26 Luglio 2005, h. 10:56

Energia elettrica: Liberalizzazione alla rovescia. per le Pmi europee i prezzi calano, in Italia aumentano. L’analisi di Confartigianato

Altro che vantaggi da liberalizzazione: dal 1999 – anno della riforma del mercato dell’elettricità (la cosiddetta ‘riforma Bersani’) – al 2004, per le imprese italiane il costo dell’energia elettrica è costantemente aumentato, mentre per le aziende europee è diminuito.

Confartigianato ha condotto un’analisi dei prezzi al netto delle imposte per le classi di consumo relative alle piccole imprese .

Risultato: tra il 1999 e il 2004 i prezzi dell’elettricità per le imprese italiane sono cresciuti sistematicamente con percentuali oscillanti tra l’1,6% e il 30,3%, mentre per le aziende europee il prezzo al netto delle imposte è sceso tra il 7% e il 12,9%.

dato Europa: media ponderata Germania, Francia, R.Unito e Spagna

Elaborazione Confartigianato su dati EUROSTAT e Autorità per l’ Energia
I dati dimostrano che, indipendentemente dalla componente fiscale, in Italia persiste un problema di mancata liberalizzazione reale, che rende progressivamente meno competitive le nostre imprese rispetto al resto d’Europa: una vera e propria ‘liberalizzazione alla rovescia’ che ha fatto crescere i prezzi in Italia invece che diminuirli, come è avvenuto nel resto d’Europa.

Recupero di competitività grazie ai Consorzi energia
Confartigianato ha poi condotto una specifica analisi sulla tipologia di impresa con un profilo di consumo medio di 358.017 kWh/anno, vale a dire l’impresa-tipo servita dalle tre strutture consortili per l’acquisto di energia in gruppo sul mercato libero realizzate all’interno del ‘sistema Confartigianato’ (Consorzio Caem, Consorzio Multienergia, Consorzio Cenpi Nord Ovest).

Per questo profilo di imprese il divario dei prezzi dell’energia al lordo delle imposte rispetto alla media europea, tra il 1999 e il 2004, è più che raddoppiato, passando da 13,7% al 27,6%.

Questa tipologia di impresa italiana paga l’energia elettrica 10.300 €/anno in più rispetto ad un competitor europeo, dei quali 5.160 €/anno (il 50,1%) dovuti a maggiori imposte.

La possibilità di ricorrere ai Consorzi energia, messi a disposizione da Confartigianato alle proprie imprese in questi ultimi 4 anni (i Consorzi che hanno permesso al cliente finale non domestico idoneo di acquistare in gruppo l’elettricità sul mercato libero negoziando i prezzi di fornitura direttamente con l’operatore prescelto e beneficiando di  importanti economie di scala) ha comunque consentito di ridurre del 24% il gap di competitività, con risparmi medi di 2.473 €/anno per impresa. Ciò conferma la validità dello strumento, anche se nel periodo osservato (dal luglio 1999 al luglio 2004) esso è stato utilizzabile solo da imprese con consumi annui superiori a 100.000 kWh.

Il fisco allarga il gap di competitività con l’Ue

Secondo l’analisi di Confartigianato, il peso della componente fiscale sul prezzo dell’elettricità ha allargato il gap di competitività tra imprese italiane e imprese europee.

Nel 2004, il peso fiscale sul kWh in Italia è sempre superiore all’Europa, con un gap che oscilla tra il 5,4% e il 7,3%.
PESO DELLA FISCALITA’ SUL PREZZO DELL’ ENERGIA

incidenza della fiscalità sul prezzo lordo dell’energia elettrica nel 2004

Fiscalità locale iniqua e sempre più pesante

Inoltre, il peso del fisco è ripartito in modo sperequato sulle diverse classi di consumo.

Confartigianato ha esaminato l’impatto degli oneri della fiscalità locale sul costo dell’elettricità per le imprese.

L’attuale disciplina italiana sulle imposte addizionali degli enti locali (prevista dal D.L. 511/88, convertito nella legge 27.01.89 n. 20 e successive modifiche e integrazioni) sui consumi di energia elettrica per gli usi diversi dall’abitazione e dall’illuminazione pubblica, prevede un aliquota solo per i consumi inferiori a 200.000 kWh/mese. Essa è pari a 0,93 centesimi di euro  (18 lire) per kWh ed è incrementabile a discrezione di ciascuna amministrazione provinciale fino a 1,13 centesimi di euro (22 lire) per kWh.

