9 Febbraio 2009, h. 00:00
La BCE taglia i tassi di interesse, le banche italiane non la seguono
Nuovo allarme di Confartigianato sul fronte delle banche: da luglio 2007 la crisi del credito è costata 12,5 miliardi di euro l’anno alle imprese italiane, considerando unicamente i maggiori interessi applicati dagli istituti di credito nazionali rispetto ai tassi di riferimento indicati dalla Bce. Mentre la Banca Centrale Europea ha tagliato a più riprese il costo del denaro per ridare fiducia ai mercati, il sistema creditizio italiano nel suo complesso ha effettuato solo piccoli aggiustamenti. Piccole rimodulazioni dei tassi, nell’ordine dei decimi di punto. Puntuale conferma arriva da un’elaborazione dell’Ufficio Studi di Confartigianato su dati Banca d’Italia, Bce, Abi e Istat: a luglio 2007, dunque prima dello scoppio della bolla immobiliare statunitense, il tasso BCE era pari al 4,00%, contro il 4,92%, pagato dalle imprese, con una differenza del +0,92%. A dicembre 2008, in piena crisi, la BCE ha abbassato il tasso di riferimento al 2,50%. E le banche italiane? Anche loro hanno deciso che era tempo di intervenire a sostegno del sistema economico. Come? Ovviamente intervenendo sui tassi. Con un taglio che ha fatto scendere il costo del denaro dal 4,92 al 4,74%. In sostanza, nulla di fatto. Il problema dell’eccessivo costo del denaro, e dell’estrema lentezza con cui le banche (soprattutto quelle di dimensioni maggiori) stanno reagendo alla crisi sono solo due delle criticità denunciate dal Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini in una lettera aperta al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Il ritratto delle banche che emerge dal documento è poco lusinghiero: banche che fanno muro alle piccole imprese (tra novembre 2007 e novembre 2008 lo stock di prestiti alle imprese individuali è diminuito del 2,6%), banche poco coraggiose e soprattutto poco intenzionate a intaccare i propri profitti. Un atteggiamento “che appare tanto più ingiustificato – scrive Guerrini al Premier Berlusconi – se si considera che a ottobre 2008, nel pieno della crisi, il rapporto sofferenze nette/impieghi totali era addirittura diminuito a 1,08% rispetto al valore di 1,17% rilevato a luglio 2007, prima dello scoppio della crisi dei mutui subprime”. E più grandi sono le banche peggio è: le maggiori difficoltà infatti, gli imprenditori le registrano con gli istituti di maggiori dimensioni. “Ciò dimostra – commenta Guerrini – che i processi di acquisizione e fusione del sistema bancario non hanno creato condizioni di maggiore convenienza per la clientela. Per le piccole imprese l’accesso al credito rimane più facile con le banche più piccole e radicate nel territorio, in particolare le banche popolari e gli istituti di credito cooperativo, che infatti erogano il 43,8% del totale dei prestiti bancari alle micro e piccole imprese con meno di 20 addetti”. Che i rapporti tra le imprese e chi dovrebbe garantirne la liquidità siano sempre più problematici lo certifica anche l’ultima rilevazione di febbraio dell’Osservatorio sull’imprenditoria giovanile di Confartigianato: negli ultimi tre mesi il 38,7% dei giovani imprenditori ha riscontrato maggiori difficoltà nei rapporti con gli istituti di credito. Una lista di difficoltà che si allunga di giorno in giorno tra richieste di rientri anticipati degli affidamenti, aumenti dei tassi di interesse e richieste di maggiori garanzie. Una situazione che sta esponendo il sistema delle MPI al pericolo del collasso. Lo sottolinea il Presidente di Confartigianato nella lettera al premier Berlusconi: “Il nostro sistema economico – scrive Guerrini – rischia di crollare non perché alle imprese sia venuta meno la voglia di rischiare, ma per la crisi di liquidità. I nostri imprenditori non hanno perso la voglia di investire e di reagire alla congiuntura negativa. Ma questa loro propensione viene bloccata da un atteggiamento non altrettanto coraggioso da parte degli istituti bancari”.
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