4 Settembre 2009, h. 00:00
La strada del «Made In» passa per l’Unione Europea
In attesa che il Consiglio dei Ministri si esprima sul possibile congelamento della legge 99 che dal 15 agosto ha introdotto l’obbligo per le aziende italiane che delocalizzano di indicare in etichetta i Paesi dove sono realizzati – anche solo in parte – i prodotti o le merci, il dibattito é proseguito attraverso gli organi di informazione. Lo scorso 3 settembre, ospiti della trasmissione radiofonica “Radio City” (Rai Radio 1), il Segretario Generale di Confartigianato Cesare Fumagalli, il Viceministro allo Sviluppo Economico con delega al Commercio estero Adolfo Urso e la professoressa Lucia Rossi docente di Diritto dell’Unione Europea alla facoltà di Giurisprudenza di Bologna, hanno fornito la propria interpretazione del perché la legge anticontraffazione, voluta, condivisa, sostenuta e approvata, corra ora il rischio di rimanere lettera morta. La questione principale, secondo Urso, è il fatto che la legge è entrata in vigore senza che ci sia stato a monte un coinvolgimento della UE, che è la sola abilitata ad intervenire in tema di libera circolazione delle merci in Europa. Analoga posizione è stata espressa anche dalla professoressa Lucia Rossi. “La norma italiana – ha detto tra l’altro il Viceministro – ha creato qualche problema; in linea di principio siamo tutti d’accordo, la questione è che non è possibile realizzarla in quella forma da un singolo stato europeo”. Urso non ha parlato direttamente di congelamento, anzi, ha sottolineato come si tratta “sicuramente di una norma giusta”, ma ha spiegato che la strada da percorrere passa necessariamente dalle Istituzioni europee. Anche perché si tratta di una strada già ben delineata e definita che prevede l’approvazione di un Regolamento UE per introdurre l’obbligo di etichettatura per tutti i prodotti importati in Unione Europea. L’iniziativa è ben nota, solo che dal 2005, quando la UE ha abbracciato ufficialmente la proposta italiana per il varo del Regolamento sono pochi i passi fatti avanti, nonostante l’impegno dei Governi e delle organizzazioni quali Confartigianato. Ma secondo Urso i tempi sono maturi per la riapertura del file. “Il 21 di questo mese – ha dichiarato – il Commissario Europeo al Commercio Internazionale Ashton, che ha preso a cuore la questione, è in Italia su nostra iniziativa per incontrare anche le associazioni di categoria per capire come adottare questo regolamento. Poi sarà portato finalmente all’approvazione del Consiglio d’Europa. Una volta che avremmo convinto alcuni paesi chiave”. Ha aggiunto in conclusione il Viceministro Adolfo Urso. “Le rassicurazioni dell’Onorevole Urso – ha esordito il Segretario Generale di Confartigianato Cesare Fumagalli – non fugano i timori e le preoccupazioni espresse nella lettera indirizzata al Ministro Scajola e al sottosegretario Letta. (Ndr. 2 settembre 2009. Nella lettera, Giorgio Guerrini e gli altri presidenti delle Organizzazioni imprenditoriali hanno espresso la preoccupazione per i danni ad imprese e consumatori da un dietrofront sul provvedimento). Noi non dubitiamo che l’intenzione del Governo sia quella di tutelare al meglio il made in Italy e le produzioni che avvengono sul territorio nazionale, d’altra parte non si spiegherebbe l’approvazione della nuova legge. Ma non vorrei che, dietro a una complessità che è davvero grande, sfuggisse qual’è l’esito finale della nuova norma: dal 15 di agosto, se sono un consumatore ho il diritto di sapere se il marchio X o Y che sto acquistando è prodotto in Italia oppure a Taiwan, in Cina o in Romania o in altri paesi. Questo è il dunque”. “Io credo – ha sottolineato Fumagalli – che sia stato sollevato un polverone di difficoltà ad arte da parte di alcuni marchi, da parte di alcuni produttori, da chi immette merci sul mercato nazionale italiano. Sono gli stessi marchi che per gli stessi prodotti, quando li immettono ad esempio sul mercato degli Stati Uniti o del Giappone o di Israele, già si assoggettano ad obblighi vigenti in quei paesi di indicare obbligatoriamente dove è stato fabbricato quel bene o quel prodotto. “Io credo – ha aggiunto il Segretario Generale di Confartigianato – che la normativa è coraggiosa. Do atto al Governo, al Ministro Scajola di aver avuto coraggio; noi avevamo molto apprezzato questo impegno che il Presidente del Consiglio Berlusconi si era assunto pubblicamente alla nostra assemblea dell’11 giugno e puntualmente realizzato con l’approvazione entro fine luglio della legge 99. Il nostro Paese con la Francia, lo ricordava il Vice Ministro Urso – hanno una legislazione severa sulla contraffazione che non ha finora impedito che sul nostro territorio nazionale circolino quantità enormi di merci contraffatte. La valorizzazione del Made in Italy- ha concluso Cesare Fumagalli – noi la intendiamo anche come una delle vie di uscita da questa crisi derivante da grandi effetti di globalizzazione”. Nonostante l’importanza di questa norma per la tutela dei prodotti della creatività italiana, il Governo potrebbe comunque aver agito alla leggera varando la legge 99 senza interpellare preventivamente l’Unione Europea. E ora i rischi sono molteplici. Lo ha detto, tra l’altro, la professoressa Lucia Rossi. “Questa legge – ha spiegato – è probabilmente contraria al diritto Comunitario perché tutto quello che riguarda la circolazione delle merci è regolato a livello europeo e non a livello nazionale, in particolare è contraria perché non è stata notificata. Sul problema delle notifiche, che mi sembrano siano state prese troppo alla leggera, l’Italia rischia conseguenze pesanti. Ci sono due direttive comunitarie una del 1989 e una del 1994 che dicono che tutte queste norme tecniche prima di essere approvate da uno Stato membro devono essere notificate alla Commissione per verificare se sono compatibili, o meno, con il diritto comunitario”. I rischi in cui l’Italia potrebbe incappare, sono, per la professoressa Rossi “da un lato che la norma venga disapplicata dai giudici e dall’amministrazione, dall’altro, in caso di applicazione, che i soggetti chiedano i danni allo Stato italiano”. “L’Italia non può fare da sola – conclude Lucia Rossi – sarebbe molto meglio prima di scrivere queste norme di concordare una strategia con la Commissione Europea”.
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