STUDI – Effetti della guerra pesano sul recupero dell’occupazione. La resilienza di 41 province nel report di Confartigianato

Il prolungamento della guerra in Ucraina e l'amplificazione della crisi energetica potrebbero interrompere il percorso di recupero della recessione causata dalla pandemia che, sulla base dei dati mensili, a febbraio 2022 vedeva l’occupazione totale registrare un quasi completo recupero (-0,4%) rispetto a febbraio 2020, pur confermano il pesante ritardo per l’occupazione indipendente, già evidenziato in nostre precedenti analisi.

L’analisi è contenuta nell’Elaborazione Flash ‘Le incertezze della guerra sul mercato del lavoro e gli effetti della pandemia’ pubblicata oggi e corredata dai dati territoriali contenuti nell’Appendice statistica ‘Mercato del lavoro nel 2021 per regione e provincia’. Per scaricare il report e l’appendice accedi a 'Consultare ricerche e studi'.

Nel lavoro sono esaminati gli effetti della pandemia sui mercati del lavoro locali, una analisi resa possibile dai dati su base annuale. Nel 2021 il tasso di occupazione (15-64 anni) sale a 58,2%, migliorando di 0,8 punti percentuali rispetto al 2020 ma rimanendo inferiore di 0,8 punti rispetto al livello del 2019.

La resilienza nel territorio – La resilienza nel territorio – L’analisi territoriale, condotta in collaborazione con l’Ufficio Studi di Confartigianato Marche e l’Osservatorio MPI Confartigianato Lombardia, evidenzia che in cinque regioni il tasso di occupazione del 2021 supera quello del 2019: gli aumenti più intensi sono il +1,9 punti della Basilicata, il +0,8 punti del Friuli-Venezia Giulia e il +0,4 punti della Puglia; seguono, in territorio positivo, i +0,3 punti della Liguria e i +0,1 punti della Calabria. In tre regioni l'aumento è determinato dalla crescita della sola componente femminile (Puglia, Calabria e Friuli-Venezia Giulia), mentre in Basilicata sale il tasso di occupazione per entrambi i generi e in Liguria sale la sola componente maschile. All’opposto, si registrano le flessioni più intense per Provincia Autonoma di Bolzano con -3,6 punti, Molise con -2,3 punti e Veneto e Emilia-Romagna, entrambe con -1,9 punti.

In 41 province, in cui si addensa il 27,9% dell’occupazione italiana, si osserva nel 2021 un completo recupero del tasso di occupazione del 2019, in controtendenza rispetto al calo in media nazionale, ed i dieci aumenti più intensi sono quelli di Frosinone (+6,6 punti percentuali), Enna (+4,1 punti), Nuoro (+3,8 punti), Lecce (+3,3 punti), Potenza (+2,6 punti), Lodi (+2,4 punti), Treviso (+2,3 punti), Crotone (+2,2 punti), Ragusa (+2,1 punti) e Livorno (+2,0 punti).

Un analisi per genere mostra che in 18 province, rappresentative del 13,9% dell’occupazione nazionale, si registra un aumento del tasso di occupazione per entrambi in generi; in altre 10 province, che comprendono il 7,1% degli occupati, sale solo il tasso di occupazione femminile mentre per le rimanenti 10 province, rappresentative del 4,7% dell’occupazione, sale solo il tasso di occupazione maschile.

La crisi è stata più pesante in tredici grandi comuni, quelli con la maggiore popolazione, che concentrano il 16,0% degli occupati italiani, nei quali il tasso di occupazione registra una riduzione di 1,9 punti tra il 2019 e il 2021, di intensità più che doppia rispetto alla media nazionale (-0,8 punti). In generale, questi maggiori comuni addensano attività terziarie private e della Pubblica amministrazione e rappresentano un polo di attrazione del turismo presentando quindi una maggiore diffusione di imprese attive nei servizi turistici, culturali e di intrattenimento, i segmenti che sono stati maggiormente colpiti dalla recessione causata dalla pandemia. Pesanti cali del rapporto tra occupati e popolazione per Venezia (-5,8 punti), Firenze (-5,0%), Bologna (-4,4%) e Catania (-4,3 punti); in controtendenza, recuperano i livelli pre-crisi Palermo (+1,1 punti tra 2019 e 2021), Genova (+0,9 punti) e Messina (+0,6 punti).

