenditori artigiani. Alle loro spalle ci sono storie lunghe anche secoli. Davanti a loro, invece, c’è il futuro. Ma non sarà una sfida facile. Ogni giorno, secondo l’immagine impressa dall’Osservatorio di Confartigianato, anche le loro imprese sono costrette a muoversi tra gli ostacoli burocratici e le falle del mercato italiano, con una giustizia troppo lenta per i ritmi del fare impresa e una scuola che non crede nel saper fare. Ultima, ma soltanto in ordine d’apparizione, la crisi finanziaria e la conseguente stretta creditizia. Per i giovani artigiani non è facile vivere da imprenditore in Italia. Ma non per questo rinunciano a farlo. “Le imprese, ed in particolare i giovani imprenditori, non vogliono privilegi o aiuti”, chiedono soltanto di “poter lavorare, di poter aver accesso al credito, di poter essere liberi da quei lacci e lacciuoli che comprimono la capacità competitiva, la creatività, la libertà di fare impresa, la fierezza di essere artigiani”. Lo ha ricordato Marco Colombo nel discorso d’apertura, lo hanno ribadito i numeri del 3° “Osservatorio sull’imprenditoria giovanile artigiana” di Confartigianato. <p></p> <b>L’identikit dei giovani imprenditori</b> Sono 593.645 gli imprenditori artigiani con meno di 40 anni che oggi guidano la propria impresa. In media hanno 35 anni, un titolo di studio medio-alto e per avviare l’impresa hanno utilizzato risorse proprie, senza avvalersi di finanziamenti pubblici. La maggior parte di loro, secondo le stime elaborate dall’Ufficio Studi di Confartigianato, opera in Lombardia (110.614 imprenditori), in Emilia Romagna (60.826) ed in Veneto (60.610). L’Italia settentrionale dimostra di avere il maggior numero di imprenditori Under 40, ma è nel Sud che si registra la maggior incidenza di giovani rispetto al totale degli artigiani. In Calabria, il 34,5% degli imprenditori ha meno di 40 anni, seguono Campania, Piemonte, unica regione settentrionale ha meritarsi un posto d’onore in questa speciale classifica, e poi Puglia e Sicilia. Il 43,6% dei giovani artigiani guida un’impresa del settore costruzioni, il 27,7% del manifatturiero, il 17,2% dei servizi alle persone ed il 9,6% dei servizi alle imprese. Sono diventati artigiani perché spinti dalla voglia di proseguire la tradizione familiare (39,5%), dall’ambizione personale (20%) e dal desiderio di mettersi in proprio (18,3%). Più di un imprenditore su quattro ha fondato la propria azienda (26,9%), gli altri la hanno ereditata (24,7%), rilevata subentrando ai familiari (19,6%) o affiancandoli (16,6%). <b>L’occupazione delle imprese</b> Nel 2008 l’occupazione creata dalle imprese artigiane guidate da giovani imprenditori è aumentata, rispetto al 2007, dello 0,4%. Nel 2009, nonostante la crisi e le difficoltà dei mercati internazionali, dovrebbe crescere di un altro 0,3%. Dati che confermano una volta di più le capacità occupazionali delle piccole imprese. Occupazione stabile, l’87,2% dei giovani imprenditori assume a tempo indeterminato. Nel corso del 2008, l’80% degli imprenditori ha lasciato invariato il numero dei dipendenti occupati dalla propria impresa. Nel 2009, quella percentuale è destinata a salire fino all’88,7%. L’artigianato offre lavoro stabile e qualificato, ma non trova chi vuole occupare quei posti di lavoro. Alla faccia della disoccupazione, del precariato e dei call-center, infatti, l’artigianato continua a vivere una vera e propria emergenza manodopera. Secondo le stime di Confartigianato, il 32% dei posti di lavoro disponibili nell’artigianato resterà scoperto. Una percentuale che, tradotta in numeri, equivale a circa 53mila posti di lavoro rimasti scoperti. Se gli imprenditori hanno cercato