8 Novembre 2016, h. 15:11

STUDI – Election day Usa – Trend del PIL, lavoro e pressione fiscale nelle ultime 5 Presidenze. Negli Usa 2 nuovi posti di lavoro su 3 da piccole imprese. Italia leader in Ue per export in settori MPI negli Usa. Nel 2016 tiene export di MPI (+1%) mentre cala del 3,7% negli altri settori

L’analisi dei dati chiave dell’economia reale degli Stati Uniti d’America – tasso di crescita del PIL e tasso di disoccupazione – evidenzia che negli otto anni della presidenza di Barack Obama il PIL Usa è salito al ritmo dell’1,5% medio all’anno, a fronte del 3,2% del Mondo e il più contenuto 0,6% segnato dai 28 Paesi dell’Ue; nel 2016 il PIL Usa è al di sopra dell’1,2% rispetto ai livelli del 2007, massimo precedente allo scoppio della crisi dei mutui subprime.

La performance dell’economia americana negli ultimi otto anni – comprendendo la pesante recessione del 2008-2009 – è di più basso profilo rispetto al tasso di crescita medio del 2,1% registrato negli otto anni della presidenza di G. W. Bush. Negli ultimi otto anni è migliorato il mercato del lavoro con il tasso di disoccupazione che si è ridotto di 0,9 punti, mentre negli otto anni precedenti salì di 1,8 punti. Esaminando l’arco temporale delle ultime cinque presidenze, il più alto tasso di crescita si è registrato durante i due mandati di Bill Clinton (1993-2001) con il PIL in salta del 3,9% all’anno, ritmo superiore di quasi mezzo punto al 3,5% registrato nei due mandati della presidenza Reagan (1981-1989).

Con la presidenza Clinton è massima la riduzione del tasso di disoccupazione, sceso di 3,5 punti, più ampia del calo di 1,7 punti registrato durante la presidenza di Reagan.

La partita delle tasse vede la riduzione della pressione fiscale – valutata dalle entrate in rapporto al PIL – unicamente negli otto anni di presidenza G.W. Bush (-0,8 punti di PIL), mentre si osserva una sostanziale stabilità nei quattro anni di presidenza di Bush padre. In salita la pressione fiscale nel mandato di Reagan (+0,3 punti), in quello di Obama (+0,4 punti) e – in modo più accentuato – con Clinton (+0,9 punti).

Da 63 anni una solenne attenzione alle piccole imprese. Nonostante gli Stati Uniti siano la patria del capitalismo delle grandi imprese, da oltre mezzo secolo mostrano una specifica attenzione alle politiche per la piccola impresa: nel 1953 viene istituita la Small Business Administration – ente di supporto alle piccole imprese – e fin dal 1963 il Presidente degli Stati Uniti proclama solennemente la National Small Business Week in cui viene evidenziato il contributo dei piccoli imprenditori e del lavoro autonomo al sistema imprenditoriale americano. Quest’anno il Presidente Obama, nel proclamare la Settimana nazionale della piccola impresa, ha sottolineato che le piccole imprese determinano “la creazione di quasi due terzi dei nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti ogni anno e impiegano più della metà di tutti gli americani” rappresentando “una parte vitale dell’economia del nostro paese“.

L’Italia detiene la leadership tra i 28 Paesi dell’Ue delle esportazioni negli Stati Uniti d’America nei settori di MPI – comparti dove l’occupazione in Micro e Piccole Imprese supera il 60% – con esportazioni che valgono 9.986 milioni (22,4% export italiano verso gli Usa), davanti alla Germania con 8.244 milioni (18,5% export tedesco) e all’Irlanda con 4.403 milioni (9,9% dell’export irlandese); tra i mercati dove l’Italia è il primo esportatore europeo nei settori MPI, quello Usa è il più rilevante.

Dopo la forte crescita della domanda proveniente dal mercato americano dello scorso anno, nei primi sette mesi del 2016 il mercato Usa segna una flessione dell’export manifatturiero del 2,4%, pur evidenziando la tenuta del segmento del made in Italy di Micro e Piccola Impresa, in salita del’1,0%, mentre negli altri settori si registra un calo del 3,7%. In particolar modo cresce l’export verso gli Usa per Mobili (9,2%), Legno (7,7%), Prodotti metallo (5,6%), Alimentare (3,8%) e Altre manifatturiere (3,5%) mentre registra una flessione il Tessile-abbigliamento calzature.

L’esposizione dei territori italiani sul mercato Usa, misurata dall’incidenza dell’export nei settori di MPI della regione sul relativo PIL, è più elevata in Veneto con esportazioni MPI pari all’1,52% del PIL e in Toscana con l’1,45%; seguono le Marche e Umbria con lo 0,95%, il Friuli-Venezia Giulia con lo 0,77% e la Lombardia con lo 0,70%.

Guarda la videopillola dell’Ufficio studi sull’economia statunitense, clicca qui.

L’analisi dell’export di MPI nei primi 40 mercati internazionali nell’11° Rapporto annuale “L’economia ibrida, valori artigiani e tecnologie digitali”. Clicca qui per scaricarlo.
 

Crescita e variazione del tasso di disoccupazione nelle ultime cinque presidenze Usa

(Tasso crescita medio del PIL in volume e variazione cumulata del tasso di disoccupazione negli anni di ciascuna presidenza – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Fmi)

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Variazione delle entrate sul PIL nelle ultime cinque presidenze Usa

(Variazione cumulata in punti percentuali del rapporto entrate/PIL negli anni di ciascuna presidenza – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat)

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Entrate fiscali sul PIL: Usa ed Eurozona

(1995-2016 – % del PIL – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Commissione europea)

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Made in Italy nei settori MPI: i primi 10 mercati dove l’Italia è al primo posto in Ue

(Anno 2015 – milioni di euro – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat)

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Dinamica del Made in Italy negli Stati Uniti per settori MPI* e Altri settori, con dettaglio comparti MPI

(Var. % tendenziale totale primi sette mesi del 2016 – * divisioni Ateco 2007 con % addetti di imprese <50 addetti superiore al 60% – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat)

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Incidenza export settori a maggior concentrazione di MPI verso gli Stati Uniti su PIL nelle regioni

(Anno 2015-% export manifatturiero su PIL 2014 a prezzi correnti – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat)

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