13 Marzo 2009, h. 00:00
Artigianato ed innovazione, la carica dei 600mila giovani imprenditori italiani
“Tradizione familiare ed innovazione”. L’imprenditoria giovanile artigiana si potrebbe racchiudere in questi due valori, due certezze, due modi di essere e di vivere il fare impresa in Italia. Lo ha detto senza mezzi termini Enrico Quintavalle, Responsabile nazionale dell’Ufficio Studi di Confartigianato, presentando alla platea di Firenze i numeri del 3° “Osservatorio sull’imprenditoria giovanile artigiana” di Confartigianato. In Italia, oggi, operano 593.645 imprenditori artigiani con meno di 40 anni. Un numero che cresce, +7,5% rispetto al 2008, e che rappresenta il futuro di quell’artigianato che da sempre, a ragione, viene considerato la spina dorsale produttiva del Paese. La forte motivazione a continuare la tradizione familiare è la molla che li ha portati a capo dell’impresa di famiglia. Ma l’artigianato è tradizione e al tempo stesso innovazione. Un binomio che ben si adatta ai giovani imprenditori artigiani. Alle loro spalle ci sono storie lunghe anche secoli. Davanti a loro, invece, c’è il futuro. Ma non sarà una sfida facile. Ogni giorno, secondo l’immagine impressa dall’Osservatorio di Confartigianato, anche le loro imprese sono costrette a muoversi tra gli ostacoli burocratici e le falle del mercato italiano, con una giustizia troppo lenta per i ritmi del fare impresa e una scuola che non crede nel saper fare. Ultima, ma soltanto in ordine d’apparizione, la crisi finanziaria e la conseguente stretta creditizia. Per i giovani artigiani non è facile vivere da imprenditore in Italia. Ma non per questo rinunciano a farlo. “Le imprese, ed in particolare i giovani imprenditori, non vogliono privilegi o aiuti”, chiedono soltanto di “poter lavorare, di poter aver accesso al credito, di poter essere liberi da quei lacci e lacciuoli che comprimono la capacità competitiva, la creatività, la libertà di fare impresa, la fierezza di essere artigiani”. Lo ha ricordato Marco Colombo nel discorso d’apertura, lo hanno ribadito i numeri del 3° “Osservatorio sull’imprenditoria giovanile artigiana” di Confartigianato. <p></p> <b>L’identikit dei giovani imprenditori</b> Sono 593.645 gli imprenditori artigiani con meno di 40 anni che oggi guidano la propria impresa. In media hanno 35 anni, un titolo di studio medio-alto e per avviare l’impresa hanno utilizzato risorse proprie, senza avvalersi di finanziamenti pubblici. La maggior parte di loro, secondo le stime elaborate dall’Ufficio Studi di Confartigianato, opera in Lombardia (110.614 imprenditori), in Emilia Romagna (60.826) ed in Veneto (60.610). L’Italia settentrionale dimostra di avere il maggior numero di imprenditori Under 40, ma è nel Sud che si registra la maggior incidenza di giovani rispetto al totale degli artigiani. In Calabria, il 34,5% degli imprenditori ha meno di 40 anni, seguono Campania, Piemonte, unica regione settentrionale ha meritarsi un posto d’onore in questa speciale classifica, e poi Puglia e Sicilia. Il 43,6% dei giovani artigiani guida un’impresa del settore costruzioni, il 27,7% del manifatturiero, il 17,2% dei servizi alle persone ed il 9,6% dei servizi alle imprese. Sono diventati artigiani perché spinti dalla voglia di proseguire la tradizione familiare (39,5%), dall’ambizione personale (20%) e dal desiderio di mettersi in proprio (18,3%). Più di un imprenditore su quattro ha fondato la propria azienda (26,9%), gli altri la hanno ereditata (24,7%), rilevata subentrando ai familiari (19,6%) o affiancandoli (16,6%). <b>L’occupazione delle imprese</b> Nel 2008 l’occupazione creata dalle imprese artigiane guidate da giovani imprenditori è aumentata, rispetto al 2007, dello 0,4%. Nel 2009, nonostante la crisi e le difficoltà dei mercati internazionali, dovrebbe crescere di un altro 0,3%. Dati che confermano una volta di più le capacità occupazionali delle piccole imprese. Occupazione stabile, l’87,2% dei giovani imprenditori assume a tempo