23 Marzo 2015, h. 15:20
Catasto caldaie ‘a macchia di leopardo’: operativo soltanto in 4 regioni
Regione che vai, catasto caldaie che trovi. Già, perché, quello che doveva essere un censimento nazionale degli impianti termici, oggi è ancora soltanto un mosaico incompleto di banche dati.
Una situazione che si trascina dal 1999, quando venne istituito l’obbligo di mapparetutti gli impianti termici d’Italia, con obiettivi più che nobili: garantire risparmio ed efficienza energetici, sicurezza, qualità delle apparecchiature.
Obbligo rilanciato nel 2013 con il riordino della normativa sulla manutenzione delle caldaie. Nel frattempo però, come spesso accade, le amministrazioni pubbliche si sono mosse in ordine sparso. E così, oggi, la situazione è ‘a macchia di leopardo’: il catasto informatico è attivo soltanto in 4 Regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto e Sicilia. In altri territori ci si sta muovendo per recuperare il ritardo. Ma, comunque, ognuno va con le sue regole.
A lanciare l’allarme su questa situazione caotica sono gli installatori di impianti di Confartigianato. Agli imprenditori, infatti, la legge del 2013 impone compiti fondamentali: ispezionare la caldaia, rilasciare il cosiddetto bollino, compilare e inviare all’ente locale competente un rapporto di efficienza. Questo documento, inserito nel catasto, segnala se una caldaia è stata controllata e permette di intervenire in modo mirato.
Luca Falco, Presidente dei Bruciatoristi di Confartigianato, spiega le difficoltà degli installatori. “Alcune regioni hanno adottato il libretto nazionale, altre hanno aggiunto dati. Quindi, se per caso un artigiano si trova ad operare tra Veneto e Lombardia, rischia di avere moduli e libretti diversi. Mi chiedo: perché le regioni aggiungono sempre qualcosa, visto che ogni aggiunta rappresenta un costo?”
I Bruciatoristi di Confartigianato non sono rimasti a guardare e si sono mossi nei confronti degli Enti locali. “La nostra Associazione di categoria – aggiunge il Presidente Falco – sta monitorando la situazione, attraverso tutte le associazioni provinciali e regionali, con l’obiettivo di arrivare a ristabilire una certa uniformità. A volte basta solo un po’ di confronto e di umiltà. Dove questo accade, come in Liguria, Lombardia, altre Regioni virtuose, ci si incontra e si riesce a mediare. Pensiamo ad esempio, all’operazione fatta in Lombardia, con i Curit, una sorta di uffici intermedi tra l’artigiano e l’ente pubblico. In questo caso, l’artigiano non ancora strutturato ha utilizzato l’associazione di categoria per la registrazione dei dati informatici sul catasto. Questo è il compito che noi associazioni di categoria dobbiamo svolgere per tutelare i diritti degli operatori associati”.
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