12 Novembre 2009, h. 00:00
Rosa Gentile: “Occorre una ‘rivoluzione culturale’ che riconduca lo sviluppo economico del Paese ad un reale coinvolgimento delle imprenditrici”
“Siamo nel pieno di una crisi finanziaria ed economica globale, che minaccia il lavoro e le nostre prospettive imprenditoriali, familiari e personali”. Rosa Gentile, Presidente delle imprenditrici artigiane, apre con queste parole la XI Convention Nazionale di Confartigianato Donne Impresa. Per la prima volta non parla a braccio ma sia affida a un documento. I temi sono tanti e tutti strettamente connessi e il rischio di lasciarne fuori qualcuno è reale: la crisi e le imprese femminili, le politiche di welfare per conciliare famiglia e lavoro, le culle vuote, le proposte per la ripresa economica del Paese. “In sala – spiega Rosa Gentile – oggi ci sono i rappresentanti delle piccole imprese che la crisi ha di quel sistema produttivo che autorevoli osservatori ed opinionisti oggi riscoprono e di cui celebrano il ruolo economico e sociale”. “La crisi economica è esplosa sui mercati in modo devastante, determinando il blocco dell’economia. Le imprese hanno visto diminuire gli ordini e il fatturato. La conseguente riduzione dei livelli di produzione ha determinato anche una acuta crisi finanziaria. Al calo delle transazioni tra imprese si è affiancato un incremento dei tempi di pagamento e la restrizione delle banche nell’erogazione del credito. Pur in presenza di segnali di rallentamento della caduta, si evidenzia tutt’ora un progressivo deterioramento del mercato del lavoro, con la crescita del tasso di disoccupazione. tutto ciò influisce negativamente anche sui livelli dei consumi”. La Presidente delle Imprenditrici di Confartigianato si è rivolta alla platea lanciando alcune domande. Sono gli stessi interrogativi che da dodici mesi agitano gli animi di chi fa impresa. “Ci chiediamo: quando finirà la crisi? Il peggio è passato? Quale sarà l’intensità e la durata della ripresa? Domande a cui oggi è difficile dare una risposta”. “Nelle piccole imprese, che noi di Confartigianato rappresentiamo, lavora il 67% degli occupati del settore privato. Nonostante la crisi le imprese che assumono, registrano difficoltà di reclutamento e tendono a resistere maggiormente nella tutela del capitale umano rappresentato dai dipendenti”. “L’occupazione femminile ha dato segnali di maggiore tenuta rispetto a quella maschile, eppure è proprio il lavoro autonomo femminile quello maggiormente esposto alla crisi. Noi crediamo che la crisi economica sia anche una crisi di valori! Le imprenditrici sono coloro che silenziosamente in questi anni, hanno garantito coesione sociale, hanno assicurato sviluppo economico, hanno prodotto benessere per le famiglie e le comunità territoriali, accollandosene gli oneri maggiori”. Il rimedio alla crisi? Le piccole imprese – “Studi evidenziano che per uscire dalla crisi occorre puntare sulle piccole imprese, sulle eccellenze del Made in Italy e sui distretti produttivi. Questo ci fa sicuramente piacere, considerato il fatto che negli anni precedenti, il nostro mondo produttivo non è stato oggetto di particolare attenzione. Ma noi come imprenditrici, non abbiamo smesso di produrre, di credere nelle nostre aziende e nella qualità dei nostri prodotti. Con lo spirito di sacrificio necessario abbiamo creato benessere per noi stesse, le nostre famiglie e i nostri dipendenti”. “La crisi non scoraggia l’imprenditoria femminile, anzi. Il nostro Osservatorio, elaborato dall’Ufficio Studi di Confartigianato, evidenzia che le aziende gestite da donne reagiscono alle difficoltà con coraggio, creatività, flessibilità, e in questo particolare periodo danno vita ad attività innovative contribuendo così alla ripresa economica. Noi imprenditrici affrontiamo la crisi come opportunità. L’opportunità è quella di cambiare il modello di sviluppo, ripensando i tradizionali interventi per la creazione d’impresa e mutando atteggiamento nei confronti dell’autoimprenditorialità”. Troppe donne a casa, troppe culle vuote – Esauriti i temi della politica economica la leader delle