10 Luglio 2008, h. 00:00
Le imprenditrici italiane? Coraggiose e poco aiutate. Dallo Stato e dalla famiglia.
La globalizzazione ha aumentato gli spazi della libertà economica. Ma all’allargamento dei mercati non corrisponde un analogo rafforzamento dei principi di democrazia in ambito sociale e dei rapporti di lavoro. Rimane complessa la condizione delle donne. Perfino di quelle occidentali e da lungo tempo emancipate. Anche delle ‘capitane d’impresa’. Anche in Italia. Soprattutto in Italia: rispetto alle colleghe degli altri paesi a forte industrializzazione, le imprenditrici italiane fanno più fatica a fare impresa. Troppi i bastoni tra ruote. In alcuni casi i freni sono identici a quelli delle imprese guidate dagli uomini, burocrazia e fiscalità esasperate, in primis. In altri casi, riguardano solo loro. Il peso della famiglia, ad esempio, grava principalmente sulle loro spalle. Lo Stato non interviene per alleggerire il carico, o lo fa in maniera episodica: mancano gli asili e chi si prende cura degli anziani. Nel frattempo – ovvero in attesa che si attuino idonee politiche di welfare – le culle rimangono vuote. E le donne lavorano, pur tra molti problemi. Riuscire a conciliare il lavoro con la famiglia rimane il problema principale delle donne imprenditrici. Ma non il solo. Le sfide e i contraccolpi della globalizzazione, in una congiuntura economica sfavorevole a livello internazionale, stanno mettendo a dura prova, infatti, le aziende artigiane al femminile: nel 2007, secondo i rilievi dell’Osservatorio di Confartigianato Donna Impresa, si è avuta una diminuzione del fatturato dell’8,6% rispetto al 2006, con riflessi negativi anche sulla produttività e sull’occupazione femminile: -4,7% di addette dal 2006 al 2007. E’ quanto emerge dalla tavola rotonda “Donne, Sviluppo, Democrazia” organizzata nell’ambito della 10° edizione della Convention nazionale di Confartigianato Donna Impresa, che si è tenuta a Roma dal 9 a 10 luglio. All’incontro, moderato dal giornalista Lamberto Sposini, hanno partecipato il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini, la Presidente di Confartigianato Donne Impresa Rosa Gentile, la Vice presidente del Senato Emma Bonino, il Presidente della Commissione Attività produttive della Camera Andrea Gibelli, il Sindaco di Roma Gianni Alemanno, l’ex ministro della Funzione Pubblica Franco Bassanini, l’editorialista Franco Debenedetti, Tito Boeri dell’Università “L.Bocconi”, Elsa Fornero, professore ordinario di Economia presso l’Università di Torino. I problemi delle donne lavoratrici dei Paesi emergenti chiaramente sono ben diversi da quelli delle ‘colleghe’ dei paesi di “vecchio sviluppo”. Le prime attendono ancora il riconoscimento dei diritti basilari. Le seconde chiedono una presenza più forte nelle istituzioni e un maggior numero di strumenti di welfare per contribuire in modo sempre più rilevante alla crescita economica e sociale del Paese. Secondo Andrea Gibelli siamo ancora lontano dall’incontro dei due mondi, e la globalizzazione, anziché che accelerare il cammino delle donne occidentali, potrebbe addirittura frenarlo. “La globalizzazione ha portato modelli, come quello islamico, che portano indietro l’emancipazione delle donne. Una involuzione culturale”. “Siamo imprenditrici ma non possiamo prescindere da essere donne – spiega Rosa Gentile, Presidente di Confartigianato Donna Impresa –. Come imprenditrici guardiamo al mercato globale con fiducia, decisione e capacità. Le donne sanno stare su un mercato complesso, sapendone cogliere le opportunità. Sanno competere e innovare. Le donne assumono altre donne e investono. Ma abbiamo bisogno di un sistema che ci faccia crescere. Molte donne incominciano a fare impresa solo dopo i 39 anni, e c’è un perché: la donna deve conciliare il lavoro con la famiglia, un compito difficile in un Paese che non investe in servizi sociali”. A rendere ancora più complessa la partita già difficile della globalizzazione, pesa il problema delle regole. Troppe sui mercati europei, troppo poche su quelli internazionali. Lo ha sottolineato