STUDI – I mercati del made in Italy, tra dinamismo Usa (+30%), frenata della Cina (-3%) e gli effetti della guerra: -19% in Russia
L’analisi del report mensile del CPB, istituto di ricerca indipendente olandese, evidenzia una flessione dello 0,2% del commercio mondiale su base mensile, che inverte la crescita dello 0,2% registrata a febbraio. Nel contesto di maggiore incertezza conseguente alla guerra, caratterizzato dal rallentamento degli scambi internazionali, l’analisi dei dati dell’Ocse relativi al commercio estero dei paesi del G20 evidenzia per l’Italia, nel primo trimestre del 2022, un aumento congiunturale del 5,5% dell’export, valutato in dollari Usa, migliore del 3% dell’Ue a 27 e del +3,6% dei paesi del G20. La performance dell’Italia è migliore rispetto a Cina (+4,7%), Francia (+3,2%), Stati Uniti (+2,4%), Germania (-0,1%) e Regno Unito (-1,6%)
Effetto prezzo sul trend dell’export - In un contesto di crescente inflazione l’aumento del valore delle esportazioni è influenzato dall’andamento dei prezzi all’esportazione che ad aprile 2022, per i prodotti manufatturieri no energy, salgono del 12,6%, in accelerazione rispetto al +11,5% di marzo.
Focalizzando l’analisi sui raggruppamenti di prodotti non energetici, nel primo trimestre 2022 si calcola che l’aumento del 20,8% del valore delle esportazioni nei beni di consumo è la combinazione di un aumento del 10,6% del valore medio unitario, una proxy del prezzi all’esportazione, e di un aumento del 9,2% dei volumi esportati. L’aumento del 14,3% del valore delle vendite dei beni strumentali è dato da un +10,8% di effetto prezzi e un +3,2% dei volumi venduti; infine l’aumento del 27,6%% delle vendite all’estero di beni intermedi deriva da un aumento del 24,4% dei valori medi e da una più contenuta crescita del 2,5% dei volumi venduti.
I mercati dell’Unione europea - Nei primi tre mesi del 2022 l’export totale aumenta del 22,8% rispetto allo stesso periodo del 2021, con una maggiore accentuazione (+24,4%) nei paesi dell’Unione europea. Nel dettaglio i mercati dell’Unione più dinamici sono quelli di Spagna (+32,3%), Repubblica ceca (+27,1%), Belgio (+26,6%), Austria (+26,4%), Paesi Bassi (+24,3%), Romania (+23,5%) e Polonia (20,2%). Si rafforzano in modo significativo le vendite del made in Italy anche nei due principali mercati di Francia (+18,9%) e Germania (+18,1%).
I mercati extra Ue - Le stime preliminari sull’export extra Ue evidenziano un aumento del 18,4% nei primi quattro mesi del 2022. La vendita della produzione made in Italy registra le performance migliori sui mercati degli Stati Uniti con +30,0% rispetto ai primi quattro mesi dell’anno scorso, del Regno Unito con +24,1%, di Turchia con +21,1% e India con 20,9%. Marcato dinamismo anche in Svizzera (+14,3%) e Giappone (+11,0%). Appaiono evidenti gli effetti della guerra e della frenata dell’economia cinese. L’export verso la Russia ad aprile si dimezza (-48,4% rispetto aprile 2021) e nei primi quattro mesi del 2022 scende del 19,3% su base annua. L’export verso la Cina cede del 15,9% ad aprile e nel complesso dei primi quattro mesi del 2022 si registra una flessione del 3,0%; in chiave settoriale il maggiore contributo al calo dell’export sul mercato cinese deriva dai macchinari (-16,6%), prodotti alimentari (-25,1%) e apparecchi elettrici (-18,5%).
Il cambio euro/dollaro - La buona performance delle vendite del made in Italy sui mercati dell’America settentrionale è sostenuta della svalutazione del cambio, con la valuta comune europea che nei primi quattro mesi del 2022 si è deprezzata sul dollaro del 7,6% su base annua; su tale andamento, accentuato negli ultimi mesi, pesano le attese di una politica monetaria maggiormente deflazionistica negli Stati Uniti, oltre che una maggiore esposizione dell’Eurozona agli effetti della guerra in Ucraina. Le previsioni dell’Istat pubblicate ieri stimano un tasso di cambio attestato nel 2022 a 1,07 dollari per euro, con un deprezzamento del 9,3% rispetto all’1,18 dollari per euro del 2021.