imprenditrici artigiane è passata a un altro argomento che, vista la platea costituita da donne imprenditrici, è addirittura più scottante del precedente: la questione demografica, le culle vuote. “Da anni l’Italia cresce poco o nulla dal punto di vista economico e ancora meno dal punto di vista demografico. Al fine di rilanciare la ripresa economica dell’Italia si possono e si devono fare molte cose: liberalizzazioni mercati più efficienti, certezza nei pagamenti un fisco più leggero per le imprese più incentivi alla ricerca e innovazione più sostegno alla famiglia”. “Ma c’è una cosa da fare forse più importante e urgente su cui puntare : il lavoro delle donne. Per far ripartire l’Italia si deve dare più spazio alle donne, ai loro talenti, ai loro bisogni, e senza di loro l’Italia non può tornare a crescere bene. Troppe donne a casa, troppe culle vuote. Si tratta di un circolo vizioso da cui bisogna uscire al più presto. Guardando all’esperienza di altri paesi, quali la Francia, puntare sulle donne conviene in quanto si creano circoli virtuosi che generano più crescita e benessere”. “Alla luce di tutto ciò abbiamo voluto dare a questi due giorni un titolo per noi significativo: Donne e impresa – Volàno di ripresa economica. La tavola rotonda di oggi tratta questi temi e si titola “REAGENDO ALLA CRISI- CREATIVITA’ E SVILUPPO NELLE IMPRESE FEMMINILI. La crisi, opportunità per avviare le riforme partendo da credito e welfare – La crisi, ne siamo convinte rappresenta per noi donne imprenditrici una opportunità per crescere, per cambiare ed esigere quanto di meglio il nostro sistema economico riesce ad esprimere. Tuttavia occorre attivare politiche di sostegno per l’imprenditoria femminile prima fra tutte una politica creditizia ed un nuovo modello di welfare più attento alle donne, alle famiglie, alle imprenditrici”. “Le imprese femminili, come rilevato da diversi studi, hanno subito un calo inferiore rispetto alle imprese maschili e la spinta della crisi ha aperto nuovi spazi di creatività attraverso la creazione di nuove professioni che utilizzano anche sistemi tecnologici innovativi”. “Nonostante le obiettive difficoltà del mercato, le nostre imprese hanno mostrato segnali di dinamismo, dando impulsi positivi al mercato del lavoro, in misura superiore rispetto alla media del comparto artigiano, impulsi che si sono tradotti nella creazione di nuova occupazione. Hanno mostrato capacità di adattamento ai mutamenti dell’economia, orientando verso la formazione continua e le differenti strategie di rete per acquisire insieme il peso economico necessario per competere in un sistema economico globale”. “Nel Mezzogiorno d’Italia l’incidenza delle titolari d’impresa è più alta rispetto alla media del Paese, a dimostrazione del fatto che in queste aree l’autoimpiego è sicuramente una soluzione per ovviare alla disoccupazione. Ma occorre variare i modelli strutturali che in Italia costituiscono un vincolo per la partecipazione delle donne al mercato del lavoro identificando nell’incentivazione dei servizi alle famiglie e alle imprese una precondizione necessaria”. “La natalità nel nostro Paese è bassa. Anche l’età media delle donne alla nascita dei figli è superiore alla media europea. Sulle donne sono focalizzate le attività del lavoro familiare e và considerato che la lavoratrice autonoma mediamente lavora nove ore settimanali in più rispetto ad una dipendente. La carenza di posti negli asili e nelle strutture di cura e assistenza per la popolazione anziana rappresentano un divario che pesa in modo decisivo nella conciliazione tra lavoro e famiglia”. Avviandosi alla conclusione Rosa Gentile ha tradotto in numeri l’effetto della scarsa occupazione femminile. “La minore partecipazione delle donne italiane al mercato del lavoro rappresenta un vincolo allo sviluppo economico; volendo ipotizzare una maggiore crescita occupazionale rapportata al tasso medio di occupazione dell’area europea potremmo conseguire come risultato 2.200.000 circa di nuove occupate in più e un maggiore PIL n
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