24 Febbraio 2014, h. 00:00

Rete Imprese Italia porta in piazza 60mila imprenditori artigiani

imprese in piazza

Roma, 18 febbraio 2014, Piazza del Popolo. Più di 60mila tra artigiani, commercianti e piccoli imprenditori sono arrivati da ogni angolo dello Stivale per manifestare contro “una burocrazia asfissiante, una pressione fiscale insostenibile ed una classe politica che continua a restare sorda di fronte alle grida di allarme della micro e piccola impresa”. Negli ultimi cinque anni, la disoccupazione è raddoppiata fino a toccare il 12,7%, quella giovanile ha superato il 40%, la ricchezza prodotta dall’Italia è diminuita del 9% e la spesa delle famiglie è scesa del 7,9%. Scenari apocalittici di un’economia allo stremo. Dalla politica, però, non sembrano arrivare buone notizie per artigiani e piccoli imprenditori. E mentre cambiano i governi, le norme e le leggi, le aziende chiudono. 372mila soltanto nel 2013, più di mille al giorno. “Riprendiamoci il futuro, senza impresa non c’è Italia” era lo slogan della prima manifestazione nazionale di Rete Imprese Italia. Ma di slogan si è riempita Piazza del Popolo, grazie ai 60mila giunti a Roma in treno, in pullman, in macchina. C’è chi è arrivato già dall’alba e chi in tempo per sentire il discorso finale affidato al presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti. “Basta parole, più fatti e subito!” recitava un manifesto di Cuneo. “Sono qui per non chiudere” era invece l’emblematico messaggio scritto sulle pettorine di Confartigianato Ancona. “Stiamo morendo di tasse”, “Non siamo il bancomat dello Stato” e soprattutto “Orgogliosi di essere artigiani”, erano i messaggi che si leggevano tra le bandiere blu di Confartigianato. Immancabili quelle dei quattro mori e del leone di San Marco, che sventolavano orgogliose come le terre che rappresentano, mentre sul palco si alternavano i cinque presidenti delle sigle di Rete Imprese Italia. Per risvegliare l’Italia da questo torpore economico e politico, Rete Imprese Italia ha indicato dieci priorità. Su tutte, una riforma fiscale che riduca immediatamente la pressione su imprese e famiglie. Un intervento deciso sul credito, con il rilancio dei Confidi e del Fondo di garanzia, un cambio di marcia netto sulla burocrazia, con costi e tempi insostenibili per le piccole imprese. Infine, come chiesto a gran voce dal Presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti, “una riforma della giustizia civile, che oggi dà il peggio di sé con lo sconcio del concordato, uno strumento che di fatto favorisce chi ha fondi a disposizione”. Di cose che non vanno ce ne sono molte, ma il malessere degli imprenditori, di artigiani e commercianti, sta nel fatto di “essere soffocati dalle tasse e dalla burocrazia, di vedere il costo della crisi scaricato su chi lavora e produce, cioè su di noi, che di certo non abbiamo generato questa situazione. Siamo in piazza per cambiare il paese, non per cambiare paese”, ha detto senza mezzi termini Giorgio Merletti dal palco di piazza del Popolo, raccogliendo l’ovazione di una piazza che a fatica riusciva a trattenere i 60mila imprenditori presenti, che lavorano in Italia, hanno la sede in Italia, pagano le tasse in Italia e che, ancora in Italia, si giocano il proprio futuro e quello dei propri dipendenti.

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