Le più recenti dinamiche del made in Italy nei principali mercati
Genn.-apr. 2022, per Ue gen.-ar. 2022, var. % tendenziali esportazioni - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
Dinamica valore medio unitario e volumi delle esportazioni per comparto
Gen-mar 2022, var. % tendenziale, raggruppamenti di prodotti no energy - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
Tasso di cambio euro/dollaro
Gennaio 2019-maggio 2022, dollari per un euro - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Bce
STUDI – In Italia inflazione energetica a maggio al 42,6%, la più elevata tra i maggiori paesi Ue. La calda estate dei prezzi nel webinar del 27 giugno
Le previsioni di inflazione contenute nello Spring Economic forecast della Commissione europea pubblicate nelle scorse settimane indicano per il 2022 un aumento dei prezzi al consumo del 6,1% in Eurozona e al 7,3% negli Stati Uniti. Per frenare la dinamica dei prezzi, le autorità monetarie stanno adottano una politica monetaria meno accomodante: fin da maggio la Fed ha aumentato i tassi di interesse e la Bce prospetta un primo aumento dal prossimo mese di luglio. E’ alto il rischio di una politica monetaria pro-ciclica e pericolosamente sincronizzata con una politica fiscale prudente, finalizzata a garantire una riduzione del debito, come indicato nelle raccomandazioni della Commissione europea per l’Italia, pubblicate lo scorso 23 maggio.
Le tensioni sui prezzi si stanno intensificando. A maggio, dopo il rallentamento di aprile, l’inflazione torna ad accelerare, salendo all'8,1% in Eurozona (dal 7,4% di aprile); tra i maggiori paesi europei l'inflazione è all'8,7% in Germania, all'8,5% in Spagna e al 7,3% in Italia - salendo di un punto rispetto al +6,3% il mese precedente - mentre in Francia si ferma al 5,8%. In Italia la dinamica dei prezzi tocca un livello che non si registrava da oltre 36 anni, spinta dagli elevati aumenti dei prezzi dei beni energetici: l’inflazione energetica in Italia sale al 42,6%, risultando superiore rispetto al 39,2% dell'Euro area, al 37,5% della Germania e al 28,9% della Francia.
Il confronto internazionale per il dettaglio dei beni energetici, disponibile con i dati di aprile, evidenzia che l'Italia, tra i maggiori paesi dell'Unione, presenta il maggiore dinamismo dei prezzi di gas ed energia elettrica: nel dettaglio ad aprile il prezzo dell'elettricità sale del 68,6% in Italia, del 34,9% in Spagna per rallentare al 19,3% in Germania e limitarsi al 6,9% in Francia. Il crescente utilizzo del carbone per produrre elettricità in Germania e il prevalente uso del nucleare in Francia contengono la spinta dei prezzi dell'energia elettrica in questi due paesi. Anche sul gas naturale l'Italia segna il maggiore aumento dei prezzi al consumo, pari al 58,1% a fronte del 49,4% della Francia, del 33,3% della Germania e del 23,0% della Spagna. Il ribaltamento di queste tendenze sui costi delle imprese sta aprendo un serio problema di competitività per le imprese italiane esposte alla concorrenza internazionale.
Sul fronte dei carburanti i prezzi salgono del 38,2% in Germania, del 26,1% in Francia, del 25,0% in Spagna mentre la dinamica più contenuta di registra in Italia, con il 18,7%. Va sottolineato che il confronto si basa sulle tendenze ad aprile, mentre gli indicatori più recenti indicano una accentuazione delle tensioni sui prezzi dei carburanti: l’indice elaborato di QE-Quotidiano energia su dati dell’Osservaprezzi del Mise, evidenzia che al 6 giugno 2022 il prezzo del gasolio (self service) sale del 28,7% rispetto ad un anno prima e quello della benzina del 23,1%.
L’analisi dell’Ufficio Studi sulla dinamica dei prezzi dei beni energetici in QE-Quotidiano Energia.
