16 Ottobre 2009, h. 00:00
Stretta sugli scarti dell’autoriparazione
Le imprese di autoriparazione che fino a oggi hanno affidato i pezzi sostituti nel corso delle riparazioni a impianti autorizzati allo stoccaggio o alla messa in riserva provvisoria (D15 o R 13) di rifiuti speciali non pericolosi, a partire dallo scorso 26 settembre non possono più farlo. Il giro di vite nella gestione dei rifiuti delle officine che rischia di causare alle imprese oggettivi problemi tecnici, giuridici ed economici, è stato introdotto dal decreto legge 135/2009, noto come «salva infrazioni» attraverso cui l’Italia ha dato attuazione a una serie di obblighi già giunti in scadenza per il ritardo o il non corretto recepimento della normativa comunitaria nell’ordinamento italiano. La nuova normativa – contrastata con decisione da Confartigianato che ha richiesto al Ministero dell’Ambiente di prendere seriamente in considerazione proposte emendative in sede di conversione in legge del decreto – identifica due percorsi che gli autoriparatori devono obbligatoriamente seguire per smaltire i rifiuti prodotti dalle loro attività: possono trasportarli direttamente ai centri di raccolta oppure affidarli ad un trasportatore autorizzato. Nella prima ipotesi, quella del trasporto in prima persona, l’autoriparatore è tenuto a iscriversi all’Albo dei gestori ambientali e a conferire i pezzi da rottamare esclusivamente presso gli autodemolitori autorizzati che effettuano almeno le operazioni relative alla messa in sicurezza ed alla demolizione dei veicoli fuori uso. Minori adempimenti, ma costi maggiori, per gli autoriparatori che decidono di affidarsi a un trasportatore. In questo caso è sufficiente ricorrere a ditte autorizzate e controllare, attraverso il formulario di trasporto, che il materiale venga effettivamente destinato ai centri di raccolta. Nessun cambiamento, invece, per quanto riguarda la gestione dei rifiuti da destinare ai Consorzi (oli e batterie esauste rispettivamente a Coou e Cobat). Il 7 e l’8 ottobre la Confederazione è intervenuta presso il Cespa del Ministero dell’Ambiente (Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali) per segnalare le molte criticità delle nuove norme che non tengono in debito conto di alcuni problemi che di fatto le rendono difficilmente applicabili. E’ stato osservato, tra l’altro, che le modalità di gestione attuali già garantiscono la valorizzazione e il recupero degli scarti, che gli impianti di autodemolizione oltre ad essere distribuiti in modo non uniforme sul territorio sono più vocati alla commercializzazione delle componenti riutilizzabili che al trattamento dei rifiuti, ed infine, che la dizione della legge che limita i nuovi obblighi alla reale fattibilità tecnica delle operazioni, non è sufficiente per mettere al riparo gli autoriparatori da eventuali sanzioni.
Notizie correlate:
Nessun articolo correlato.