5 Aprile 2020, h. 01:00
CORONAVIRUS – Mascherine a norma. Confartigianato Varese fa chiarezza sulle regole per produrle
In questa situazione di emergenza sanitaria e di carenza di mascherine e dispositivi di protezione individuale molte aziende hanno deciso di convertire la produzione e realizzare questa tipologia di materiale. Ma per mettere sul mercato mascherine e dpi sicuri ed efficaci bisogna conoscere e rispettare precise norme. Confartigianato Imprese Varese fa chiarezza sull’argomento con un ampio approfondimento pubblicato sul proprio portale in cui fornisce indicazioni preziose e pratiche alle aziende che vogliono realizzare questi prodotti.
Confartigianato è grata a Confartigianato Varese per questa iniziativa. In un momento tanto grave e spesso confuso per tutti noi, cittadini e imprenditori, non possiamo permetterci di improvvisare. Questo contributo di chiarezza serve alle nostre aziende a svolgere correttamente il proprio lavoro.
Di seguito l’approfondimento di Confartigianato Varese
Mascherine e Dpi, c’è troppa confusione in giro. Eppure il tema, anche data la situazione, è terribilmente serio. Proviamo dunque a fare chiarezza, partendo da una breve premessa: qualsiasi prodotto realizzato nei Paesi avanzati, Italia compresa, deve rispettare normative necessarie a tutelare i consumatori e, a volte, anche il mercato interno.
Non fanno eccezione mascherine e dispositivi di protezione individuale (DPI).
Come tutti sanno, si tratta di prodotti che potrebbero proteggerci in questa fase e che, ad oggi, risultano pressoché introvabili, motivo per cui in molti hanno deciso di avviare nuove produzioni, con il consenso dei media e dell’opinione pubblica.
Tutto sistemato? «Non proprio» spiega il consulente ambiente e sicurezza di Confartigianato Imprese Varese, Davide Baldi, «perché sono ovviamente ancora in vigore precise regole sulla produzione dei Dpi». Regole che devono essere osservate.
Cerchiamo di essere più specifici analizzando il problema per capitoli.
I MATERIALI
«Non tutti i materiali sono idonei e chi, fino a ieri, produceva altro, potrebbe non saperlo», dice Baldi. Spieghiamone le ragioni: le norme specifiche sulle semi-maschere filtranti UNI EN 149:2009 e sulle maschere facciali a uso medico UNI EN 14683, non dicono che materiale occorra per produrle ma elencano le caratteristiche che devono avere, così da consentire anche l’impiego di nuovi materiali. Ma in momenti di emergenza non c’è il tempo di studiare nuovi materiali. Che fare dunque?
Il 21 marzo Regione Lombardia, con il Politecnico, ha fissato dei requisiti minimi: «Il materiale può consistere in TNT (tessuto-non-tessuto) in polipropilene o (come seconda opzione) in poliestere… diametro 1-3 micron… almeno 20 g/mq di mel blow in singolo strato oppure come somma di più strati».
Si tratta di una indicazione semi-ufficiale dato che né Regione Lombardia e né Politecnico hanno potere normativo, ma nello specifico è stato valutato che un materiale del genere può rispondere a buoni requisiti di funzionamento. «Alle aziende non possiamo far altro che dire: se non avete a disposizione simili materiali, non potete realizzare mascherine considerate idonee» specifica Baldi, che tuttavia prende atto di alcune criticità oggettive: i costi del TNT sono lievitati e trovarlo è quasi impossibile.
LA PRODUZIONE
Capitolo produzione: la differenza tra realizzazione di mascherine a uso medico e realizzazione di mascherine non a uso medico è sostanziale.
«In caso di maschere non a uso medico ma semplicemente di semi-maschere filtranti, non pare ci siano particolari restrizioni anche se è sottointeso che non possono essere contaminate, soprattutto in un momento di pandemia virale, e non possono essere un potenziale rischio di infezione». La norma comunque specifica che «devono essere imballate in modo da essere protette contro danni meccanici e contaminazioni prima dell’uso». Quindi anche la produzione deve evitare contaminazioni.
È comunque previsto che vi sia un sistema di gestione della qualità, ISO 13485 o Good Manufacturing Practices (GMP).
«Se, invece, le mascherine sono a uso medico, tutto diventa più complicato».
«Il fabbricante deve aver predisposto e implementato un sistema di gestione della qualità per garantire e regolare, mantenere e controllare i requisiti di base relativi all’attività di produzione»: tradotto, questo non significa che il sistema deve essere certificato ma che bisogna seguire procedure e registrazioni adeguate a garantire l’assenza di contaminazione batteriologica.
IL PRODOTTO
Sia le semi-maschere filtranti che le maschere a uso medico prevedono test severi, che consentono di classificarle in base al grado di protezione. In particolare, le semi-maschere come FFP1, FFP2, FFP3 in base al grado di penetrazione degli aerosol di prova e le maschere medicali Tipo I, II, IIR in base alla filtrazione batterica.