Le tensioni sui prezzi delle materie prime, la pressione sui costi dell’energia per le imprese, e le ricadute su prezzi al consumo, esasperate dal conflitto tra Russia e Ucraina e intrecciate con le strozzature delle filiere globali aggravata dai lockdown in Cina saranno esaminate nel webinar di presentazione del 20° report ‘La calda estate dei prezzi’ organizzato il prossimo lunedì 27 giugno dall’Ufficio Studi e dalla Direzione Politiche economiche, nell’ambito delle Sessioni streaming della Scuola di Sistema, con il seguente programma:
PROGRAMMA WEBINAR 27 GIUGNO 2022, ORE 12.00-13.15
Introduzione di Vincenzo Mamoli, Segretario Generale
La calda estate dei prezzi di Enrico Quintavalle, Responsabile Ufficio Studi
Conclusioni di Bruno Panieri, Direttore Politiche Economiche
Iscriviti al webinar
Venticinque anni di tasso di inflazione energetico in Italia ed Eurozona
Gennaio 1997-maggio 2022, var. % indice armonizzato prezzi Energia - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat
STUDI – Legno-mobili, filiera del made in Italy con la migliore performance post-pandemia: produzione 2022 a +8,7% vs. 2019
Il settore del legno e mobili è quello che è più resiliente nel corso della pandemia, grazie all’apporto di 37 mila micro e piccole imprese con meno di 50 addetti, nelle quali sono occupati 153 mila addetti, il 98,7% delle imprese del settore ed il 71,7% dei rispettivi addetti.
Il peso dell’occupazione delle MPI del legno e mobili sul totale dell’economia del territorio italiani è almeno il doppio della media nazionale (0,9%) in Friuli-Venezia Giulia con il 2,6%, Marche con il 2,3% e nelle province autonome di Bolzano con il 2,1% e di Trento con il 1,8%. La provincia con il peso più elevato del comparto sull’economia del territorio è Pesaro e Urbino (4,7%), seguita da Pordenone (4,3%), Treviso (3,4%), Como (3,1%), Udine (2,9%), Monza e Brianza (2,6%), Matera (2,5%), Macerata e Pistoia (entrambe con il 2,3%), Sondrio (2,2%), Bolzano (2,1%), Belluno (2,0%) e Forlì-Cesena, Pisa e Trento (tutte con l’1,8%).
In questo cluster del made in Italy è alta la vocazione artigiana: le 28 mila imprese artigiane rappresentano i tre quarti (76,2%) delle imprese del settore e i loro 86 mila addetti sono il 40,4%% dell’occupazione del settore.
La distribuzione delle imprese, MPI e artigianato con i relativi addetti del legno e mobili per regioni e province nell’Appendice statistica ‘Imprese e artigianato del legno-mobili’. Per scaricarla accedi a 'Consultare ricerche e studi'.
L’analisi dai dati sulla produzione manifatturiera, evidenzia che a marzo 2022 la produzione cumulata negli ultimi dodici mesi in Italia ha più che recuperato (+0,8%) i livelli del 2019, a fronte del ritardo del 5,3% della Francia e del 5,7% della Germania. Il settore che meglio ha recuperato i livelli di produzione pre-pandemia è quello del Legno-Mobili con +8,7%, seguito da Apparecchiature elettriche con +7,6%, Gomma, plastica, vetro e cemento con +6,8%, Computer ed elettronica con +6,5%, Alimentari e bevande con +5,1%, Altre manifatturiere con 4,7%, Metallurgia e prodotti metallo con +3,0%. Recupero più contenuto per Macchinari con +0,4% e Chimica con +0,3%. Persiste un ritardo per Farmaceutica con -1,7%, Carta e stampa con -3,5%, Mezzi di trasporto con -6,6%, Raffinazione con -7,1%. Il ritardo più pesante per il comparto della Moda (-18,7%).
