7 Febbraio 2011, h. 00:00

La ”Reguzzoni” vicina allo sblocco

L’Europa ha rispedito al mittente la Reguzzoni-Versace. Due stati membri, Ungheria e Francia, a tre mesi dalla notifica hanno espresso parere negativo sul decreto attuativo della legge italiana sul Made In. L’effetto immediato della doppia bocciatura è che il provvedimento più atteso da oltre 73mila aziende del tessile, abbigliamento, calzaturiero – un provvedimento fortemente sostenuto da Confartigianato – finisce nel freezer per almeno altri tre mesi. L’entrata in vigore del provvedimento, prevista per lo scorso 1° ottobre, infatti era condizionata al sì di Bruxelles. Che non c’è stato. E ora l’Italia ha tempo fino a metà aprile per apportare le modifiche sollecitate dai due Paesi. Ma dal 18 gennaio (giorno della doppia euro-bocciatura) a oggi, qualcosa si è mosso. L’Italia insomma non è stata a guardare e ci sarebbero delle novità. Per fare il punto sull’iter del provvedimento abbiamo sentito la Presidente della Commissione Attività produttive della Camera, la leghista Manuela Dal Lago. Presidente, cosa succede ora dopo lo stop europeo alla Reguzzoni-Versace? <i>”Proprio questa mattina (giovedì 4 febbraio n.d.r.), in Commissione, abbiamo avuto l’audizione con il Ministro Romani che tra le altre domande che gli sono state poste ha risposto anche a questa. La Comunità Europea, in particolare Ungheria e Francia hanno stoppato i decreti attuativi italiani sulla legge Reguzzoni-Versace. Il Governo in questo periodo si è attivato e Romani questa mattina ci diceva che le posizioni sia di Ungheria che di Francia oggi sono diverse. E’ stato fortemente interessato il nostro Commissario Tajani, lui spera di uscire in breve tempo con notizie positive e quindi con notizie di assenso a un’attuazione vera e piena della legge Reguzzoni-Versace. Anche perché, proprio questa mattina, il Ministro ci faceva notare quanto pericoloso sarebbe per l’Italia il made in Europe, quanto positivo per l’Italia è il made in Italy e quanto, mi permetta, c’è bisogno di tutelarlo questo made in Italy, di fronte alla grande contraffazione che viene attuata nel mondo”.</i> Quindi siamo quasi certi che la Reguzzoni-Versace vedrà la luce. <i>Da vecchia insegnate di matematica, io amo dire che la certezza c’è quando la vedo, perché il mondo della politica e dell’Europa è un mondo molto difficile, che può creare, quando si è certi, qualche brutta sorpresa. Devo dire che questa mattina il Ministro ci ha fatto delle garanzie maggiori rispetto a quelle che abbiamo visto a settembre, ci ha spiegato che l’iter ripreso è positivo. Ci ha dato delle speranze, anche perché, tra le altre cose, la Reguzzoni-Versace si limita ad alcuni campi del made in Italy, mentre la volontà della Commissione e anche del Parlamento – perché ricordo che è stata una legge votata all’unanimità – è quella di aprirla anche a tutta una serie di altri campi. Se poi vogliamo aiutare questo Paese nelle difficoltà economiche attuali, io credo che il made in Italy sia un marchio estremamente importante per l’aiuto alla nostra economia”.</i> Ci conferma che in questo momento il provvedimento non rischia la riscrittura? <I>In questo momento questo problema non esiste.</i> In almeno un altro caso, l’Italia non si è fatta particolari problemi a sfidare le ire di Bruxelles assumendo iniziative che potevano aprire nuove procedure di infrazione. Nel caso del ‘made in’ però non è stato così. Perché? <i>La domanda è corretta e anche un po’ cattiva. Come mai. Questo forse bisognerebbe chiederlo a chi non avuto il coraggio di fare delle battaglie in difesa del made in Italy. Io devo dire, non tanto come Presidente di Commissione ma per la parte politica che rappresento, noi saremmo tra coloro che spingono eventualmente per l’infrazione. Perché, ripeto, è una difesa assoluta del nostro prodotto; noi in realtà viviamo sul made in Italy, è un marchio di qualità assolutamente indiscusso. Nessun altro paese al mondo ce l’ha, un marchio che però deve essere garantito perché è un marchio fatto, non solo dall’inventiva ma anche dalla capacità lavorativa italiana, che quindi dà anche lavoro. Perché non è stato fatto. Perché a volte io credo anche nel passato, nei nostri governi, nei nostri ministri è mancato il coraggio di un rapporto più duro con la Comunità europea.”

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