e i lavoratori non hanno risposto è per la difficoltà di reperire personale qualificato o con una precedente esperienza lavorativa specifica. Questa la motivazione espressa dal 43,2% dei giovani imprenditori intervistati. A seguire, tra le principali cause di difficoltà nel reperimento di manodopera, c’è la mancanza di strutture formative adeguate (23,5%) e la scarsa disponibilità ad orari e mansioni flessibili manifestata dai lavoratori (14,8%). Per trovare il profilo richiesto, un imprenditore impiega in media 4 mesi, che diventano 6 per le imprese dei servizi alle persone. Per avvicinare i giovani al mondo del lavoro, gli imprenditori hanno sottolineato la necessità di ridurre l’attuale distanza tra scuola e imprese (29,2%), valorizzando maggiormente la formazione professionale (18,6%) e orientando i giovani ad analizzare gli sbocchi del mercato prima di scegliere il percorso scolastico (18,4%). In uno scenario simile, l’apprendistato professionalizzante resta la strada migliore per completare un percorso formativo efficace e realmente capace di avviare i giovani al lavoro. Non deve essere un caso se 8 imprenditori su 10 assumono gli apprendisti al termine del periodo d’apprendistato. <b>Crisi finanziaria e credito alle imprese</b> In appena un mese, da dicembre 2008 a gennaio 2009, è aumentata di quasi quattro punti percentuali, dal 26,2% al 30,9%, la quota di giovani imprenditori che ha subito un irrigidimento del comportamento delle banche nei propri confronti. Un dato che, affiancato agli altri raccolti ed elaborati dall’Ufficio Studi di Confartigianato, contribuisce a rappresentare la problematica cornice dei rapporti tra banche ed imprese, difficile da sempre, diventata insostenibile con l’esplosione della crisi. A gennaio il 41,3% degli intervistati ha denunciato l’aumento delle garanzie richieste dagli istituti di credito, mentre il 30,7% dei giovani artigiani ha accusato l’aumento spropositato ed ingiustificato di spread e costi bancari. Queste stesse due voci, secondo una rilevazione effettuata a dicembre, si fermavano rispettivamente al 20% e al 23,8%. A queste problematiche vanno aggiunte le lungaggini burocratiche, che il 12,3% degli intervistati giudica un ostacolo nei rapporti con le banche. Se queste ultime hanno ristretto i tempi per il rientro dei crediti concessi alle imprese, la pubblica amministrazione continua a far penare gli imprenditori. Per incassare i pagamenti, ogni artigiano deve aspettare in media 3,8 mesi, con punte che superano anche i 5 mesi. La crisi si fa sentire e gli istituti bancari scaricano su imprese e cittadini la mancanza di liquidità e gli errori commessi dalle banche d’investimento americane. Ciò nonostante, i giovani imprenditori non sembrano intenzionati a farsi travolgere da questo tsunami finanziario. Nel corso del 2008, infatti, il 35,9% delle aziende ha operato investimenti per lo sviluppo dell’azienda, sopratutto per sostituire e rinnovare attrezzature (64%), con il risultato principale di conseguire una maggiore produttività del lavoro (54,5%). Una determinazione a potenziare la propria impresa testimoniata anche dal fatto che, per finanziare gli investimenti, ben il 39,7% delle imprese ha impiegato risorse proprie.
Le piccole imprese pagano il prezzo più alto della stretta creditizia CRISI: le Confederazioni delle Pmi chiedono incontro urgente al Presidente dell’Abi Faissola
Affrontare, attraverso l’avvio di un tavolo di confronto costruttivo, la revisione dei modelli di valutazione delle banche per la concessione del credito alle piccole e medie imprese, alla luce dell’attuale crisi economica che rischia di vanificare ogni iniziativa Leggere di più