Per il sistema manifatturiero di legno e mobili le tensioni sui costi generati dal caro-commodities e dalla crisi energetica si associano alla scarsità di materie prime, che nel primo trimestre 2022 ostacola quasi una impresa manifatturiera su quattro (22,7%), per salire al 24,2% nei mobili, fino al 27,6% del legno, delineando gli effetti delle persistenti strozzature nelle filiere globali, come evidenziato nell’ultima analisi dell’Ufficio Studi pubblicata su IlSussidiario.net. Sul mercato del lavoro, persiste una elevata la difficoltà di reperimento di operai specializzati, che nel settore del legno a maggio 2022 è del 59,4%, in aumento di 5,8 punti rispetto ad un anno prima.
Il focus sui mobili - Centrando l’approfondimento sul settore dei mobili – domani si apre il Salone internazionale del mobile 2022 nel Quartiere Fiera Milano, Rho - l’Italia è secondo paese produttore di mobili dell’Unione europea a 27 con un valore della produzione che nel 2020 è di 20,5 miliardi di euro, dietro a Germania con 21,3 miliardi e davanti a Polonia con 11,3 miliardi, Francia con 5,8 miliardi e Spagna con 5,5 miliardi.
Il made in Italy dei mobili – I mobili rappresentano un prodotto chiave del made in Italy nel mondo, con esportazioni che valgono 11,5 miliardi di euro (ultimi dodici mesi a febbraio 2022). Nei primi tre mesi del 2022 le vendite di mobili sui mercati esteri salgono del 20,7% rispetto allo stesso periodo del 2021.
Il confronto internazionale - Nel primo bimestre del 2022 l’Italia, con un aumento tendenziale dell’export del 19,9%, fa meglio degli altri maggiori paesi produttori, nel dettaglio di Polonia (+14,1%) e di Germania (+4,6%).
I mercati - Sempre nei primi due mesi del 2022, i dieci mercati che danno il maggiore contributo all’aumento dell’export sono Stati Uniti che, segnando un +32,2%, contribuiscono per il 18,7% dell’aumento dell’export, Regno Unito con +25,0% contribuisce per il 9,9%, Francia con +7,6% contribuisce per il 7,8%, Germania con +13,0% contribuisce per il 7,3%, Svizzera con +31,1% contribuisce per il 6,2%, Cina con +21,2% ed Emirati Arabi Uniti con +70,4%, entrambi contribuiscono per il 4,5% ciascuno, Spagna con +22,3% contribuisce per il 4,0%, Canada con +47,2% contribuisce per il 3,5% e infine Repubblica ceca con +73,0% contribuisce per il 2,2%
Le 12 province lungo l’‘asse dei mobili’ della pianura padana - Le vendite all’estero di mobili made in Italy presentano una marcata specializzazione territoriale. Nel dettaglio le dodici province disposte lungo l’‘asse dei mobili’ della pianura padana – nel dettaglio si tratta di Udine, Pordenone, Venezia, Treviso, Padova, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo, Milano, Monza e Brianza e Como - nel 2021 cumulano complessivamente i due terzi (65,9%) delle esportazioni, pari a 7,1 miliardi di euro e, nell’ambito dell’Unione europea, questo cluster rappresenta il terzo esportatore europeo di mobili, dietro a Polonia (12,5 miliardi di euro) e Germania (11,4 miliardi). Nel complesso dei dodici territori in esame, nel 2021 l’export di mobili supera dell’8,5% quello del 2019, con un maggiore dinamismo a Pordenone con +32,9%, seguita da Vicenza con +15,3%, Monza e della Brianza con +14,3%, Padova con +12,5%, Brescia con +7,4%, Verona e Milano, entrambe con +6,4%; in recupero anche Venezia con +2,6%, Como con +2,4% e Treviso con +1,8%,e mentre segnano un ritardo Udine (-6,1%) e Bergamo (-12,7%). I dati sull’export di mobili nell’Appendice statistica ‘Imprese e artigianato del legno-mobili’. Per scaricarla accedi a 'Consultare ricerche e studi'.
