1 Dicembre 2014, h. 17:15

Il Governo troverà i 40 milioni per la piccola mobilità

La vicenda della piccola mobilità sembra avviarsi verso una conclusione positiva. Grazie ad un emendamento alla legge di stabilità promosso da Confartigianato e approvato in settimana alla Camera, è arrivata la copertura finanziaria che garantisce gli sgravi fiscali ai piccolo imprenditori che hanno assunto personale licenziato da altre imprese. “Ringrazio quei deputati che si sono fatti carico di questa battaglia, l’hanno sentita propria, hanno sostenuto l’emendamento e che hanno fatto in maniera che venisse corretta una stortura che in un mondo diverso sarebbe schizofrenia” . Una battuta, quella del vicepresidente vicario di Confartigianato, Claudio Miotto, che ben descrive l’agghiacciante vicenda della piccola mobilità, una storia che vale quasi 40 milioni di euro, che coinvolge in tutta Italia più di 30mila artigiani e partite Iva e di cui vi avevamo parlato nei mesi scorsi.
Tutto nasce nel gennaio 2013, quando la riforma Fornero cancella il bonus previsto per la piccola mobilità, uno sgravio contributivo di circa 300 euro mensili, per 12 o 18 mesi, che ha permesso a tanti dipendenti di ritrovare lavoro e alle piccole imprese di contare su personale già qualificato. Fin qui nessun problema, se non fosse che l’INPS, a quel punto, ha iniziato a chiedere indietro i fondi già assegnati agli imprenditori e che sarebbero durati anche oltre la fine dell’esperienza della piccola mobilità. “Si fa una norma – ha aggiunto Miotto – dando stimolo alle imprese per assumere in momenti difficili grazie agli sgravi contributivi. Dopodiché si arriva al 31 dicembre e si dice: scusate, abbiamo scherzato, ci dovete ridare indietro i contributi che vi abbiamo dato. Questo è il grave problema politico di questa storia, la retroattività delle norme”.
Una vicenda grottesca, anche per i risvolti legali, non soltanto per quelli economici. “Oltre alla questione economica, c’è l’aspetto tecnico, quello di essere considerati degli evasori per non aver pagato i contributi. Soprattutto, però, per quelle imprese che per operare hanno bisogno del Durc, il certificato di regolarità contributiva. Queste, infatti, si ritrovavano a non poter lavorare perché l’INPS, essendo considerati degli evasori, non poteva rilasciare il Durc – ha concuso Miotto – questo è il quadro generale. E’ possibile? Si vuole incentivare il lavoro e l’occupazione? E allora offriamo certezze alle imprese. Se ci sarà lavoro, le imprese assumeranno certamente”.

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