15 Novembre 2007, h. 08:08

Presentazione anteprima risultati Indagine “Fare Innovazione ‘senza Ricerca’” Le piccole imprese si scoprono leader d’innovazione. 145 mila piccoli imprenditori investono 1,8 miliardi l’anno per la competitività made in Italy

Sono 145 mila, un quarto di tutte le aziende manifatturiere e informatiche con meno di 20 addetti, le realtà produttive italiane a tutti gli effetti impegnate in processi di profonda innovazione del proprio modo di fare impresa. E ciò senza passare attraverso i consueti canali della ricerca con la “R” maiuscola, quindi senza essere visibili nel circuito delle medie-grandi imprese e dell’Università. Si può fare, sperimentare, introdurre innovazione, quindi, anche senza entrare in meccanismi troppo complessi e sovraordinati rispetto alle proprie dimensioni di impresa.

Sono questi, in sintesi i risultati dell’indagine “Fare Innovazione ‘senza Ricerca’” presentati in anteprima oggi a Roma, presso la sede della Confartigianato, da Giorgio Guerrini, presidente Confartigianato Imprese, Cesare Fumagalli, segretario generale Confartigianato Imprese, Giuseppe Roma, direttore generale Censis, con un intervento-testimonianza di Samuele Broglio imprenditore biellese.

L’indagine realizzata dal Censis per conto e in collaborazione di Confartigianato mostra chiaramente, attraverso un’analisi dettagliata di questo spaccato di imprese che innovano, come anche le piccole imprese siano molto impegnate in un processo di continua ricerca e sperimentazione interna, oscuro ai più, perché si svolge quasi esclusivamente nel chiuso delle mura aziendali, talvolta, ma sempre meno, in modo informale e infine perché, malgrado si alimenti di un continuo scambio di informazioni con il mercato esterno – fornitori, clienti, aziende committenti, professionisti – risulta resistente a ogni forma di collaborazione con Università o enti di Ricerca.

La grande maggioranza delle piccole imprese leader d’innovazione svolge attività di ricerca, sperimentazione, prototipazione al proprio interno, dedicandovi il 13% del monte ore lavorate in un anno ed investendovi circa 1,8 miliardi di euro l’anno.

La metà di questa categoria di imprese ritiene che l’innovazione più importante realizzata negli ultimi anni è nata dall’attività di ricerca e sperimentazione svolta all’interno, e solo il 3% afferma che a tal fine è stata determinante la collaborazione con una università o un ente di ricerca.

Il 70% delle innovazioni introdotte si traduce per le aziende in un vantaggio competitivo sul mercato, mentre nel 30% dei casi in un allineamento agli standard delle altre imprese. La quasi totalità delle imprese (91%) che lavorano in sub-fornitura partecipano attivamente all’innovazione delle committenti: nella maggior parte dei casi (38%) collaborando all’individuazione di soluzioni innovative rispetto al prodotto finale, nel 31,6%, proponendo spontaneamente all’azienda committente prodotti o materiali ad alto valore innovativo, nel 15,2% individuando le soluzioni  richieste dal committenti e infine nel 6,3% trasferendo macchinari e tecnologie che l’azienda committente non conosceva.

Ma fare innovazione costa, comunque, anche senza entrare nei circuiti alti della ricerca universitaria, e soprattutto per le piccole imprese che devono finanziarla in massima parte per conto proprio, considerato che il 72% delle spese sostenute vengono finanziate con mezzi propri, e solo il 2,5% con finanziamenti pubblici agevolati. Un costo che, per quanto invisibile, perché non contabilizzato dalle statistiche nazionali e per la difficoltà degli imprenditori stessi a evidenziarlo nei propri bilanci, ammonta a circa il 19% delle spese aziendali, e che stimato sull’intero universo, porta a circa 1,8 miliardi di euro l’investimento che le aziende manifatturiere e informatiche con meno di 20 addetti sostengono per fare innovazione e ricerca.

“L’indagine – hanno sottolineato il Presidente di Confartigianato Imprese Giorgio Guerrini e il segretario generale di Confartigianato Imprese Cesare Fumagalli  – colma il gap conoscitivo sui piccoli e dinamici campioni dell’innovazione che ogni giorno, con una costante attività di sperimentazione e di invenzione, contribuiscono a migliorare la competitività dei prodotti italiani. A conferma del fatto che sul mercato vince la qualità delle imprese, non la loro dimensione. I risultati che scaturiscono dall’indagine circa la forte propensione delle piccole imprese all’innovazione dovrebbero orientare anche gli interventi di politica economica finora pensati senza conoscere la realtà del nostro sistema imprenditoriale e le potenzialità dei piccoli imprenditori”.

Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, ha richiamato l’attenzione “sul ruolo di ‘minoranza trainante’ per l’intera economia nazionale svolto dalla piccola impresa capace di innovare, nonché sul fatto che il più efficace stimolo all’innovazione resta sempre e comunque l’orientamento al mercato, come chiaramente dimostra la ricerca svolta su questo segmento di piccole imprese”.

Roma, 15 novembre 2007

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