il Presidente di Confartigianato Guerrini: “Le imprese italiane, anche quelle capitanate da donne, non temono la concorrenza dei mercati stranieri, ma i recinti protetti. Le regole non sono uguali per tutti. In Europa è stato creato un sistema di regole che ingessa le imprese, mentre ai di fuori dei confini comunitari, è tutto libero. Le istituzioni devono fermarsi e ascoltare le richieste delle imprese”. Il sistema per far crescere le imprenditrici, secondo Franco Bassanini, il super esperto di pubblica amministrazione, chiamato dal presidente Nicolas Sarkozy per contribuire a rinnovare lo Stato francese, deve partire da grandi riforme. Come quelle inserite nel rapporto stilato dalla commisione Attali. “Bisogna affrontare il problema dell’aggressione burocratica. Nessuno vive senza regole, ma quando sono troppe… Non si può affrontare la competizione globale con una palla al piede rappresentata dall’eccesso di adempimenti. Semplificare. Poi uno Stato più veloce. Nel rapporto Attali abbiamo proposto che i rimborsi dello Stato siano fatti entro dieci giorni, diversamente lo Stato deve pagare gli stessi interessi che paga il cittadino. Lo stesso nel caso di forniture allo Stato: pagamento entro 30 giorni”. Per quanto concerne le politiche orientate direttamente alle donne, Bassanini propone, “Più asili e scuole materne. L’individuo nasce lì”. Un parere simile è quello espresso nella tavola rotonda dal Sindaco di Roma Gianni Alemanno. Per Alemanno, “Servono gli asili”. “A Roma ogni anno 10.000 domande rimangono inascoltate. Comunque la formula che propongo non è quella degli asili comunali. I ministeri, le grande imprese devono dotarsi di strutture per accogliere i bambini. Per le piccole imprese, convenzioni a prezzi ragionevoli”. Gli interventi a livello nazionale, devono riguardare anche il fisco e le semplificazioni. “Bisogna creare un terreno fertile per far crescere le imprese, chi lavora deve produrre prodotti e non carta. Bisogna liberare le imprese dal fisco: le piccole devono essere liberate subito. Poi le grandi. Dopo”. Per Franco Debenedetti lo strumento fiscale è la chiave di tutto: “Bisogna detassare il lavoro femminile. Così le donne avranno più soldi e potranno, ad esempio, scegliere tra asilo e baby sitter”. Una proposta che lascia fredda Emma Bonino, che pone l’accento sulla differenza di stipendi tra uomini e donne. “Non ho nulla contro la detassazione, dipende dal livello dello stipendio. Se alla fine rimangono in tasca cento euro, il problema non è risolto”. Secondo Bonino, il rischio di provvedimenti ad hoc per le donne è che queste “alla fine sono troppo protette dalla legge, e quindi poco rispettate”. Una soluzione “potrebbe essere elevare la soglia di accesso alla pensione, e utilizzare quel tempo prima. Le donne hanno bisogno di tempo quando hanno i figli piccoli, quando sono giovani. Andare in pensione prima non serve a molto. Questi soldi potrebbero coprire la realizzazione della rete dei servizi di assistenza”. Contraria alla politica dei ‘contentini tardivi’ anche Elsa Fornero. “In Italia le cose vengono date dopo. Contentini: vanno in pensione prima, e possono fruire del trattamento pensionistico per un tempo maggiore degli uomini perché più longeve”. Per Tito Boeri, come per Emma Bonino, il divario tra gli stipendi degli uomini e quello delle donne è troppo elevato. “Le donne guadagnano il 30% in meno. Le donne in Italia hanno un peso basso, il più basso dell’area Ocse. Con un aggravante. Da noi lavorano di più. Negli altri paesi tra lavoro professionale e informale (quello svolto in casa) le ore impegnate da uomini e donne sono simili. In Italia la forbice è ampia. Le donne lavorano anche il doppio. Le scelte politiche allontanano il problema: l’ultimo Governo, quando ha dovuto scegliere tra realizzare asili nido e tragliare l’Ici, ha favorito quest’ultima misura. Anche l’attuale Dpef ha lasciato fuori le donne”. Poi Boeri indica una strada: “La strada è quella del mercato. In Italia ci sono poche donne manager. Si prefe
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