21 Dicembre 2009, h. 00:00

Restauro: Confartigianato chiede un tavolo di confronto con Bondi

Slitta avanti il temine entro il quale gli artigiani del restauro dovranno presentare i documenti necessari per accedere all’albo dei restauratori titolati ad operare con le sovrintendenze. Due mesi, questa la proroga concessa dai Beni Culturali, che saranno utili ai piccoli imprenditori per rintracciare con più calma i certificati di regolare esecuzione dei lavori sparsi negli uffici pubblici. Un tempo insufficiente, invece, per costituire un tavolo di lavoro presso il Ministero guidato da Bondi per ridiscutere l’impianto dei nuovi criteri di accesso alla professione che di fatto, se applicati falcerebbero la quasi totalità degli operatori di un settore in cui operano 13.000 imprese e oltre 30.000 addetti, che fino ad oggi ha garantito la cura del patrimonio artistico nazionale. Sospensione delle norme di accesso alla professione per almeno sei mesi. E’questa la richiesta che le tre sigle Confederali hanno rivolto al Governo. Un appello che stato rilanciato da Confartigianato Restauro il 17 dicembre nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato diversi parlamentari di maggioranza e di opposizione tra cui, per il PdL Raffaello Vignali, Enrico Musso e Valter Zanetta, e per il PD Ermete Realacci, Vincenzo Vita, Rosa De Pasquale. Ampia convergenza trasversale sulla necessità di modificare tutti quei punti del Codice del restauro che “rappresentano un attacco al cuore del made in Italy perché non riconoscono la competenza e il saper fare della secolare tradizione dei restauratori artigiani”, come sottolineato dal presidente di Confartigianato Restauro Claudio Macrì. Per Realacci “è impossibile che le competenze del settore siano acquisibili – come invece vorrebbe la norma – solo attraverso lo studio”. Una posizione condivisa da Raffaele Vignali che ha detto che la “formazione non si può sostituire alla pratica, il saper fare si impara a bottega” e che ha invitato il Ministro Bondi a sedersi attorno a un tavolo con le categorie per affrontare la vicenda. “I nostri musei – ha chiosato Vignali – sono il tempio del lavoro manuale; le nuove norme vanno riscritte coinvolgendo attivamente chi opera, c’è un sapere che viene dall’impresa che deve essere riconosciuto”. Preoccupazione che le nuove norme impediscano l’accesso dei giovani alla professione è stata invece espressa dal senatore Zanetta. Tra le proposte per migliorare la normativa, quelle dell’intergruppo bicamerale e bipartisan sulle PMI illustrate dal Senatore Enrico Musso “In Italia – ha spiegato Musso – la professione del restauratore rischia grosso a causa delle normative che sono in corso di applicazione. Io credo che i paletti che si cercano di mettere siano troppo restrittivi, anche se l’idea di tutelare la qualità del lavoro di restauro è sicuramente apprezzabile. Bisogna riportare almeno due questioni: non è pensabile che i restauratori professionali da molti anni, siano costretti a certificare il lavoro svolto presso la pubblica amministrazione; dovrebbe essere sufficiente un’autocertificazione. Inoltre, non è pensabile di escludere retroattivamente con questo provvedimento preso a posteriori i titoli rilasciati da una serie di scuole regionali, statali di alta specializzazione, che hanno anche goduto di fondi comunitari, che sono stati una rappresentanza dell’amministrazione nel campo della formazione in questo settore. Il nostro gruppo ha chiesto di incontrare il ministro Bondi per discutere queste questioni ed assumere i provvedimenti parlamentari conseguenti”. Adesso l’attenzione è rivolta a raccogliere i consensi necessari per portare in aula un emendamento di modifica dell’articolo 182 del Codice del restauro e per ottenere la proroga di sei mesi sollecitata dalle tre Confederazioni.

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