7 Novembre 2008, h. 00:00

Federalismo, Confartigianato a confronto con la Commissione parlamentare

Dopo i numerosi incontri parlamentari sulla crisi economica, il 6 novembre Confartigianato è stata chiamata ad esprimere il proprio giudizio sulla riforma federalista, il cui disegno di legge è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 3 ottobre scorso. Nel corso dell’audizione presso la Commissione parlamentare per le Questioni regionali, il Segretario generale di Confartigianato Imprese, Cesare Fumagalli, ha confermato le impressioni espresse durante la “Summer school” settembrina di Confartigianato ed emerse da un sondaggio che la stessa Confartigianato aveva commissionato per verificare le aspettative che gli artigiani italiani ripongono sul federalismo. “La riforma federalista è una grande occasione per interrompere la spirale perversa del “tassa e spendi”, che all’aumento di spesa pubblica fa corrispondere l’innalzamento della pressione fiscale o l’introduzione di nuove tasse. Per le imprese italiane – ha aggiunto – il federalismo fiscale deve essere sinonimo di responsabilità delle amministrazioni pubbliche, migliori servizi, riduzione degli sprechi, eliminazione delle sovrapposizioni tra livelli di governo e dell’oppressione burocratica”. Le piccole imprese italiane sperano che l’attuazione della riforma federalista, in primo luogo fiscale, cancelli molte delle voci di spesa che oggi appesantiscono i bilanci aziendali e i numerosi e ridondanti adempimenti burocratici, frutto della moltiplicazione delle responsabilità degli enti locali. Sotto accusa la pubblica amministrazione che, spesso, genera sprechi ed una gestione inefficiente degli introiti fiscali. Soprattutto in questo ambito dovrà intervenire la riforma. “Il federalismo fiscale – ha aggiunto Fumagalli – dovrà introdurre elementi di razionalizzazione negli interventi pubblici e di qualificazione della spesa. I recuperi di efficienza della pubblica amministrazione, ed i conseguenti risparmi, dovranno essere, prioritariamente, destinati a ridurre la pressione fiscale che grava su imprese e famiglie”. I principali avversari della riforma federalista hanno spesso denunciato che l’attuazione del federalismo fiscale in Italia potrebbe allontanare il Sud dal resto del Paese. Secondo una recente indagine condotta dall’Ufficio studi di Confartigianato, il PIL pro-capite regionale della Valle d’Aosta, prima regione in questa speciale classifica, nel 2006 si è attestato su una cifra pari al doppio rispetto al PIL pro-capite della Calabria, ultima regione italiana. Gli ultimi otto posti della classifica, secondo i dati Istat, sono occupati proprio dalle otto regioni meridionali. Il pericolo di spezzare in due il Paese potrà essere scongiurato se, come ha sottolineato Cesare Fumagalli, “la costruzione del federalismo fiscale sarà accompagnata da forti elementi di solidarietà che permettano al Mezzogiorno, in un congruo lasso di tempo, di colmare le differenze con il resto del Paese. Per permettere lo sviluppo dei territori che presentano un grado di competitività nettamente inferiore rispetto al sistema Paese, vanno ricercate, in conformità alla legislazione comunitaria, tutte le possibili forme di fiscalità di sviluppo”. La riforma federalista, dunque, potrebbe essere la soluzione ad una gestione inefficiente della spesa pubblica e all’eccessiva tassazione che ne consegue. Infatti, secondo il sondaggio commissionato da Confartigianato, 9 imprenditori associati su 10 ritengono che i servizi erogati dallo Stato non siano allineati con l’ingente prelievo fiscale. Un giudizio positivo, dunque, quello espresso da Confartigianato sul progetto di riforma federalista. L’impianto normativo, però, necessita di alcune correzioni fondamentali per migliorare davvero la vita delle piccole imprese e delle famiglie italiane. “Confartigianato – ha concluso Fumagalli – condivide la scelta di garantire l’integrale copertura dei costi relativi ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, come la sanità, l’assistenza e l’istruzione, sostituendo, però, nella quantificazione delle risorse il criterio della spesa storica con quello del costo standard. Solo così si eviterà di continuare a finanziare le inefficienze e gli sprechi”.

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