Le norme prevedono l’effettuazione obbligatoria di test di classificazione.
LE DEROGHE
L’Istituto Superiore della Sanità (ISS), vista la situazione di emergenza, ha emesso una nota esplicativa indicando una «procedura di produzione in deroga di maschere facciali a uso medico (Art. 15 del Decreto Legge del 17 marzo 2020 n.18)».
In questa nota si prende atto del fatto che, in considerazione dell’urgenza, non c’è tempo per effettuare l’intero iter burocratico necessario a produrre un dispositivo medico. Il produttore può dunque autocertificare il rispetto di tutti requisiti previsi dalle varie norme, sottoporlo all’ISS e vendere le mascherine senza marcature CE.
L’ISS non effettuerà alcuna prova sul campione ma si limiterà a una valutazione documentale in modo da rispondere entro tre giorni nel merito dell’idoneità. In caso contrario, il produttore o il commerciante dovrà ritirare tutta la merce immessa sul mercato.
«La responsabilità è tutta in capo al produttore o al commerciate – sintetizza Davide Baldi – Di suo l’ISS non si assume alcuna responsabilità sul prodotto, ma solo sulla documentazione fornita».
REGIONE LOMBARDIA
Regione Lombardia ha sottoscritto un accordo con il Politecnico che consente di inviare all’ateneo dieci campioni di mascherine da testare, specificando se si tratta di DPI o di mascherine chirurgiche. Entro tre giorni si riceverà un riscontro di merito.
La Regione specifica inoltre che «è possibile produrre e immettere in commercio mascherine chirurgiche destinate agli operatori sanitari e sociosanitari o DPI destinati a tutti gli altri lavoratori tuttora autorizzati a svolgere la propria attività e non in condizione di mantenere la distanza interpersonale di almeno un metro se e solo se esse hanno caratteristiche di protezione identiche a quelle certificate».
«Le altre tipologie di mascherine, non idonee, per caratteristiche tecniche e capacità protettive, ad essere destinate agli operatori sanitari o ai lavoratori in attività, possono essere utilizzate solo dagli altri cittadini che intendano usarle a scopo precauzionale, a condizione che rispettino le disposizioni in tema di distanziamento sociale e le altre norme precauzionali, proprio in considerazione della loro limitata capacità protettiva ai fini del contagio da Covid19».
COSA DEVE FARE UN’AZIENDA CHE VUOLE PROVARE A PRODURRE MASCHERINE?
Il materiale a disposizione deve:
essere un TNT che risponda alle specifiche del Politecnico o avere una certificazione del produttore dell’idoneità all’utilizzo come mascherina
rispondere ai requisiti della UNI EN 149 o UNI EN 14683
Per la produzione è necessario:
avere un sistema di gestione della qualità o ISO 13485 o rispettare le GMP (anche se non certificato)
avere una produzione in grado di garantire l’assenza di contaminazione batteriologica
Per il prodotto è necessario:
fare testare le mascherine prodotte dal Politecnico o da un altro laboratorio privato (meglio se accreditato), per tutti i testi previsti dalle norme UNI
autocertificare sotto la propria responsabilità che il prodotto rispetti i requisiti della UNI e mandare il tutto all’ISS o all’INAIL
attendere la risposta dell’ISS, scegliendo sotto la propria responsabilità se distribuire o meno le mascherine, sapendo che in caso di parere negativo bisognerà procedere al ritiro dal mercato.
CONCLUSIONE
Se non avete già il materiale idoneo per la produzione di mascherine in azienda e/o non sapete dove trovarlo è quasi impossibile produrre mascherine
Se non siete un’azienda già attiva nel settore medicale, è quasi impossibile pensare di attivare un sistema ISO 13485 o GMP in un tempo breve. Impossibile anche farselo certificare: accantonate pertanto l’ipotesi di produrre mascherine medicali. Per farlo bisognerebbe inoltre mettere investimenti strutturali.Resta l’opzione di maschere DPI, ma alcune procedure di base per garantire l’assenza di contaminazione andranno comunque predisposte: è impossibile far produrre DPI da volontari in abitazioni private.
Sappiate che la responsabilità è solamente del produttore e/o del commerciante che autocertifica la conformità. Nessun ente è disposto a garantire.
In alternativa ai punti precedenti, è comunque possibile produrre mascherine che la Regione Lombardia così definisce: «Le altre tipologie di mascherine, non idonee, per caratteristiche tecniche e capacità protettive, ad essere destinate agli operatori sanitari o ai lavoratori in attività, possono essere utilizzate solo dagli altri cittadini che intendano usarle a scopo precauzionale, a condizione che rispettino le disposizioni in tema di distanziamento sociale e le altre norme precauzionali, proprio in considerazione della loro limitata capacità protettiva ai fini del contagio da Covid19».
Leggi anche QUI l’approfondimento di Confartigianato Varese
Guarda QUI il video con la guida pratica per le imprese
Notizie correlate:
Nessun articolo correlato.