 
Tasso di occupazione nelle province: le 41 province in crescita rispetto al 2019
Anno 2021. Variazione in punti percentuali su 2019. 15-64 anni, dati in media annua - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

 

 
Province per dinamica del tasso occupazione 2019-2021 totale e di genere
dinamiche 2019-2021, occupati in migliaia e % su totale Italia - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

 


STUDI – La gelata di primavera e le armi spuntate per la guerra all’inflazione. L’analisi di Confartigianato su IlSussidiario.net

Un prolungamento del conflitto nel cuore dell'Europa espone l’economia italiana al rischio di una stagflazione, con ricadute rilevanti sul sistema delle imprese, già impegnato in una delicata transizione post-pandemia. Si delinea una pericolosa sincronizzazione di politiche economiche restrittive, mentre per affrontare questa nuova crisi servirebbe una risposta comune dell’Unione europea, articolata con interventi fiscali espansivi.

L’analisi dell’Ufficio Studi è proposta oggi nell’articolo I numeri della recessione/ La crisi di primavera si abbatte su moda, Pnrr e consumi a firma di Enrico Quintavalle, su IlSussidiario.net.

Le ripercussioni della guerra sulla crisi energetica iniziata lo scorso anno stanno sortendo effetti dirompenti sui bilanci di famiglie e imprese. A marzo il prezzo del petrolio in euro ha raggiunto il massimo storico, superando il precedente picco del marzo 2012. Secondo le previsioni contenute nel Documento di economia e finanza, il 2022 sarà l'anno del più elevato prezzo in euro del barile di Brent. Il prezzo del gas europeo è deragliato, moltiplicandosi per 5,1 volte negli ultimi dodici mesi.

Questa escalation ha pesanti ricadute sulla bolletta energetica: a gennaio 2022 le importazioni di energia (totale ultimi dodici mesi) salgono di 35,7 miliardi di euro (+121%) su base annua, di cui l’87%, pari a 31,1 miliardi, è dovuto all’aumento dei prezzi e solo il restante 13% (4,7 miliardi di euro) da aumento dei volumi acquistati.

Secondo i dati definitivi pubblicati venerdì scorso, a marzo 2022 l’inflazione accelera per il nono mese consecutivo, raggiungendo il 6,5%. Il 72% dell’aumento dei prezzi, pari a 4,7 punti di inflazione, deriva dai beni energetici, che a marzo, nel confronto internazionale, segnano un aumento del 53,5%, 8,8 punti in più rispetto al +44,7% della media dell’Eurozona, un divario che arriva a 15,9 punti rispetto alla Germania e sale a 24 punti rispetto alla Francia. Una così ampia divergenza penalizza in modo severo la competitività delle imprese italiane, mentre il caro-energia riduce il potere di acquisto delle famiglie. Sulla base degli andamenti dei prezzi dell’energia si calcola (nell’ipotesi di parità di quantità consumate, con una domanda anelastica) che nell’ultimo anno, tra aprile 2021 e marzo 2022, le famiglie italiane abbiano speso per elettricità, gas e carburanti 17,3 miliardi di euro in più rispetto ai dodici mesi precedenti, sottraendo risorse dei bilanci familiari per la spesa in servizi e in beni non energetici. Potrebbero essere colpiti con maggiore intensità quei consumi già pesantemente colpiti dalla recessione: rispetto al livello pre-Covid del 2019, negli ultimi due anni i prodotti della moda e i servizi turistici e di intrattenimento hanno cumulato minori spese delle famiglie per 125,8 miliardi di euro. Una sorta di tempesta perfetta grava sulla moda, unico comparto manifatturiero che non ha recuperato le esportazioni del 2019 oltre ad essere colpito dalle sanzioni commerciali nei confronti della Russia, dalle quali deriva per quest’anno un effetto recessivo sul PIL per 3,6 miliardi di euro.

Lo shock dei prezzi genera effetti di più lungo periodo: al termine della crisi i prezzi di petrolio e gas naturale saranno strutturalmente più elevati, a fronte delle minori esportazioni della Russia, del calo degli investimenti e dei piani di decarbonizzazione.

E mentre la guerra in Ucraina ha occupato la scena dei media, sul fronte della pandemia è da inizio anno che in Cina si registrano lockdown locali che influiscono sull'attività economica della prima economia manifatturiera nel mondo, la quale già dalla seconda metà del 2021 ha registrato una riduzione delle importazioni; nei primi due mesi del 2022 il made in Italy in Cina sale di un limitato 2,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, a fronte del +20% registrato dal totale dei paesi extra Ue.

