1 Agosto 2016, h. 13:00

STUDI – La crisi dell’Europa – Fiducia dei cittadini europei nell’Unione europea al 33%, ai minimi degli ultimo decennio. Per l’Italia fiducia al 29%, – 2 punti rispetto 6 mesi prima

 Con lo scoppio della crisi dei debiti sovrani – innescata in Grecia e trasmessa nel 2011 ai Paesi europei maggiormente indebitati – e l’attivazione di politiche di forte austerità, è scesa la fiducia nei confronti dell’Unione Europea. Secondo gli ultimi dati di Eurobarometro riferiti a maggio 2016, e quindi precedenti alla Brexit, la fiducia nell’Ue è espressa dal 33% per i cittadini dell’Unione a 28, pur se in aumento di un punto percentuale rispetto a novembre 2015, risulta in diminuzione di ben 7 punti percentuali al confronto con la rilevazione di un anno prima. Per quanto riguarda l’Italia, la fiducia si attesta al 29%, 2 punti percentuali in meno di novembre 2015 e sempre 7 punti inferiore allo stesso periodo dell’anno precedente. Inoltre, tra i paesi monitorati nell’ultima rilevazione effettuata tra il 21 e il 31 maggio 2016, si osserva che il Regno Unito ha segnato un incremento di 7 punti della fiducia nei confronti dell’Ue rispetto alla rilevazione di novembre 2015, raggiungendo il 30%, valore in linea a quello dell’Italia.

In serie storica si osserva che la fiducia espressa dai cittadini europei è sui minimi degli ultimo decennio: l’ultimo valore registrato è di soli 2 punti percentuali superiore al minimo toccato nel maggio 2013, mentre, per quanto riguarda gli italiani, il livello di fiducia è superiore di 7 punti percentuali al valore più basso di maggio 2012. Considerando il periodo dallo scoppio della crisi europea del debito sovrano – dal 2010 – la fiducia nell’Ue dei cittadini europei è scesa di 9 punti, -13 punti per gli italiani.

Sul calo della fiducia influiscono certamente le valutazioni delle risposte delle istituzioni europee alle nuove sfide, tra cui nel 2016 spicca la crisi dei migranti. A tal proposito si osserva come la reazione basata sul ripristino dei confini e dei controlli doganali potrebbe influire pesantemente sul commercio internazionale e sulla crescita economica dell’intera Unione. A questo proposito anche il commercio estero del nostro Paese potrebbe essere condizionato in modo rilevante considerando che nel 2015 più della metà (51,2%, pari a 203.453 milioni di euro) delle vendite del made in Italy manifatturiero è destinata ai 25 Paesi che, oltre all’Italia, appartengono all’area Schengen (tra questi 25 Paesi, 21 fanno parte dell’Unione Europea).

Tra i 25 partner commerciali dell’Italia nell’area Schengen, la quota maggiore di esportazioni manifatturiere italiane è destinata alla Germania con il 23,8% pari a 48.380 milioni di euro; segue la Francia con il 20,1% pari a 40.940 milioni di euro, la Spagna con il 9,4% pari 19.101 milioni di euro, la Svizzera con il 9,1% pari a 18.593 milioni di euro, il Belgio con il 6,9% pari a 14.088 milioni di euro e la Polonia con il 5,2% pari a 10.530 milioni di euro.

L’analisi del grado di esposizione sui mercati che hanno ripristinato temporaneamente il controllo delle frontiere evidenzia che, a fronte di una media nazionale del 6,5% del rapporto tra export manifatturiero nei sei Paesi in esame e PIL, la quota sale al 10,1% nel Nord Est, seguito dall’8,5% del Nord Ovest, dal 4,3% del Centro e dal 2,4% del Mezzogiorno. Tra le regioni, la più esposta è il Veneto con esportazioni nell’area che valgono il 10,6% del PIL, seguita dal Friuli-Venezia Giulia con il 10,5%, dal Piemonte con il 10,4% e dall’Emilia-Romagna con il 10,0%.

I controlli di frontiera temporanei nello spazio Schengen genererebbero costi diretti stimati fino allo 0,13% del PIL europeo, pari a 18 miliardi di euro all’anno (Commissione europea, 2016); in particolare i controlli di frontiera costerebbero agli 1,7 milioni di lavoratori frontalieri fino a 5,2 miliardi di euro in termini di tempo perduto, potrebbero andare persi 1,2 miliardi di euro per la perdita di 13 milioni di pernottamenti turistici e i governi dovrebbero sostenere fino a 5,8 miliardi di euro di costi del personale per i controlli di frontiera. A questo proposito, dai Paesi interessati da deroghe temporanee agli accordi di Schengen provengono turisti che determinano il 40,5% delle presenze turistiche in Ue a 28 e il 21,2% delle presenze in Italia.

L’analisi approfondita della crisi europea – con un esame della la spesa pubblica per gestire la crisi dei migranti, le richieste di asilo nell’Unione europea, la presenza degli stranieri nel mercato del lavoro e la Brexit – nell’11° Rapporto annuale “L’economia ibrida, valori artigiani e tecnologie digitali” per l’Assemblea Confartigianato 2016. Clicca qui per scaricarlo.

 

Fiducia nei confronti dell’istituzione Unione europea: cittadini ITALIA e UE

Maggio 2005 – maggio 2016; % popolazione Italia e Ue a 28 di 15 anni ed oltre – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Commissione europea

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Made in Italy manifatturiero per raggruppamento dei Paesi

Anno 2015; esportazioni in milioni di euro cumulati e % su export verso il Mondo; export manifatturiero: Sezione C Ateco 2007 – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

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Made in Italy manifatturiero verso i 25 Paesi europei appartenenti all’area Schengen

Anno 2015; valori delle esportazioni in milioni di euro cumulati; export manifatturiero: Sezione C Ateco 2007 – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

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Esposizione delle regioni nei sei Paesi con temporanea reintroduzione dei controlli alle frontiere

(% Export Manifatturiero (C Ateco 2007) del 2015 su PIL cor. del 2014; Paesi=Danimarca, Norvegia, Svezia, Francia, Germania e Austria – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat)

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