indeterminato. Nel corso del 2008, l’80% degli imprenditori ha lasciato invariato il numero dei dipendenti occupati dalla propria impresa. Nel 2009, quella percentuale è destinata a salire fino all’88,7%. L’artigianato offre lavoro stabile e qualificato, ma non trova chi vuole occupare quei posti di lavoro. Alla faccia della disoccupazione, del precariato e dei call-center, infatti, l’artigianato continua a vivere una vera e propria emergenza manodopera. Secondo le stime di Confartigianato, il 32% dei posti di lavoro disponibili nell’artigianato resterà scoperto. Una percentuale che, tradotta in numeri, equivale a circa 53mila posti di lavoro rimasti scoperti. Se gli imprenditori hanno cercato e i lavoratori non hanno risposto è per la difficoltà di reperire personale qualificato o con una precedente esperienza lavorativa specifica. Questa la motivazione espressa dal 43,2% dei giovani imprenditori intervistati. A seguire, tra le principali cause di difficoltà nel reperimento di manodopera, c’è la mancanza di strutture formative adeguate (23,5%) e la scarsa disponibilità ad orari e mansioni flessibili manifestata dai lavoratori (14,8%). Per trovare il profilo richiesto, un imprenditore impiega in media 4 mesi, che diventano 6 per le imprese dei servizi alle persone. Per avvicinare i giovani al mondo del lavoro, gli imprenditori hanno sottolineato la necessità di ridurre l’attuale distanza tra scuola e imprese (29,2%), valorizzando maggiormente la formazione professionale (18,6%) e orientando i giovani ad analizzare gli sbocchi del mercato prima di scegliere il percorso scolastico (18,4%). In uno scenario simile, l’apprendistato professionalizzante resta la strada migliore per completare un percorso formativo efficace e realmente capace di avviare i giovani al lavoro. Non deve essere un caso se 8 imprenditori su 10 assumono gli apprendisti al termine del periodo d’apprendistato. <b>Crisi finanziaria e credito alle imprese</b> In appena un mese, da dicembre 2008 a gennaio 2009, è aumentata di quasi quattro punti percentuali, dal 26,2% al 30,9%, la quota di giovani imprenditori che ha subito un irrigidimento del comportamento delle banche nei propri confronti. Un dato che, affiancato agli altri raccolti ed elaborati dall’Ufficio Studi di Confartigianato, contribuisce a rappresentare la problematica cornice dei rapporti tra banche ed imprese, difficile da sempre, diventata insostenibile con l’esplosione della crisi. A gennaio il 41,3% degli intervistati ha denunciato l’aumento delle garanzie richieste dagli istituti di credito, mentre il 30,7% dei giovani artigiani ha accusato l’aumento spropositato ed ingiustificato di spread e costi bancari. Queste stesse due voci, secondo una rilevazione effettuata a dicembre, si fermavano rispettivamente al 20% e al 23,8%. A queste problematiche vanno aggiunte le lungaggini burocratiche, che il 12,3% degli intervistati giudica un ostacolo nei rapporti con le banche. Se queste ultime hanno ristretto i tempi per il rientro dei crediti concessi alle imprese, la pubblica amministrazione continua a far penare gli imprenditori. Per incassare i pagamenti, ogni artigiano deve aspettare in media 3,8 mesi, con punte che superano anche i 5 mesi. La crisi si fa sentire e gli istituti bancari scaricano su imprese e cittadini la mancanza di liquidità e gli errori commessi dalle banche d’investimento americane. Ciò nonostante, i giovani imprenditori non sembrano intenzionati a farsi travolgere da questo tsunami finanziario. Nel corso del 2008, infatti, il 35,9% delle aziende ha operato investimenti per lo sviluppo dell’azienda, sopratutto per sostituire e rinnovare attrezzature (64%), con il risultato principale di conseguire una maggiore produttività del lavoro (54,5%). Una determinazione a potenziare la propria impresa testimoniata anche dal fatto che, per finanziare gli investimenti, ben il 39,7% delle imprese ha impiegato risorse proprie.
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