Trend produzione 2022 rispetto 2019: i settori
marzo 2022, ultimi 12 mesi, var % rispetto 2019, dati grezzi - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
Valore della produzione di mobili nei paesi Ue
2020, milioni di euro, Irlanda n.d.- Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat
Classifica ibrida export mobili: 12 province ‘asse mobili’, resto Italia e altri paesi Ue
2021, milioni di euro - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat ed Eurostat
Peso occupati delle Micro e piccole imprese Legno e Mobili su totale economia per regione
Anno 2020. % addetti in MPI attive delle divisioni 16 e 31 Ateco 2007 su addetti totale economia regionale - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
Peso occupati delle Micro e piccole imprese Legno e Mobili su totale economia: le 40 province che superano la media
Anno 2020. % addetti in MPI attive delle divisioni 16 e 31 Ateco 2007 su addetti totale economia provinciale - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
STUDI – I risultati del made in Italy tra guerra, crisi energetica e strozzature delle filiere globali. L’analisi di Confartigianato su IlSussidiario.net
La manifattura italiana è al centro di una complessa fase di transizione post-pandemia, tra strozzature delle filiere globali, crisi energetica ed effetti recessivi innescati dalla guerra in Ucraina. Sulle imprese pesa l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia, il rallentamento dell’economia cinese e la difficoltà di reperimento della manodopera specializzata. Ciò nonostante, si intravedono alcuni segnali statistici di reattività del sistema del made in Italy. L’analisi è proposta nell’articolo I numeri/La guerra sta compromettendo i risultati del made in Italy a firma di Enrico Quintavalle, pubblicato su IlSussidiario.net.
Sui mercati dominano le tensioni sui prezzi. Ad aprile si registra una crescita del 13,8% dei prezzi alla produzione nel manifatturiero non energetico, in accelerazione rispetto al +12,6% di marzo. A maggio il tasso di inflazione sale al 6,9%, sotto la spinta dei prezzi dei beni energetici, per i quali rischia di ampliarsi il gap competitivo. Secondo l’ultima rilevazione di Eurostat sull’inflazione armonizzata, ad aprile il prezzo dell'energia elettrica sale del 68,6% in Italia, un ritmo più che doppio della media dell’Eurozona (+32,2%), mentre in Germania sale del 19,3% e in Francia l’aumento si ferma al 6,9%. Sui costi per imprese e famiglie grava una tassazione energetica che nel nostro Paese è del 18% superiore a quella della Francia e del 68% superiore a quella della Germania, contribuendo ad uno spread fiscale tra Italia ed Eurozona che quest’anno sale a 1,8 punti di PIL.
Per la manifattura italiana – un sistema di 372 mila imprese con 3,8 milioni di addetti, i tre quarti (75,6%) occupati in micro, piccole e medie imprese – le tensioni sui costi si associano al difficile reperimento di materiali, che nel primo trimestre 2022 ostacola quasi una impresa manifatturiera su quattro (22,7%), delineando gli effetti delle persistenti strozzature nelle filiere globali, aggravate dai lockdown in Cina.
L’economia cinese sta vistosamente decelerando. Per quest'anno, nelle ultime previsioni del Fondo monetario internazionale, crescerà del 4,4%: un tasso così basso non si registrava dal 1990. Ad aprile le vendite del made in Italy in Cina scendono del 15,9% su base annua e nei primi quattro mesi del 2022 sono del 3% inferiori rispetto allo stesso periodo del 2021, mentre nel totale dei paesi extra Ue l’export aumenta del 18,4%. Sono tangibili gli effetti della guerra: l’export verso la Russia ad aprile si dimezza (-48,4%) e nei primi quattro mesi del 2022 scende del 19,3%.
Segnali di resistenza (per ora) - Nonostante i numerosi fattori critici, l’analisi dei più recenti indicatori congiunturali mette in luce, nella primo scorcio del 2022, segnali di reazione delle imprese italiane calate nella competizione internazionale. Le incertezze connesse con il conflitto in Ucraina potrebbero, però, compromettere il consolidamento dei risultati che ora andiamo a descrivere.
Nel primo trimestre 2022 il volume del fatturato manifatturiero sale del +1% rispetto al trimestre precedente e del 5,7% sullo stesso periodo dell'anno precedente.
