10 Novembre 2006, h. 15:58
Il futuro dell’artigianato italiano è nelle mani di 163.481 giovani imprenditori I risultati del 1° Osservatorio sull’imprenditoria giovanile artigiana presentati all’Assemblea dei Giovani Imprenditori di Confartigianato
Il futuro dell’artigianato italiano è nelle mani di 163.481 giovani imprenditori.
Le nuove leve delle Pmi hanno in media 31 anni, possiedono un titolo di studio elevato, sono concentrati in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, operano prevalentemente nei settori delle costruzioni e del manifatturiero, hanno scelto di continuare la tradizione imprenditoriale della propria famiglia. Reagiscono alla crisi che ha colpito molto loro aziende con una forte propensione all’innovazione, alla formazione e all’aggiornamento professionale di se stessi e dei propri dipendenti.
Questo l’identikit dei giovani ‘capitani’ delle piccole imprese italiane che emerge dal 1° Osservatorio sull’imprenditoria giovanile artigiana, presentato all’Assemblea dei Giovani Imprenditori di Confartigianato organizzata a Firenze il 10 e 11 novembre.
Ecco nel dettaglio i risultati della ricerca.
Chi sono
I giovani artigiani sono 163.481. La maggior parte ha un’età di 31 anni e possiede un titolo di studio elevato: più della metà ha infatti un diploma di scuola superiore ed il 13% è laureato. Sono soprattutto i maschi ad essere capitani d’azienda in età giovane (68,2%), ma le donne che fanno breccia in un mondo ancora tipicamente maschile hanno una cultura mediamente più elevata.
La maggioranza dei giovani artigiani (64,5%) ha scelto di fare impresa per seguire le orme dei propri familiari. Soltanto il 15,5% ha utilizzato incentivi pubblici che comunque non considera determinanti per avviare l’attività.
I giovani artigiani sono attenti al loro futuro: oltre il 40% ha già sottoscritto una pensione integrativa, ma un terzo di coloro che non l’ha stipulata si dichiara interessato a farlo.
Dove sono
La maggior parte è localizzata nel Nord, in particolare in Lombardia (17,9%), in Emilia Romagna (10,8%) e in Veneto (10,2%).
Ma il peso più consistente di artigiani under 30 rispetto al totale degli artigiani attivi nelle regioni italiane si registra al Sud, in particolare in Calabria (11,2% sul totale artigiani della regione), in Campania (10%), in Molise (9,6%), in Abruzzo (9,1%).
Cosa fanno
Il 41,6% delle attività dei giovani artigiani si concentra nel settore delle costruzioni. Seguono il comparto manifatturiero (29,9%), i servizi alle persone (11,5%) e i servizi alle imprese (4,5%). La metà delle imprese guidate da giovani ha in media fino a 5 dipendenti.
Il 40,3% dei giovani imprenditori opera nel mercato locale, circa un quarto in quello regionale e un quarto in tutta Italia. L’11% espande le proprie attività anche all’estero.
Ma, per i giovani, fare impresa è difficile. Infatti, dal 2004 al 2005 le imprese degli artigiani junior sono diminuite da 172.757 a 163.481, con un calo del 5,4%.
Le difficoltà riguardano tutte le regioni – con le peggiori performances in Valle d’Aosta (-8,5%), Lombardia (-6,3%), Calabria (-7,6%) e Basilicata (-6%) e con l’unica eccezione positiva del Molise dove, nel 2005, i giovani artigiani sono aumentati dello 0,7% – e in tutti i settori. Più numerose le chiusure di attività manifatturiere (-8,8%), con i due comparti dell’alimentare e della lavorazione dei metalli che hanno perso rispettivamente il 2,4% e il 9,4% dei giovani artigiani. Minori le perdite nel settore delle costruzioni che registra un calo dell’1,2%.
Le imprese guidate da giovani sono fortemente innovative e molto attente all’aggiornamento, alla formazione professionale, alla certificazione di qualità. Il 70% delle aziende ha infatti introdotto innovazioni, soprattutto di processo (40% circa) negli ultimi due anni, ma anche nei prodotti e nei servizi (34,5%) e nell’organizzazione aziendale (26%). Chi invece non ha innovato attribuisce tale scelta soprattutto ai costi elevati e allo scarso sostegno finanziario alle piccole imprese.
Molto diffusi l’aggiornamento e la formazione professionale sia dei dipendenti sia degli stessi titolari e soci: quasi un quarto dei giovani è assiduamente impegnato nella formazione, e circa il 50% vi si applica per specifici progetti o attività.
Molto importante anche la visibilità dell’azienda: il 36% circa delle giovani imprese è già dotata di un proprio sito Internet e quasi il 60% ha sponsorizzato eventi legati alla comunità in cui opera.
Il 44% dei giovani imprenditori sceglie di assumere dipendenti che abbiano esperienza e che siano affidabili. Per il 16,4% è importante anche il requisito della preparazione tecnica specifica e per il 10,3% la flessibilità e la disponibilità ad assumere più ruoli nell’azienda.
Il 38% dei giovani imprenditori ritiene che le produzioni made in Italy vadano difese e valorizzate attraverso la riduzione del costo del lavoro o, in alternativa, agendo direttamente sulla capacità esportativa italiana e applicando politiche protezionistiche (27,9%).
Sul tema dell’immigrazione, il 55,7% dei giovani artigiani pensa che si dovrebbe porre un freno al fenomeno, sia rafforzando gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo (28,1%), sia salvaguardando la nostra cultura ed i nostri valori (27,6%).
A proposito dell’alto tasso di nati-mortalità imprenditoriale nel nostro Paese, il 38,7% dei giovani imprenditori sostiene che sia sintomo di superficialità e di sottovalutazione delle difficoltà a mettersi in proprio. Per il 31,6% dei giovani ci dovrebbe essere dunque una selezione di partenza delle idee veramente valide, in modo da scoraggiare progetti destinati al fallimento.
Sul tema dei contratti a progetto previsti dalla Legge Biagi, il 37,8% dei giovani imprenditori ritiene che siano utili per rispondere alle esigenze di flessibilità delle aziende. Ma un quarto degli artigiani è convinto che per la piccola impresa sia preferibile il contratto di apprendistato o comunque un rapporto con il lavoratore stabile nel tempo. Non manca però chi esce dal coro: il 23% ritiene infatti che l’eccessiva flessibilità leda la dignità dei lavoratori e che, su questo fronte, anche le imprese dovrebbero essere più attente.
In materia di accesso al credito, ben il 38% non conosce le implicazioni di Basilea 2. Chi invece sa di cosa si tratta appare preoccupato e convinto che bloccherà la nascita e lo sviluppo delle piccole imprese (27,7%). C’è però anche chi guarda con favore alle nuove norme di erogazione del credito (17,2%) in quanto crede che si concederanno finanziamenti solo alle aziende più solide e dunque maggiormente in grado di competere sul mercato.
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