4 Giugno 2018, h. 11:59
STUDI – Guerra commerciale UE-USA – Shock protezionistico può pesare sull’Italia per 12,6 miliardi di PIL. Nel primo trimestre 2018 nei settori MPI sale il made in Italy verso gli USA per Legno (+7,5%) e Alimentare (+4,5%), ma cede per Tessile (-11,3%) e Pelle (-8,1%)
Nella scorsa settimana si è verificato un addensamento senza precedenti di eventi ad elevato impatto sull’economia italiana. Da domenica a venerdì – in soli sei giorni – abbiamo assistito allo scoppio di una crisi istituzionale legata alle prerogative del Capo dello Stato sulla nomina dei Ministri, l’irruzione nel dibattito politico ed economico del rischio di ridenominazione (l’uscita dell’Italia dall’Eurozona), la fiammata dello spread – il differenziale del rendimento tra titoli di stato italiani e tedeschi – le incertezze sulla formazione di un nuovo governo a guida Cottarelli, il successivo varo dell’esecutivo guidato da Conte e infine l’imposizione dei dazi da parte degli Usa sulle esportazioni europee. Mentre la soluzione della lunga crisi politica riduce il grado di incertezza delle imprese, questo viene appesantito dai rischi di una guerra commerciale globale. Venerdì scorso gli Stati Uniti hanno varato dazi nei confronti di Europa, Canada e Messico, per ora limitati a acciaio e alluminio. Una escalation protezionistica determinerebbe effetti recessivi per una economia esportatrice come l’Italia, secondo Paese manifatturiero dell’Unione europea. Nelle valutazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio gli effetti di uno shock protezionistico sull’economia italiana sono sintetizzati in una minore crescita, in volume, nel 2018 dello 0,5% del PIL rispetto allo scenario base, riduzione che si amplia allo 0,7% nel 2019 e 2010; a prezzi correnti gli effetti ammontano a 12.540 milioni di euro di minore crescita nel 2018, 15.309 milioni nel 2019 e 17.279 milioni nel 2020. Nel modello utilizzato per la simulazione l’innesco è determinato da tariffe del 25% imposte dagli Usa sulle merci cinesi e del 10 % su quelle coreane e taiwanesi, a cui seguono azioni di ritorsione tariffaria di pari intensità dei tre paesi verso gli USA e l’abbandono dell’accordo NAFTA. Ne consegue una correzione al ribasso dei mercati azionari, l’orientamento dei flussi finanziari verso asset di Stati Uniti, Giappone, Germania e Regno Unito, un apprezzamento del dollaro verso le valute dei paesi emergenti – ma un deprezzamento rispetto all’euro – ed il deterioramento della fiducia di consumatori e imprese nelle maggiori economie con conseguenze su consumi e investimenti.
Nel 2017 l’Unione europea esporta prodotti verso gli Stati Uniti per 375,8 miliardi di euro ed importa per 256,1 miliardi, con un saldo commerciale positivo per 119,6 miliardi di euro.
Nei primi tre mesi del 2018 l’export del made in Italy verso gli Usa segna una frenata limitandosi ad una variazione dello 0,2%. La tenuta è tutta dovuta ad un eccezionale aumento delle vendite sul mercato statunitense dei prodotti petroliferi raffinati mentre il restante export segna una diminuzione del 2,1%. Nell’ambito dei settori di Micro e Piccola Impresa rimane in territorio positivo l’export nel Legno (+7,4%) e Alimentare (+4,5); cali meno accentuati per Abbigliamento (-1,3%) e Prodotti altre manifatturiero (-1,7%), tra cui i Mobili (-2,2%). Cali più consistenti per Metalli (-4,3%), Pelle (-8,1%) e Tessili (-11,3%); nel complesso i Prodotti tessili e dell’abbigliamento, pelli cedono del 5,9%.
Il dato provvisorio di aprile 2018 del made in Italy in Usa è positivo (+6,0%) e fa chiudere il primo quadrimestre del 2018 in aumento dell’1,6%.
Come evidenziato da una nostra recente analisi il maggiore grado di esposizione sul mercato statunitense nei settori di MPI – con export che vale 10,6 miliardi di euro – si registra in Veneto con esportazioni che valgono l’1,76% e il valore aggiunto territoriale, seguito da Toscana con 1,55%, Friuli-Venezia Giulia con 1,20%, Marche con 0,98%, Umbria con 0,94% e Lombardia con 0,83%.
A livello provinciale il più elevato grado di esposizione si riscontra a Belluno con 13,63% del valore aggiunto Arezzo (oreficeria e legno) con 3,84%, Vicenza (oreficeria e pelli) con 2,86%, Vercelli (tessile-abbigliamento) con 2,82%, Gorizia con 2,61% (prodotti in metallo) , Fermo con 2,49% (pelli e calzature), Grosseto con 2,25% (alimentare), Firenze con 1,89% (pelle), Treviso con 1,69% (mobili), Prato con 1,55% (tessile-abbigliamento), Pesaro e Urbino con 1,47% (legno, mobili e prodotti in metallo), Como con 1,45% (tessile e mobile) e Lucca con 1,43% (alimentare).
Dinamica export in settori MPI negli Usa
Gennaio-marzo 2018 – var. % rispetto stesso periodo anno precedente – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
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