12 Novembre 2009, h. 00:00
L’Italia al top nell’Ue con 1.519.100 imprese ‘rosa’. Ma le pari opportunità sono ancora lontane
La crisi non ha sconfitto la voglia delle donne di fare impresa. L’Italia ha il primato europeo per numero di imprenditrici e di lavoratrici autonome. A giugno 2009 il nostro Paese registra 1.519.100 imprenditrici a fronte di 1.278.700 imprenditrici della Germania, 1.078.900 nel Regno Unito, 1.055.600 in Polonia, 952.400 in Spagna e 767.100 in Francia. In particolare, tra il 2007 e il 2008, le donne a capo di imprese artigiane sono aumentate dello 0,8%, raggiungendo il numero di 365.913. Questa la ‘fotografia’ delle imprese guidate da donne scattata dall’Osservatorio di Confartigianato sull’imprenditoria femminile durante la XI Convention di Confartigianato Donne Impresa. Secondo i numeri illustrati dal responsabile dell’Ufficio Studi Confederale Enrico Quintavalle e da Renato Mannheimer direttore dell’Ispo (Istituto di Studi sulla Pubblica Opinione) le imprese artigiane al femminile si concentrano prevalentemente nel Nord d’Italia, soprattutto in Lombardia (18,6% del totale), in Emilia Romagna (10,9%) e in Veneto (10,5%). Il 47,7% delle imprenditrici artigiane è impegnato nel settore dei servizi alle persone, il 34,7% nel settore manifatturiero con una spiccata prevalenza nei comparti del tessile-abbigliamento e dell’alimentare, l’11,3% nel settore dei servizi alle imprese. Le regioni che tra il 2007 e il 2008 hanno registrato l’aumento maggiore di artigiane sono il Lazio (+2,9%), la Calabria (+2,7%), la Puglia (+2,5%), la Liguria (+1,8%). “Le imprenditrici artigiane – ha sottolineato Mannheimer- sono prudenti sui tempi della ripresa economica (il 70% ritiene che l’uscita dalla crisi avverrà non prima di 1 o 2 anni), ma sono anche ben determinate a resistere: nonostante tra il 2008 e il 2009 il 61% delle imprenditrici abbia subito un calo del giro d’affari e del fatturato, l’84% ha mantenuto stabile l’occupazione in azienda”. Più che la crisi, il grande problema che preoccupa le imprenditrici è la conciliazione tra l’impegno lavorativo e la cura della famiglia: lo dichiara l’82% delle imprenditrici intervistate dall’Osservatorio di Confartigianato. Un problema talmente grave che l’88% delle intervistate ritiene impossibile assentarsi dal lavoro per dedicarsi ai figli o delegare ad altri le proprie mansioni nel periodo della maternità. Il 63% del campione è drastico: la passione per il lavoro costringe a rinunciare alla famiglia. Le imprenditrici italiane hanno le idee chiare su cosa serve per mettere d’accordo tempi di lavoro e cura della famiglia. Il 91% chiede di aumentare i servizi alla famiglia, come gli asili nido. L’85% è convinta che, se si risolvesse il problema della conciliazione, lavorerebbero più donne e circolerebbe più ricchezza per tutti. Nelle richieste alla politica e alle istituzioni per favorire il lavoro imprenditoriale femminile spicca al primo posto la necessità di investimenti in servizi all’infanzia e alla famiglia, soluzione indicata come prioritaria dal 25% delle imprenditrici, cui si affianca la richiesta di politiche di sostegno al reddito delle famiglie (17%). Tra le altre richieste un maggiore sostegno anche interno all’azienda, tramite la diffusione di forme contrattuali temporaneamente flessibili (indicata dal 23% delle imprenditrici) e la detassazione del lavoro femminile (14% delle risposte). Nell’Osservatorio presentato alla Convention di Confartigianato Donne Impresa, l’Ufficio Studi Confederale ha misurato i divari che separano il nostro Paese dalla media europea per quanto riguarda la condizione femminile e l’accesso al mercato del lavoro. “L’ Italia –ha spiegato Enrico Quintavalle – ha il record negativo per la partecipazione delle donne italiane al mercato del lavoro: il tasso di attività delle donne con più di 15 anni di età è del 38,7%, rispetto al 53,1% della media europea. Il lavoro femminile, sia autonomo che dipendente, è ostacolato dalle carenze dei servizi pubblici per sostenere le donne nella cura dei figli e dei familiari anziani”. Secondo l’Osservatorio di Confartigianato la spesa pubblica per la famiglia in Italia è la metà di quella media europea: 1,1% del Pil contro il 2,1% della media Ue. La spesa sociale al netto delle pensioni è pari al 10,1% del Pil contro il 14,6% della media europea. Allarmanti i dati dell’Osservatorio di Confartigianato sulla carenza di offerta di posti negli asili nido pubblici: la percentuale di bambini fino a 3 anni che ne fruiscono è del 6,3%, a fronte del 19,6% dei 4 maggiori Paesi europei. Non va meglio per i servizi di cura e assistenza agli anziani. L’indicatore esaminato è dato dal numero di letti per lungodegenti in ospedali e case di cura ogni 1000 abitanti con oltre 65 anni; tale indice è del 15,7% nel nostro paese, di gran lunga inferiore al 41,4% della media europea. Anche nella formazione permanente il nostro Paese mostra un divario consistente: la quota di popolazione femminile tra 25 e 64 anni che partecipa ad attività formazione e training è del 6,6%, circa la metà del 12,4% medio europeo.
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