La produzione manifatturiera italiana, volatile nei primi due mesi dell'anno, nella media dell'ultimo trimestre rilevato (dicembre 2021-febbraio 2022) segna una diminuzione dell’1,2% rispetto al trimestre precedente. Dove si usa più energia il calo dell’attività è molto accentuato: a febbraio 2022 la domanda di gas delle imprese manifatturiere risulta del 9,3% inferiore a quella di un anno fa e a marzo cede il 10,3% rispetto a quella di dodici mesi prima.

Rimane aperta la partita della dipendenza del gas russo: negli ultimi anni, in parallelo alla sfavorevole evoluzione dei rapporti con la Libia, non sono state costruite alternative solide al rifornimento di energia e gli effetti del taglio del cordone ombelicale del gas russo sarebbero molto profondi. L’interruzione di afflussi di gas dalla Russia, nell’ipotesi più severa delineata nel Documento di economia e finanza (DEF 2022) varato lo scorso 6 aprile - una parziale sostituzione determinerebbe una carenza di gas importato del 18% per quest’anno e un più marcato aumento dei prezzi - determinerebbe effetti negativi di 2,3 punti di PIL nel 2022 e di 1,9 punti nel 2023, spalancando uno scenario di stagflazione, una associazione di alta inflazione e stagnazione che non si registrava da quarant’anni.

Per fare fronte a questa gelata di primavera dell’economia e ai rischi che derivano dal prolungamento del conflitto in Ucraina, servirebbero politiche economiche espansive. Nel DEF 2022 è sotteso un debole impulso fiscale, che si ferma a 0,2 punti di maggiore PIL per quest’anno e a 0,1 punti nel 2023, mentre la crescente inflazione ha innescato una politica monetaria meno accomodante. Gli orientamenti espressi a inizio marzo della Commissione europea per una politica di bilancio neutrale nell’Eurozona, con una accentuazione restrittiva nei paesi ad alto debito, delineano per l’Italia una pericolosa sincronizzazione pro-ciclica tra la politica monetaria e quella di bilancio.

Gli spazi di espansione fiscale appaiono insufficienti per affrontare la sfida che la crisi in corso sta ponendo alle economie europee. Vanno ampliati gli interventi finalizzati a ridurre la dipendenza energetica, come le agevolazioni per la produzione e la domanda di energia da fonti rinnovabili, la costruzione di nuovi rigassificatori, gli incentivi per investimenti energy saving in macchinari e nelle abitazioni. Una espansione degli investimenti pubblici in energia rinnovabile fornisce un maggiore apporto alla crescita, come evidenziato in un recente esercizio condotto dall’Ufficio parlamentare di bilancio.

Molti degli interventi per contrastare le ricadute dello shock energetico in corso non sono finanziabili con le risorse nazionali, rendendo necessaria una risposta comune dell’Unione europea che utilizzi l’esperienza di debito congiunto di Next Generation EU, come indicato nelle comunicazioni dello scorso 23 marzo del Presidente del Consiglio Mario Draghi.

Infine, senza le leve di una politica fiscale espansiva sarà difficile accompagnare i processi di riforma previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), essenziali per una crescita strutturale dell’economia: si tratta di 63 riforme in sei anni, più di dieci all’anno, una sfida senza precedenti.


STUDI – Una difficile fase per le imprese, tra la pandemia e la guerra nel cuore d’Europa

Gli effetti dello scoppio della guerra in Ucraina stanno amplificando la crisi energetica iniziata nel 2021, generando impulsi recessivi di intensità crescente che influenzano negativamente la competitività delle imprese e compromettono i buoni risultati conseguiti nella ripresa post-pandemia. Il coinvolgimento del sistema delle imprese in una nuova fase di crisi avviene in una difficile transizione post-pandemia. Con questi spunti di analisi, Confartigianato ha supportato le indicazioni sull’orientamento della politica fiscale durante l’audizione sul Documento di Economia e Finanza svoltasi lunedì scorso davanti alle Commissioni congiunte Bilancio di Camera e Senato.

