Il Governo alla prova delle semplificazioni
In pochi mesi gli impegni del Governo per semplificare la vita degli imprenditori sono diventati norme dello Stato. Le buone intenzioni non mancano: il decreto ‘Semplifica Italia’, convertito in legge alcuni giorni fa, promette molte delle cose che Confartigianato sollecita per ridurre i 23 miliardi di costi burocratici sopportati ogni anno dagli imprenditori italiani. Ad esempio, in materia di controlli sulle aziende, l’impegno è di tagliare adempimenti inutili per evitare duplicazioni delle verifiche. Da gennaio 2013 meno oneri anche per partecipare alle gare d’appalto. Grazie alla Banca dati unica le amministrazioni potranno consultare per via telematica la documentazione ed effettuare i controlli sul possesso dei requisiti, senza richiederli alle imprese. Scomparirà poi l’obbligo di predisporre e aggiornare il documento programmatico sulla sicurezza previsto dal codice sulla privacy. Tra le novità, anche l’autorizzazione unica ambientale che sarà rilasciata da un solo ente. Modifiche poi al Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza per eliminare oneri e autorizzazioni ormai anacronistiche. Inoltre, verrà tolta una inutile duplicazione nelle certificazioni di conformità degli impianti. E ancora, a partire dal primo gennaio 2014, nella Pubblica amministrazione saranno utilizzati esclusivamente i canali e i servizi telematici, compresa la posta elettronica certificata. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge sulle semplificazioni sarà adottato un piano triennale (2012-2015) per ridurre le spese nel settore pubblico. Contemporaneamente scatterà un piano triennale per misurare i tempi dei procedimenti amministrativi e ridurre gli oneri regolatori che pesano su imprese e cittadini. E se proprio dovranno arrivare nuovi costi, lo Stato sarà obbligato ad eliminarne altri per evitare che si sommino sulle spalle degli imprenditori. Per far decollare la riforma, inizierà una fase di sperimentazione in alcune zone d’Italia dove le imprese potranno volontariamente offrirsi di partecipare al test. Insomma, le premesse per rivoluzionare la vita degli italiani ci sono tutte: ma ora si tratta di passare rapidamente dagli impegni ai fatti. Le norme contenute nel decreto Semplifica Italia rinviano infatti a successivi provvedimenti di attuazione. Quindi il rischio da evitare è che i buoni propositi rimangano soltanto scritti sulla Gazzetta Ufficiale e che per avere risultati concreti occorra aspettare ancor tanto, troppo tempo.
Da Confartigianato AsoloMontebelluna una task force per sostenere gli imprenditori del Nord Est
In neppure due mesi di attività ha raccolto decine di appelli di imprenditori piegati dalla crisi. «Life Auxilium» è la rete di sostegno promossa Confartigianato AsoloMontebeluna, una segreteria telefonica sempre attiva, uno sportello con operatori pronti ad ascoltare ma soprattutto a sostenere con strumenti reali chi non riesce più a far fronte al peso pratico e psicologico di fisco, banche, ritardi di pagamento, cartelle esattoriali. <i>«La maggior parte delle telefonate di imprenditori che si sono rivolti al nostro sportello sono connesse a problemi legati al credito </i>– spiega il presidente di Confartigianato AsoloMontebelluna Stefano Zanatta.<i> Credito, perché non riescono ad avere credito dalle banche, credito perché non ottengono pagamenti dalle imprese per le quali hanno fatto i lavori. E quando le casse sono vuote è impossibile soddisfare le richieste di lavoratori e fornitori, per non dire quelle di Equitalia. Gli imprenditori che ci chiamano non sono evasori, vogliono pagare i propri debiti ma sono impossibilitati a farlo».</i> Al primo contatto telefonico segue un’incontro, si stila un piano di intervento a cui si può affiancare, a seconda dei casi, la consulenza gratuita di un avvocato o di uno psicologo. Il centro, opera fianco a fianco con i servizi del territorio: uffici comunali, Unità sanitaria locale, Caritas. E in tempi strettissimi arriva l’aiuto: aiuto a tenere aperta l’attività o a chiuderla se mancano i presupposti per mandarla avanti. <i>«Io </i>– rimarca Zanatta -<i> la chiamo l’eutanasia dell’azienda. Se c’è bisogno di fare questo dobbiamo farlo per non trascinare situazioni che possono peggiorare rispetto al presente». </i> A telefonare al numero di Confartigianato AsoloMontebelluna non sono solo gli imprenditori veneti, o i loro famigliari, gli sos arrivano da tutto il Paese. La crisi, infatti, ha riunito sotto lo stesso cappello realtà produttive di territori prima distanti, ma nel nord est l’umiliazione di veder sgretolare in pochi mesi il lavoro di anni può avere esiti più drammatici che altrove. In Veneto, dal 2009 a oggi, una cinquantina di imprenditori si è tolta la vita per motivi economici, una lista che si aggiorna con rapidità preoccupante. Una situazione che lo psicoterapeuta Piero Munaro del cento Eidos di Treviso, autore di una ricerca che ha analizzato come gli imprenditori di questi teritori hanno reagito alla crisi, spiega così.<i> «Nel Veneto c’è una cultura che può essere considerata lavora, lavora, lavora. Dove la dimensione lavorativa è molto significativa e molto importante. E’ chiaro che nel momento in cui questa dimensione non riesce più a funzionare, questo crea una grossa difficoltà all’imprenditore».</i>
