13 Novembre 2008, h. 00:00

La crisi non cancella la fiducia degli artigiani nel fare impresa

La bestia nera, la crisi finanziaria che ha sconvolto i mercati internazionali, spaventa sì gli artigiani e i piccoli imprenditori italiani, ma solo fino a un certo punto. Certo, la percezione della crisi congiunturale è netta, ma non drammatica: c’è preoccupazione per le sorti dell’economia italiana, ma la fiducia nelle potenzialità della propria impresa rende digeribile perfino il boccone avvelenato d’oltreoceano. Questo, sempre che lo Stato intervenga prontamente mettendo in campo le misure più idonee a garanzia delle MPI. Lo rivela il sondaggio condotto da ISPO per Confartigianato, che ha misurato gli umori delle imprese artigiane circa i primi effetti e i potenziali esiti della crisi finanziaria in corso. Tre le principali questioni rilevate attraverso le domande rivolte a un campione significativo di imprenditori: le previsioni economiche, la crisi finanziaria, l’accesso al credito. Per il 51,8% dei piccoli imprenditori nei prossimi mesi la situazione economica italiana peggiorerà. Un futuro sui toni del grigio che riguarda però solo l’economia complessiva del Paese, non quella della propria azienda. Il 44,3% degli imprenditori intervistati, infatti, pensa che la situazione economica della propria impresa resterà invariata – cioè positiva come ora -, mentre circa un terzo ritiene possibile un peggioramento. Tra le preoccupazioni più diffuse tra gli artigiani, pesa in particolar modo l’aumento dei tassi di interesse (73% degli intervistati). Decisamente più bassa, seppure significativa, la preoccupazione che la crisi possa incidere sui tassi di occupazione della propria impresa: si dice preoccupato in proposito il 40,5% del campione. Rispetto alla precedente rilevazione ISPO effettuata a giugno, la fiducia verso una ripresa dell’economia italiana a breve termine scende dal 50% (il punto più alto raggiunto da maggio 2007) al 14%; parallelamente il timore di un peggioramento della situazione balza dal 12% dello stesso periodo all’attuale 54%. Non stupisce che, in questo scenario, il 60,5% del campione ritenga molto utile l’intervento attivo dello Stato nella crisi finanziaria, contro l’11,5% che invece lo considera dannoso o molto dannoso, e il 25,3 che lo ritiene poco utile. Tra gli interventi che gli imprenditori ritengono più utili per contenere la crisi, al primo posto (58%) c’è la riduzione del carico fiscale. In cima alla lista delle azioni virtuose che lo Stato potrebbe intraprendere per dare una boccata di ossigeno alle imprese, non c’è soltanto l’obiettivamente difficile, ma comunque auspicato taglio delle tasse. C’è anche la richiesta di porre fine ai ritardi di pagamento che minano i bilanci delle MPI che forniscono beni e servizi alla Pubblica Amministrazione. Ritardi record: l’attesa è in media di tre mesi e mezzo, ma per 22.000 imprese (il 28% delle fornitrici della PA) l’attesa supera addirittura i 4 mesi. I ritardi di pagamento della PA condizionano addirittura la percezione che i piccoli imprenditori hanno della crisi in atto: tra il 51,8% degli imprenditori che ritengono che la crisi finanziaria che attraversa l’Italia sia destinata a peggiorare, una larga fetta (+ 4 punti percentuali) è rappresentata proprio dai fornitori della Pubblica Amministrazione. Sul fronte dell’accesso al credito, la metà degli intervistati dichiara di avere in corso finanziamenti attivi con le banche, di cui oltre la metà sono finanziamenti ordinari e un altro 43,5% sono mutui. Per far fronte a eventuali esigenze di liquidità, oltre la metà del campione (54%) risponde che farà ricorso all’autofinanziamento. Solo il 26%, invece, si rivolgerà alle banche. Analogamente a quanto accade con i fornitori della Pubblica Amministrazione, meno fiduciosi di altre categorie di piccoli imprenditori, anche i possessori di mutuo guardano al futuro dell’economia del Paese con maggior pessimismo (+5 punti percentuali). Un dato balza subito all’occhio e ridimensiona, almeno per il momento, i timori che alla crisi finanziaria in atto si accompagni una parallela stretta creditizia: il 70% degli imprenditori non rileva alcun cambiamento di accesso al credito rispetto a tre mesi fa. Per il resto degli imprenditori, le più frequenti azioni restrittive da parte degli istituti di credito sono la richiesta di maggiori garanzie e l’incremento dello spread sui tassi di interesse. Nonostante, dunque, una percentuale rilevante di imprenditori dichiari che il denaro continua ad essere concesso dagli istituti di credito senza maggiori difficoltà rispetto a tre mesi fa, un artigiano su quattro è convinto che l’adesione a un Consorzio Fidi potrebbe rendere più agevole l’accesso al credito della propria azienda.

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