2 Aprile 2019, h. 18:24
STUDI – Oltre un milione di indipendenti irregolari, con un tasso di irregolarità del 14,9%, il massimo degli ultimi 20 anni. Concorrenza sleale per 858 mila imprese artigiane con 1,3 milioni di addetti
L’analisi degli ultimi dati disponibili evidenzia che nel quinquennio 2011-2016 il valore aggiunto generato dal sommerso cresce del +2,6% trainato dal +9,6% del valore aggiunto riconducibileal lavoro irregolare. Nel dettaglio nel 2016 il lavoro irregolare rappresenta il 5,1% del valore aggiunto, pari a 78 miliardi di euro, l’8,4% in più rispetto ai 72,0 miliardi di valore aggiunto generato nell’anno dall’intero settore delle Costruzioni.
Nel 2016 sono 3 milioni e 701 mila le unità di lavoro equivalenti non regolari – il 10,6% in più delle unità di lavoro della P.A. – occupate in prevalenza (71,1% del lavoro irregolare) come dipendenti,che sono 2 milioni e 632 mila unità, a cui si aggiungono 1 milione e 69 mila unità indipendenti non regolari (il restante 28,9%). La crisi ha aumentato la presenza sul mercato del lavoro di figure autonome irregolari e, nonostante la lieve diminuzione dello 0,4% in un anno, il fenomeno è evidente nel lungo periodo: in cinque anni, infatti, calano del 5,9% le unità di lavoro indipendentiregolari mentre salgono del 2,2% quelle non regolari, intensificando abusivismo e concorrenza sleale nei confronti delle imprese artigiane regolari. Tale andamento spinge il tasso di irregolarità del lavoro indipendente al 19%,il massimo degli ultimi 20 anni.
In ottica settoriale il tasso di irregolarità del lavoro indipendente è più alto nei Servizi (16,7%), seguiti dalle Costruzioni (13,3%), dal Manifatturiero esteso (10,3%) e dall’Agricoltura (8,2%). In cinque anni il tasso di irregolarità del lavoro indipendente cresce di 1 punto percentuale; in chiave settoriale si osserva l’aumento più intenso nelle Costruzioni (+2,0 punti percentuali), seguite dai Servizi (+0,9 punti) e dal Manifatturiero esteso ed Agricoltura (entrambi con +0,4 punti in più).
L’economia sommersa, misurata dal totale degli occupati non regolari di tutti i settori, conta 3 milioni è il terzo settore dell’economia italiana: gli occupati irregolari sono due volte e mezzo gli occupati regolari delle Costruzioni, e non sono distanti dai 3,9 milioni di occupati regolari del Manifatturiero.
Nostre precedenti valutazioni hanno evidenziato che sono maggiormente esposte alla concorrenza sleale del sommerso 858.347 imprese artigiane, pari a quasi i due terzi (64,7%) dell’artigianato nazionale, che danno lavoro a 1.339.401 addetti, circa la metà (49,7%) dell’occupazione dell’artigianato.
Il sommerso produce effetti distorti sul sistema di prelievo, generando un aumento della pressione tributaria e contributiva a carico dei contribuenti onesti. Le entrate dello Stato non includono,per definizione, l’evasione mentre il PIL comprende l’economia sommersa stimata dall’Istat: alla luce di queste considerazioni la pressione fiscale “apparente” per il 2018, pari al 42,2% del PIL, si trasforma in una pressione fiscale “effettiva” – calcolata come il rapporto tra le entrate ed il PIL al netto dell’economia sommersa pari al 48,1%, superiore di 5,9 punti in più al valore ufficiale.
Si appesantisce, quindi, la condizione dei contribuenti italiani che, nel confronto internazionale sulcarico fiscale misurato dal tax burden, nel 2018 pagano un gap di maggiori imposte tra Italia ed Eurozona che vale 12,1 miliardi di euro, pari a 199 euro pro capite.
Le ultime tendenze del sommerso nel report “Sommerso: il peso della concorrenza sleale sulle piccole imprese e sull’artigianato” presentato dall’Ufficio Studi giovedì scorso a Terni. Il quadro dell’artigianato esposto alla concorrenza sleale del sommerso per territorio nel rapporto Mezzogiorno. Clicca qui per scaricare le due pubblicazioni.
Clicca Qui per scaricare i grafici.
Notizie correlate:
Nessun articolo correlato.