RINNOVABILI - Guerrini: “Il quinto Conto Energia penalizza i piccoli impianti che danno lavoro a 150.000 persone”
“Il quinto Conto energia rischia di penalizzare il mercato libero dei piccoli impianti di energie rinnovabili e della microgenerazione distribuita in cui operano 85.000 imprese che danno lavoro a 150.000 persone”.Leggere di più
Ikea produce in Italia - Cesare Fumagalli: “Scelta che premia qualità made in Italy. Ma ora ridurre subito costo del lavoro ed eliminare oneri Inail”
“La scelta di Ikea di produrre nel nostro Paese premia l’Italia delle ‘quattro A’ abbigliamento-moda, arredamento, alimentari, apparecchiature industriali, vale a dire i settori trainanti del made in Italy”.Leggere di più
Il Governo cerca soluzioni contro i ritardi di pagamento
Il Governo sta lottando contro i vincoli di finanza pubblica per tentare di risolvere uno dei problemi che mette in ginocchio gli imprenditori: i ritardi di pagamento della Pubblica Amministrazione. Un vero e proprio dramma che Confartigianato chiede di affrontare con interventi immediati e straordinari, come la compensazione tra i crediti vantati nei confronti degli Enti pubblici e le imposte da pagare al fisco. Secondo la Confederazione, questa misura potrebbe allentare la catena perversa che soffoca le piccole imprese e che è fatta di clienti che non pagano, come gli Enti pubblici, credito sempre più difficile da ottenere, pressione fiscale e burocratica sempre più elevata. Intanto, la prima mossa per tentare di saldare i debiti maturati verso le imprese, il Governo l’aveva compiuta a gennaio con il decreto CresciItalia che prevede uno stanziamento di 5,7 miliardi. Di questi, 2 miliardi sono utilizzabili per rimborsi alle imprese attraverso titoli di Stato e 2,7 miliardi sono destinati alle compensazioni di crediti d’imposta. Un primo segnale che, però, lascia pressochè inalterata la mole di quasi 100 miliardi di crediti insoluti accumulati in questi anni dalle imprese. E proprio per certificare la quantità di denaro atteso dalle aziende, si è messa al lavoro una task force composta da esperti del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’Economia e della Ragioneria Generale dello Stato. Una volta messe a fuoco le cifre, l’Esecutivo cercherà la strada per restituire i soldi agli imprenditori. Ma non è facile perché sulla restituzione delle somme da parte degli Enti pubblici incombono i vincoli del patto di stabilità che bloccano le spese delle Amministrazioni. Insieme al Governo, si sta muovendo anche il Parlamento. La scorsa settimana ha approvato la cessione ‘pro solvendo’ del credito. In pratica, un’azienda che attende i soldi da un ente pubblico potrà cedere il suo credito ad una banca che a sua volta si rifarà sulla Pubblica amministrazione. Un meccanismo in apparenza efficace se non fosse che l’impresa rimane garante della solvibilità dell’Ente pubblico e quindi responsabile di eventuali inadempienze nei confronti della banca. In ogni caso, il meccanismo, approvato dal Senato all’interno del decreto sulle semplificazioni fiscali, deve ora passare al vaglio della Camera e, una volta convertito in legge, servirà un decreto del Ministero dell’Economia perché possa essere applicato. Quindi tempi lunghi che mal si conciliano con l’emergenza vissuta dalle imprese e con l’urgenza di affrontare il problema anche per il futuro. Confartigianato continua infatti a chiedere il recepimento della direttiva europea che fissa a 30 giorni il termine di pagamento nelle transazioni tra imprese e pubblica amministrazione. La scadenza per attuare in Italia la direttiva è fissata a marzo 2013. Il Ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera si era impegnato addirittura ad anticipare questa data ma finora nulla è avvenuto. A mettere fretta al Governo è proprio Bruxelles. Pochi giorni fa il Vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani è arrivato a minacciare una procedura d’infrazione a carico del nostro Paese per il mancato recepimento della direttiva nei tempi stabiliti dall’Unione europea.