I conti nazionali pubblicati dall’Istat certificano il ruolo di driver della ripresa post-pandemia del settore delle costruzioni. Nel 2021 gli investimenti in costruzioni segnano un aumento record del 22,3%; dopo un calo del 6,7% nell’anno dello scoppio della pandemia, gli investimenti in abitazioni e opere edilizie si collocano sopra del 14,1% rispetto al 2019. Il valore aggiunto della manifattura, grazie al rimbalzo del +13,3% nel 2021, ha completamente recuperato i livelli di attività pre-pandemia, (+0,4% rispetto al 2019), a fronte degli ancora ampi ritardi sia per la Francia (-5,1%) che per la Germania (-5,8%).  Analogamente l’export manifatturiero del 2021, anche grazie alla minore esposizione della produzione nazionale alla crisi di offerta dei semiconduttori, si colloca al di sopra del 7,5% rispetto ai livelli pre-Covid-19, facendo meglio del +3,7% della Germania, in controtendenza rispetto al calo del 2,9% della Francia. Sul fronte dei servizi persiste un ritardo del 4,4% rispetto il livello di valore aggiunto del 2019. Alcuni settori ancora lontani dai livelli di attività pre-pandemia, come moda, trasporto persone, alberghi e ristorazione. La spesa delle famiglie per abbigliamento e calzature negli ultimi due anni ha cumulato una diminuzione di 23,5 miliardi di euro rispetto al 2019, mentre nel 2021 le presenze turistiche sono meno di un terzo di quelle del 2019, quelle straniere sono più che dimezzate. Persiste un ampio divario negativo del valore aggiunto rispetto ai livelli pre-pandemia per intrattenimento e altre attività dei servizi (-15,5%) e commercio, trasporto e alloggio (-7,9%).

Confartigianato ha richiamato la necessità di sciogliere i nodi delle scelte energetiche dell’Italia, che la guerra in Ucraina ha fatto divenire opzioni strategiche, prioritarie e assolutamente vitali per il Paese. L’economia italiana ha una dipendenza energetica del 73,4%, che sale al 92,8% per il gas e nel totale delle importazioni di petrolio e gas, la Russia è il primo fornitore. Il prezzo del gas importato, già a dicembre 2021, saliva del 255%. A marzo le quotazioni del gas europeo sono 7,5 volte quelle di un anno prima, mentre il prezzo del Brent valutato in euro raggiunge il massimo storico. Il deragliamento del prezzo internazionale del gas si ribalta sul costo dell’elettricità, portando a marzo 2022 anche il prezzo di riferimento per la borsa elettrica (PUN) al massimo storico. Il principale canale di trasmissione dello shock dei prezzi sul PIL è quello dell’aumento della bolletta energetica, in Italia salita a 49,2 miliardi di euro negli ultimi dodici mesi a gennaio 2022, 28 miliardi in più rispetto un anno prima, il più ampio peggioramento tra tutti i paesi dell’Unione. In dodici mesi il valore delle importazioni di energia annualizzato più che raddoppia (+121%), passando da 29,5 miliardi di euro di gennaio 2021 a 65,2 miliardi di euro di gennaio 2022.

Un conflitto prolungato produrrà segnali recessivi via via più intensi, aprendo uno scenario di stagflazione.

Con l’escalation dei costi delle imprese, si estendono i casi di lockdown energetico: a febbraio 2022 la domanda di gas delle imprese manifatturiere risulta del 9,3% inferiore a quella di un anno prima e nel mese di marzo cede il 10,3% rispetto a quella di dodici mesi prima.

Il divergente andamento dei prezzi dell’elettricità determina per le micro e piccole imprese italiane un extra costo per l’energia elettrica di 6,2 miliardi di euro rispetto alla media dei competitor tedeschi e francesi: allo shock da costi si sovrappone una perdita secca di competitività.

Già dopo il primo mese di guerra, si registrano ripercussioni diffuse sul sistema delle imprese. In prima linea sono coinvolti i settori con un più intenso uso dell’energia, quelli interessati dalle mancate importazioni di materie prime dal teatro di guerra, dal caro-gasolio e dalle sanzioni sui prodotti di lusso; si aggiungono i territori più esposti nell’export in Russia e nelle presenze di turisti russi. Nel complesso si tratta di quasi un milione di imprese (946 mila unità) con 5 milioni 353 mila addetti, il 30,7% dell’occupazione dell’intero sistema imprenditoriale italiano, più della metà di (57,3%) occupati in micro e piccole imprese.

 

Leggi il position paper di Confartigianato

 
Valore dell’import di energia
Gennaio 2021-gennaio 2022, milioni di euro in ultimi 12 mesi - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

 


STUDI – Pasticceria: in Italia maggiore pressione costi ma prezzi a +2,5% vs +3,5% Eurozona. Export dolci da ricorrenza: +25,3% nel 2021

 

Le imprese italiane stanno subendo un pesante contraccolpo dalla crisi energetica, con una accentuata perdita di competitività rispetto ai competitor europei.