Invece per i consumi superiori a 200.000 kWh/mese (vale a dire quelli delle grandi imprese) è prevista l’esenzione totale dall’addizionale.

Si tratta di un trattamento fiscale palesemente iniquo, che penalizza ulteriormente, le piccole imprese italiane rispetto ai grandi consumatori industriali (che tra l’altro godono già di molti altri trattamenti agevolati, come gli incentivi e le riserve di bande estere per l’energia elettrica interrompibile).

L’analisi della distribuzione territoriale dei valori dell’aliquota dell’addizionale enti locali sul consumo di energia elettrica, mostra che tale accisa da sola incide tra il 7% e il 9% sul totale della bolletta elettrica finale di tutti i consumatori finali non domestici con consumi mensili inferiori ai 200.000 kWh.

Dal raffronto tra i valori dell’addizionale tra il 2000 e il 2004, effettuato su tutte le province, si nota che il numero delle Amministrazioni provinciali che hanno applicato l’aliquota massima (0,0113 €/kWh) è cresciuto in 4 anni dalle 17 province del 2000 a ben 57 province del 2004 (+ 335%), a conferma dell’incremento della peso della fiscalità locale su un importante fattore di costo per le pmi e le imprese artigiane quale il consumo di energia elettrica. Quindi il 45,1% delle Amministrazioni provinciali ha aumentato tra il 2000 e il 2004 l’aliquota dell’addizionale, mentre solo in un caso, (Treviso, che peraltro richiedeva nel 2000 l’aliquota massima) si osserva una diminuzione. Il rimanente 53,9% ha mantenuto inalterata l’addizionale. Inoltre, ben 38 province su 102 sono passate, nel periodo considerato, dalla aliquota minima a quella massima (37,3% del totale, ovvero circa una provincia su tre) e 16 amministrazioni che nel 2000 richiedevano l’aliquota massima, non l’hanno diminuita nel 2004.

Altro che vantaggi da liberalizzazione: dal 1999 – anno della riforma del mercato dell’elettricità (la cosiddetta ‘riforma Bersani’) – al 2004, per le imprese italiane il costo dell’energia elettrica è costantemente aumentato, mentre per le aziende europee è diminuito.

Confartigianato ha condotto un’analisi dei prezzi al netto delle imposte per le classi di consumo relative alle piccole imprese .

Risultato: tra il 1999 e il 2004 i prezzi dell’elettricità per le imprese italiane sono cresciuti sistematicamente con percentuali oscillanti tra l’1,6% e il 30,3%, mentre per le aziende europee il prezzo al netto delle imposte è sceso tra il 7% e il 12,9%.

dato Europa: media ponderata Germania, Francia, R.Unito e Spagna

Elaborazione Confartigianato su dati EUROSTAT e Autorità per l’ Energia
I dati dimostrano che, indipendentemente dalla componente fiscale, in Italia persiste un problema di mancata liberalizzazione reale, che rende progressivamente meno competitive le nostre imprese rispetto al resto d’Europa: una vera e propria ‘liberalizzazione alla rovescia’ che ha fatto crescere i prezzi in Italia invece che diminuirli, come è avvenuto nel resto d’Europa.

Recupero di competitività grazie ai Consorzi energia
Confartigianato ha poi condotto una specifica analisi sulla tipologia di impresa con un profilo di consumo medio di 358.017 kWh/anno, vale a dire l’impresa-tipo servita dalle tre strutture consortili per l’acquisto di energia in gruppo sul mercato libero realizzate all’interno del ‘sistema Confartigianato’ (Consorzio Caem, Consorzio Multienergia, Consorzio Cenpi Nord Ovest).

Per questo profilo di imprese il divario dei prezzi dell’energia al lordo delle imposte rispetto alla media europea, tra il 1999 e il 2004, è più che raddoppiato, passando da 13,7% al 27,6%.

Questa tipologia di impresa italiana paga l’energia elettrica 10.300 €/anno in più rispetto ad un competitor europeo, dei quali 5.160 €/anno (il 50,1%) dovuti a maggiori imposte.

La possibilità di ricorrere ai Consorzi energia, messi a disposizione da Confartigianato alle proprie imprese in questi ultimi 4 anni (i Consorzi che hanno permesso al cliente finale non domestico idoneo di acquistare in gruppo l’elettricità sul mercato libero negoziando i prezzi di fornitura direttamente con l’operatore prescelto e beneficiando di  importanti economie di scala) ha comunque consentito di ridurre del 24% il gap di competitività, con risparmi medi di 2.473 €/anno per impresa. Ciò conferma la validità dello strumento, anche se nel periodo osservato (dal luglio 1999 al luglio 2004) esso è stato utilizzabile solo da imprese con consumi annui superiori a 100.000 kWh.
MAGGIORI COSTI  E RECUPERO DI COMPETITIVITA’

prezzi al lordo di imposte – profilo piccola impresa energivora

Valori
Profilo di consumo (kWh/anno)
358.017

Maggiore prezzo Italia-Europa al netto delle imposte (€/anno)
5.140
Maggiore imposizione fiscale ITA-Europa (€/anno)
5.160
Maggiori costi rispetto Europa (€/anno)
10.300

Minori costi consentiti da acquisto in consorzio (€/anno)
2.473
Recupero di competitività (%)
24,0%

Elaborazione Confartigianato su dati EUROSTAT e Consorzi Energia Confartigianato

Il fisco allarga il gap di competitività con l’Ue
Secondo l’analisi di Confartigianato, il peso della componente fiscale sul prezzo dell’elettricità ha allargato il gap di competitività tra imprese italiane e imprese europee.

Nel 2004, il peso fiscale sul kWh in Italia è sempre superiore all’Europa, con un gap che oscilla tra il 5,4% e il 7,3%.
PESO DELLA FISCALITA’ SUL PREZZO DELL’ ENERGIA

Fiscalità locale iniqua e sempre più pesante

Inoltre, il peso del fisco è ripartito in modo sperequato sulle diverse classi di consumo.

Confartigianato ha esaminato l’impatto degli oneri della fiscalità locale sul costo dell’elettricità per le imprese.

L’attuale disciplina italiana sulle imposte addizionali degli enti locali (prevista dal D.L. 511/88, convertito nella legge 27.01.89 n. 20 e successive modifiche e integrazioni) sui consumi di energia elettrica per gli usi diversi dall’abitazione e dall’illuminazione pubblica, prevede un aliquota solo per i consumi inferiori a 200.000 kWh/mese. Essa è pari a 0,93 centesimi di euro  (18 lire) per kWh ed è incrementabile a discrezione di ciascuna amministrazione provinciale fino a 1,13 centesimi di euro (22 lire) per kWh.

Invece per i consumi superiori a 200.000 kWh/mese (vale a dire quelli delle grandi imprese) è prevista l’esenzione totale dall’addizionale.

Si tratta di un trattamento fiscale palesemente iniquo, che penalizza ulteriormente, le piccole imprese italiane rispetto ai grandi consumatori industriali (che tra l’altro godono già di molti altri trattamenti agevolati, come gli incentivi e le riserve di bande estere per l’energia elettrica interrompibile).

L’analisi della distribuzione territoriale dei valori dell’aliquota dell’addizionale enti locali sul consumo di energia elettrica, mostra che tale accisa da sola incide tra il 7% e il 9% sul totale della bolletta elettrica finale di tutti i consumatori finali non domestici con consumi mensili inferiori ai 200.000 kWh.

Dal raffronto tra i valori dell’addizionale tra il 2000 e il 2004, effettuato su tutte le province, si nota che il numero delle Amministrazioni provinciali che hanno applicato l’aliquota massima (0,0113 €/kWh) è cresciuto in 4 anni dalle 17 province del 2000 a ben 57 province del 2004 (+ 335%), a conferma dell’incremento della peso della fiscalità locale su un importante fattore di costo per le pmi e le imprese artigiane quale il consumo di energia elettrica. Quindi il 45,1% delle Amministrazioni provinciali ha aumentato tra il 2000 e il 2004 l’aliquota dell’addizionale, mentre solo in un caso, (Treviso, che peraltro richiedeva nel 2000 l’aliquota massima) si osserva una diminuzione. Il rimanente 53,9% ha mantenuto inalterata l’addizionale. Inoltre, ben 38 province su 102 sono passate, nel periodo considerato, dalla aliquota minima a quella massima (37,3% del totale, ovvero circa una provincia su tre) e 16 amministrazioni che nel 2000 richiedevano l’aliquota massima, non l’hanno diminuita nel 2004.

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