La produzione manifatturiera, sempre nel primo trimestre di quest'anno, in Italia sale dell'1,1% rispetto ad un anno prima, come in Francia e in controtendenza rispetto al calo dell'1,2% della Germania. Dopo un complicato biennio - iniziato con la pandemia, proseguito con la crisi energetica e le strozzature nelle catene di approvvigionamento globali, e terminato con lo scoppio della guerra in Ucraina - la manifattura italiana ha più che recuperato (+0,8%) i livelli di attività del 2019, a fronte del ritardo del 5,3% della Francia e del 5,7% della Germania.
Sul mercato del lavoro, l'analisi dei dati pubblicati nell’ultima nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dalla Banca d’Italia e dall’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro evidenzia che nel primo quadrimestre del 2022 le attivazioni nette (saldo tra attivazioni e cessazioni di rapporti di lavoro) nella manifattura aumentano del 19,3% su base annua, pur con un livello che rimane del 6,8% inferiore a quello del primo quadrimestre del 2019. Aumenta il peso del lavoro stabile: la crescita di 9 mila posizioni lavorative è la combinazione di una riduzione di 9 mila a tempo determinato e l'aumento di 18 mila posizioni a tempo indeterminato e apprendistato. Rimane elevata la difficoltà di reperimento di operai specializzati, che a maggio 2022 è del 47,7%, in aumento di 9 punti rispetto un anno prima.
Il confronto internazionale sui dati del commercio internazionale forniti da Eurostat evidenzia che nel primo trimestre 2022 le vendite all’estero del made in Italy salgono del 22,8%, un ritmo più accentuato rispetto al +19,8% della Francia e più che doppio rispetto al +10,7% della Germania. La crescita dell’export si accompagna ad un miglioramento della qualità intrinseca dei prodotti, con i valori medi unitari delle esportazioni (esclusa l’energia) che nel primo trimestre del 2022 crescono del 15,5% su base annua, a fronte dell’aumento del 10,8% dei prezzi all’esportazione.
Un prolungamento del conflitto nel cuore dell’Europa e l’acuirsi della crisi energetica potrebbero compromettere gli eccellenti risultati della manifattura made in Italy conseguiti negli ultimi anni. Tra il 2016 e il 2021 è proprio l’Italia a registrare la maggiore crescita del volume di valore aggiunto manifatturiero, pari al +5,1%, a fronte del limitato +0,7% in Francia e del calo del 3% registrato in Germania. Alla migliore performance dell’Italia ha contribuito una maggiore resilienza nella pandemia, con il valore aggiunto che nel 2021 recupera interamente (+0,3%) il livello del 2019, a fronte del ritardo del 5,1% della Francia e del 5,8% della Germania.
La maggiore creazione di valore è stata conseguita con un aumento di efficienza delle imprese italiane, nonostante le difficili condizioni di contesto: nell’arco del quinquennio in esame, nonostante gli effetti disastrosi del contagio mondiale da Covid-19, la produttività del lavoro della manifattura in Italia, valutata con l’indicatore del valore aggiunto reale per ora lavorata, sale del 5,2%, a fronte del +1,3% della Francia e del +0,4% della Germania. La performance della produttività in Italia si associa ad una maggiore di diffusione di micro e piccole imprese e, conseguentemente, ad una più bassa dimensione media (9 addetti medi per impresa) rispetto a Germania (media di 34 addetti) e Francia (media di 15 addetti).
All’aumento di efficienza delle imprese ha contributo il dinamismo degli investimenti in macchinari, sostenuto dal credito di imposta per investimenti in beni strumentali nuovi. L’esame delle previsioni macroeconomiche della Commissione europea pubblicate a metà maggio evidenzia che per questa componente di domanda l'Italia è l'unico tra i maggiori paesi Ue che già nel 2021 recupera i livelli pre-pandemia; nel più lungo periodo, tra il 2015 e il 2022, gli investimenti in macchinari salgono di limitato 3,8% in Germania, aumentano dell'11,5% in Francia, un ritmo di crescita che raddoppia in Italia, arrivando al +23,6%.
Gli effetti dell’introduzione di nuovi macchinari sono molteplici, fortemente orientati alla sostenibilità: oltre all’aumento della produttività, sale la propensione ad innovare delle imprese che investono e si rafforza la qualità e quantità della domanda di lavoro; in parallelo le nuove matrici tecnologiche aumentano l'efficienza energetica, riducendo la domanda di energia e le emissioni di CO2.