Come evidenziato da una nostra recente analisi, il 73% dell’aumento dei prezzi, pari a 4,9 punti di inflazione, deriva dai beni energetici, che a marzo, nel confronto internazionale, segnano un aumento del 53,5%, 8,8 punti in più rispetto al +44,7% della media dell’Eurozona  e maggiore di 15,9 punti alla Germania e di 24 punti alla Francia.

In questo periodo caratterizzato dalle vendite dei dolci pasquali, oltre alla dinamica dei costi energetici, sale la pressione dei prezzi internazionali dei cereali che, valutate in euro, salgono del 43,6%.

Sono interessate 55.800 imprese della pasticceria e del settore dolciario (che include produzione manifatturiera di biscotti, cacao, cioccolato di gelati ) – con una alta vocazione artigianale: le 40.569 imprese artigiane, rappresentano il 72,7% delle imprese totali del settore in esame. I dati per territorio nell’Appendice statistica ‘Imprese e artigianato della pasticceria e settore dolciario’. Per scaricarla accedi a ‘Consultare ricerche e studi’

Le pasticcerie in Italia stanno assorbendo, in modo più accentuato rispetto agli paesi europei, la pressione dei prezzi delle materie prime e la maggiore spinta sui costi dell’energia, con ricadute contenute sui prezzi praticati alla clientela. Dall’esame dell’indice dei prezzi degli Altri prodotti di panetteria e pasticceria– la voce che comprende i prodotti di pasticceria freschi – emerge che a febbraio 2022 l'Italia segna un aumento dei prezzi che si ferma al 2,5%, in linea con la dinamica dei prezzi no energy (+2,3%).

Nel confronto internazionale, la dinamica dei prezzi di riferimento della pasticceria fresca in Italia è più moderata del +3,5% dell’Eurozona e del +4,0% dell’Ue a 27, risultando meno accentuata rispetto altri 23 paesi dell’Unione europea a 27, e in particolare rispetto al +7,5% della Spagna e del +4,2% della Germania; fa meglio dell’Italia la Francia (+1,2%), anche grazie al minore aumento dei prezzi dell’energia elettrica, favorito dall’elevata quota di produzione di elettricità con il nucleare.

Il made in Italy dei dolci da ricorrenza leader in Europa - L’Italia è il primo paese europeo per saldo del commercio estero di dolci da ricorrenza, pari a 717 milioni di euro nel 2021, combinazione di 867 milioni di euro di esportazioni e di un import di 150 milioni di euro.  Il nostro Paese si posiziona davanti alla Francia con 544 milioni di euro, mentre seguono, a distanza, il Belgio con 196 milioni, la Polonia con 172 milioni, i Paesi Bassi con 102 milioni, la Germania con 100 milioni e la Spagna con 76 milioni.

Nel 2021 le vendite italiane all’estero dolci da ricorrenza sono in crescita del 25,3% su base annua, performance migliore rispetto al +22,8% della media Ue. La crescita del 2021 più che compensa il calo registrato nell’anno dello scoppio della pandemia (-5,4% nel 2020) e l’export dello scorso anno supera del 18,5% quello del 2019.

I dieci maggiori mercati dei dolci da ricorrenza made in Italy sono, nel dettaglio, Francia con 172 milioni (19,8% dell’export totale), Germania con 156 milioni (18,0%), Regno Unito con 75 milioni (8,6%), Spagna con 47 milioni (5,4%), USA con 32 milioni (3,7%), Romania con 31 milioni (3,6%), Austria con 30 milioni (3,5%), Svizzera con 29 milioni (3,4%), Polonia con 27 milioni (3,1%) e Paesi Bassi con 23 milioni (2,6%).

 

Per approfondire si veda il report pubblicato mercoledì scorso ‘Ultime tendenze su inflazione al consumo e prezzi delle imprese, nel contesto del caro-commodities’ e l’Appendice statistica ‘Imprese e artigianato del settore dolciario’. Per scaricarli accedi a ‘Consultare ricerche e studi’.

 
Trend prezzi internazionali dei cereali
Gennaio  2019-marzo 2022, quotazioni in euro, variazione percentuale tendenziale - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Banca Mondiale e Bce
 

Dinamica tendenziale dei prezzi di riferimento della pasticceria fresca
Febbraio 2022. Variazione % tendenziale, Coicop 01142 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat

 
Saldo import-export dolci da ricorrenza
2021, milioni di euro, NC8: 19059070 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat