8 Aprile 2019, h. 13:30

STUDI – Verso il DEF 2019 – Crescita prioritaria: PIL pro capite in Italia -7% rispetto pre crisi, in Germania +12%. Conti pubblici: nel 2020 clausole di salvaguardia salgono all’1,3% del PIL

Giovedì scorso è stato varato il Decreto Crescita, centrato su sgravi e incentivi fiscali, disposizioni per il rilancio degli investimenti privati e norme per la tutela del made in Italy. L’ingresso in recessione tecnica dell’economia italiana ripropone la questione chiave della crescita. Nel 2018 il PIL è salito dello 0,9% ma nel confronto internazionale il tasso di crescita dell’Italia rimane il più basso dell’Unione europea e risulta dimezzato rispetto all’1,8% dell’area dell’euro. Nelle previsioni dell’Ocse per i paesi del G20 l’Italia nel 2019 sarà in recessione, insieme con Turchia e Argentina.

Nel 2018 il PIL pro capite dell’Italia rimane al di sotto del 7% rispetto al massimo del 2007 mentre in Eurozona è risalito al di sopra del 5,1% dei livelli pre-crisi; in Spagna è sopra del 2%, in Francia del 4,8% e in Germania addirittura dell’11,8%. L’ultimo decennio ha registrato una performance eccessivamente differenziata tra i paesi europei e la governance fiscale non ha favorito un riequilibrio.

Gli interventi per il rilancio degli investimenti sono prioritari, in un contesto che registra una significativa frenata dei prestiti alle imprese e la debolezza della fiducia delle imprese, con il relativo indice che a marzo 2019 segna un rialzo dopo otto di mesi consecutivi di calo, ma rimane del 6,3% inferiore al livello di un anno prima.

Sembra esaurirsi il recupero del mercato del lavoro. A febbraio 2019 il tasso di occupazione è al 58,6%, è di 3,3 punti superiore al minimo di settembre 2013 e migliora di 0,4 punti nell’ultimo anno; nei precedenti dodici mesi il rapporto tra occupati e popolazione migliorava di 1,2 punti. Il tasso di occupazione ha sostanzialmente recuperato il livello massimo pre crisi – solo 0,3 punti di distanza dal 58,9% di aprile 2008 – ma persiste un divario delle ore lavorate per occupato che nel 2018 sono del 4,7% inferiori rispetto al livello di dieci anni prima.

La bassa crescita – o peggio una recessione – determina forti criticità sul fronte della politica fiscale, che sarà delineata nel Documento di economia e finanza che sarà varato nei prossimi giorni. Secondo l’aggiornamento del quadro di finanza pubblica pubblicato a dicembre 2018 dal MEF, con un tasso di crescita dell’1%, nel 2019 il deficit sarebbe del 2% del PIL – target a lungo negoziato con la Commissione europea – mentre il rapporto tra debito pubblico e PIL quest’anno si ridurrebbe di un punto. Va osservato che un punto in meno di crescita determina un impatto sull’avanzo primario di circa mezzo punto di PIL. In questa prospettiva la prossima manovra di bilancio diventa ancor più complessa, tenendo conto del forte condizionamento dato dall’escalation delle clausole di salvaguardia: per il 2020 la disattivazione degli aumenti per Iva e accise richiederà risorse per 23,1 miliardi di euro (1,3 punti di PIL), ben 10,6 miliardi in più dell’intervento operato dalla manovra di bilancio per il 2019 e pari a 12,5 miliardi di euro. Ulteriori vincoli possono emergere da un rialzo della spesa per interessi, arrivata nel 2018 al minimo storico del 3,7% del PIL. La risalita dello spread aumenta il costo del finanziamento del debito pubblico: a dicembre 2018 i BTP a dieci anni sono stati collocati con un rendimento del 3,24%, ben 151 punti base superiore all’1,73% di dicembre 2017. Il ribasso della spesa per interessi degli ultimi anni ha liberato il 76% delle risorse di bilancio utilizzate per ridurre la pressione fiscale. Su questo fronte va evidenziato che l’Italia nel 2018 mantiene un gap di pressione fiscale con l’Eurozona di 0,7 punti di PIL, che vale 12,1 miliardi di euro di maggiore prelievo, pari a 199 euro per abitante. In particolare in Italia persiste un elevato cuneo fiscale, che nel 2017 è pari al 47,7%, di 11,8 punti superiore alla media dei paesi avanzati e la tassazione sull’energia è al 2,6% del PIL, 0,8 punti superiore all’1,8% medio dell’Unione europea.

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L’impatto per il 2020 delle clausole di salvaguardia sui consumi energetici delle famiglie nella rubrica dell’Ufficio Studi per QE-Quotidiano energia.

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