Debutto di fuoco per la nuova imposta sul mattone
Dopo l’allarme lanciato dai Caf e le incertezze su come e quando pagare l’Imu, a cui il Governo ha dato risposta con una serie di emendamenti al decreto Semplificazione, resta ancora in piedi il rebus più difficile da risolvere: quanto costerà a famiglie e imprese la nuova tassa sul mattone? Al momento nessuno può dirlo con esattezza. Per fare i conti bisognerà attendere l’autunno quando si potranno sommare le aliquote deliberate dai Comuni a quelle di pertinenza dello Stato che il Governo fisserà entro luglio. A questo punto occorrerà aggiungere la rivalutazione degli estimi catastali che scatterà quest’anno. Il conto si presume pesante. L’intenzione di fare cassa attraverso l’imposta, infatti, stuzzica tanto il Governo quanto i Comuni che guardano all’IMU come a un rimedio provvidenziale per far quadrare bilanci duramente provati dai tagli. Il gettito complessivo previsto dell’imposta è di 21 miliardi di euro. Le amministrazioni locali potrebbero però far lievitare la cifra fino alla soglia di 30 miliardi applicando alle aliquote standard un ulteriore 2 o 3 per mille. In attesa di conoscere l’entità complessiva della mazzata, il prossimo 18 giugno i possessori di immobili saranno chiamati a versare un acconto, il conteggio sarà fatto con le aliquote della vecchia ICI: il 4 per mille per le abitazioni principali e il 7,6 per mille per le seconde case e gli immobili d’impresa. Con il conguaglio di fine anno arriverà il conto più salato perché scenderanno in campo le aliquote aggiuntive comunali. Insomma, per i proprietari di immobili il 2012 rischia di diventare una lunga via crucis che da Pasqua potrebbe arrivare fino a Natale. Sulla vicenda abbiamo sentito il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini.<b> <b>Presidente, l’Imu rischia di avere un impatto davvero molto negativo sui bilanci delle piccole imprese già provati dalla crisi. L’Ufficio studi di Confartigianato ha fatto una stima che parla di un aggravio nell’ordine dei miliardi di euro. Può commentare di dati?</b> </b>«Innanzitutto, in un momento economico difficile come questo ulteriori tasse credo che siano l’ultima cosa che dovremmo fare. Se noi guardiamo quanto incideva sugli immobili produttivi la vecchia Ici - sono i dati del 2010 - l’impatto totale era di 4.667 milioni di euro. Con la nuova aliquota dell’IMU portata al 7,6 per mille, quella più bassa, il gettito previsto sarà di 7.551 milioni di euro, con un aumento stimato di oltre il 61%. Se poi i sindaci applicheranno l’addizionale maggiore che è un ulteriore 3 per mille sull’aliquota, saliamo al 10,6 per mille con un gettito stimato totale, solo sugli immobili produttivi, di 10.531 milioni. Non mi sembra che in un periodo economico come questo sia la miglior cosa da fare». <b>La stangata è prevista per dicembre quando le imprese oltre a versare il saldo dell’Imu dovranno pagare anche altre tasse.</b> «E’ stata scelta questa strana formula di far pagare il 50% dell’aliquota più bassa alla scadenza del 18 di giugno, anche - credo - per scongiurare una scadenza elettorale prossima che avrebbe impegnato i sindaci a decidere prima. Invece si decide dopo le elezioni ed è presumibile che stante le difficoltà di cassa delle amministrazioni territoriali tutte, noi ipotizziamo che si siano purtroppo pochi i sindaci che sceglieranno l’aliquota più bassa». <b>Cosa possono fare governo e sindaci per evitare di far traboccare un vaso già troppo pieno.</b> «Confartigianato ritengo debba fare un’azione parallela. La Confederazione nei confronti dello Stato per riportare questo tributo alla filosofia iniziale, era una tassa che serviva per dare inizio al federalismo fiscale e quindi togliere quella parte di tributo che va direttamente allo Stato e che abbiamo visto vale il 3.8 per mille, quindi una fetta molto importante, e convincere sul livello territoriale ciascuna associazione il proprio sindaco a non applicare l’aliquota massima».