3 Luglio 2017, h. 16:05

STUDI – Manovra primavera disattiva il 17,9% degli aumenti IVA ma per 2018 rimangono 15,7 mld €. di interventi sulla spesa per evitare aumento pressione fiscale

Nelle scorse settimane il Parlamento ha approvato definitivamente la manovra di primavera, convertendo in legge, con modificazioni, il decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Legge 21 giugno 2017, n. 96). La norma prevede, tra l’altro, l’avvio della sterilizzazione delle clausole di salvaguardia concernenti le aliquote dell’Iva e delle accise. Nel dettaglio per il 2018 viene attuata una correzione di 3.829 milioni di euro, per il 2019 di 4.363 milioni, per il 2020 di 4.088 milioni e per il 2021 di 3.679 milioni; mediamente l’intervento nel quadriennio ha disattivato il 17,9% degli aumenti previsti. Nonostante questo intervento, rimane ancora elevato l’aggiustamento di bilancio potenzialmente affidato ad un aumento dell’Iva e accise, con maggiori entrate per 15.743 milioni di euro nel 2018 e di 18.887 per il 2019. Le clausole di salvaguardia, lo ricordiamo, si attivano nel caso in cui la manovra di bilancio non reperisca risorse alternative in termini di minori spese, maggiori entrate ovvero con un incremento del disavanzo ottenibile con una maggiore flessibilità di bilancio.

Dopo le modifiche introdotte con il DL 50/2017, e senza ulteriori interventi legislativi, nel 2018 l’aliquota Iva del 10% salirebbe all’11,5% determinando maggiori entrate per 3.479 milioni di euro e l’aliquota Iva del 22% salirebbe al 25% con maggiori entrate per ulteriori 12.264 milioni. Nel 2019 si registrerebbe un aumento dell’Iva ordinaria dal 25% al 25,4% con maggiori entrate per 13.899 milioni ed un aumento delle accise di 350 milioni.  Il dettaglio degli effetti della correzione degli aumenti IVA previsti tra 2018 e 2021 all’interno del 12° Rapporto presentato all’Assembla di Confartigianato. Clicca qui per scaricarlo.

Come è possibile disattivare queste clausole, vera e propria spada di Damocle sul bilancio pubblico e proseguire nel percorso di riduzione della pressione fiscale? Oltre ad una maggiore flessibilità di bilancio, serve un intervento sulla spesa pubblica, sia in termini di quantità che qualità e in tal senso la politica fiscale italiana presenta ancora margini di azione. La manovra di primavera che ha corretto il bilancio 2018 per 3,1 miliardi di euro è per il 94,2% centrata su maggiori entrate mentre le minori spese influiscono per un limitato 5,8%. La stessa Legge di bilancio 2017 ha aumentato la spesa corrente di 5,4 miliardi di euro. Nonostante gli importanti risultati della spending review – minore spesa nel periodo 2014-2017 che nel 2017 ammonta a 29,9 miliardi di euro – la spesa corrente primaria (al netto degli interessi) nel 2017 cresce dell’1,5% rispetto ad un anno prima, ma vi sono spazi concreti per ridurre le uscite delle PA. Relativamente agli acquisti della PA il recente Rapporto pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal MEF pubblica la distribuzione dei prezzi d’acquisto di uno stent cardiaco di tipo DES praticati nel 2015 nelle varie regioni italiane, indicando che “sono riscontrabili differenze di prezzo di oltre il 300% anche all’interno della stessa regione. L’esempio rappresenta un fenomeno ricorrente che è stato accertato in tutte le categorie di prodotti o servizi analizzate“.

Sulla base di queste distribuzioni abbiamo stimato un prezzo medio che oscilla dal minimo del Veneto, con un valore di acquisto inferiore del 51% alla media nazionale, al massimo della Puglia, con un prezzo del 49,2% superiore alla media nazionale. Mediamente nel Mezzogiorno uno stent cardiaco costa quasi il doppio (+90,9%) rispetto alla media delle regioni del Nord est.

Inoltre la distribuzione della spesa evidenzia squilibri relativi alle infrastrutture e alla qualità dell’offerta dei servizi pubblici. In Italia la spesa corrente primaria è 19,8 volte la spesa per investimenti, rapporto ben più elevato del 16,0 registrato nella media Uem. Inoltre nonostante la spesa corrente primaria in Italia sia superiore di 1,4 punti alla media europea, solo il 23% dei cittadini italiani giudica buona la fornitura di servizi pubblici nel proprio paese, meno della metà del 52% della media europea – una delle tredici zavorre della crescita che Confartigianato ha segnalato nell’occasione dell’Assemblea annuale –  collocando l’Italia al 27° posto nella classifica europea in davanti solo alla Grecia.

 

 

 

Aliquota Iva ordinaria e ridotta: dopo Legge di Bilancio 2017 e dopo correzione DL 50/2017

Anni 2018-2021. Aliquote % – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati RT AC 4444

 

 

 

Acquisti di beni e servizi: esempio stent cardiaci

Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal MEF, Rapporto revisione della spesa 2014-2016, pagina 12

 

 

Costo medio stent cardiaci per regioni – Indice Italia=100

Anno 2015 – per fascia “1010 € ed oltre”:1050 €  – media Italia ponderata con spesa sanitaria; Valle Aosta e Trento n.d. – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal MEF

 

rss