18 Marzo 2011, h. 00:00
Gli elettricisti di Confartigianato a confronto sul blocco al fotovoltaico
Il mercato delle energie rinnovabili resta nel caos. Dopo il decreto del ministro Romani che ha rivoluzionato il regime delle incentivazioni alla produzione d’energia elettrica da fonti rinnovabili, gli elettricisti di Confartigianato si sono incontrati Roma per fare il punto della situazione su una vicenda che rischia di mettere in ginocchio le 85mila imprese del settore. Troppe incertezze, troppi dubbi su un intervento tanto improvviso quanto sommario, che nel tentativo di fare ordine in un settore letteralmente esploso negli ultimi anni, rischia di bloccare uno dei principali motori dell’economia italiana. Le prime polemiche riguardano l’introduzione della qualificazione degli operatori del settore. A partire dal 2013, infatti, potrà lavorare soltanto chi ha una laurea, un diploma professionale o un attestato rilasciato dalle Regioni o dall’Enea, l’unico ente abilitato a rilasciare la qualifica, una scelta, questa, che ha fatto sollevare altre polemiche. Ma c’è un aspetto che blocca immediatamente il settore, l’incertezza delle regole, introdotte, per giunta, appena due mesi dopo la più recente modifica del Conto Energia. “Molti di noi hanno investito parecchio – ha denunciato francesco Rotta, presidente degli elettricisti di Confartigianato – investimenti finanziari anche per acquistare superfici per realizzare impianti fotovoltaici, investimenti per i materiali per realizzare questi impianti, oltre alle esposizioni con le banche. Improvvisamente, poi, ci chiediamo quale sia il nostro futuro. Ed oggi, non possiamo sapere quale sia il nostro futuro. Abbiamo investito molto, anche in risorse umane e personale qualificato. Lo abbiamo fatto in un momento di stallo economico, in cui non c’erano certezze ma solo possibilità, intuizioni imprenditoriali – ha continuato Rotta – abbiamo scommesso sul fotovoltaico. Una prospettiva di sviluppo economico che ha sollevato mezza Italia. Soprattutto il nostro settore, bloccato dalla mancanza di opportunità dell’industria e dallo stallo generalizzato dell’edilizia. Ma ora?”. Un settore in espansione, soprattutto in momenti di crisi diffusa, può attirare gli speculatori. Un fenomeno che ha toccato il settore del fotovoltaico e su cui è ormai necessario intervenire. Il problema è distinguere gli speculatori dagli imprenditori, chi ha visto la possibilità di un mero guadagno dagli artigiani che hanno creduto ed investito in un settore dalle grandi prospettive, culturali prima ancora che imprenditoriali. “Sappiamo che nel tempo ci sono state speculazioni di importanti gruppi finanziari che attraverso gli incentivi hanno speculato, sui terreni e sui territori – ha aggiunto Rotta – Noi non abbiamo fatto questo. Pur nei limiti dimensionali di una piccola impresa abbiamo investito, abbiamo garantito occupazione e futuro per i nostri dipendenti, abbiamo aperto anche ad altre figure professionali qualificate. La metodologia di approccio al mercato del fotovoltaico è stata quindi diversificata, non tutti hanno speculato. E nel tentativo di regolamentare il settore non si può generalizzare e penalizzare tutti”. Dopo il vespaio di polemiche sollevate all’indomani del decreto Romani, il ministro dello sviluppo economico ha deciso di incontrare le organizzazioni di rappresentanza con l’obiettivo di rivedere un provvedimento tanto, troppo immediato. Con un clima d’incertezza simile, gli imprenditori del settore restano in stand by, impossibilitati a programmare investimenti e progetti a medio e lungo termine. La conferma arriva da Enrico Magini, imprenditore artigiano della provincia di Sondrio. “Oggi abbiamo una decina di clienti con progetti esecutivi pronti per essere realizzati, bloccati a causa dell’incertezza del mercato. Vogliono capire bene cosa stia succedendo prima di realizzare quegli investimenti programmati e pronti per essere realizzati. Parliamo di impianti diversificati, alcuni ad uso domestico, ma anche di dimensioni èpiù grandi, ad uso industriale. Un caso specifico – ha continuato – è quello di una falegnameria con un impianto da 70/80 kilowatt, un altro cliente con un impianto da 40 kilowatt, un altro ancora da un centinaio di kilowatt”. Un problema trasversale, quindi, che coinvolge tutti gli strati e gli investimenti del settore.
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