10 Luglio 2008, h. 17:12
ITALIANE SEMPRE PIU’ CAPITANE D’IMPRESA: 1,6 MILIONI, AL TOP NELL’UE. MA LE PARI OPPORTUNITA’ SONO ANCORA LONTANE. I servizi pubblici non aiutano a conciliare lavoro e famiglia
Tra le donne italiane cresce la propensione al lavoro indipendente. Lo dimostrano le 363.185 imprenditrici artigiane che tra il 2006 e il 2007 sono aumentate dello 0,8%.
Ma non diminuiscono i problemi delle ëcapitane díimpresaí: al primo posto rimane quello di riuscire a conciliare il lavoro e la famiglia.
La vocazione femminile alle attivit‡ in proprio e le esigenze in materia di politiche di welfare per la famiglia emergono dal 5° Osservatorio di Confartigianato Donna Impresa sullíimprenditoria femminile artigiana i cui risultati vengono presentati durante la 10° edizione della Convention di Confartigianato Donna Impresa che si svolge a Roma il 9 e 10 luglio.
LíOsservatorio di Confartigianato rivela che líItalia ha il record negativo nellíUe per la pi ̆ bassa partecipazione delle donne italiane al mercato del lavoro: il tasso di attivit‡ delle donne tra 15 e 64 anni Ë del 50,7%, rispetto al 63,3% della media dell’Europa a 27.
Contemporaneamente vantiamo il primato positivo nellíUe per il maggior numero di imprese ërosaí: le imprenditrici e le lavoratrici autonome italiane sono 1.591.300, rispetto alle 1.291.000 della Germania, le 1.036.400 del Regno Unito, le 1.021.900 della Polonia, le 993.700 della Spagna e le 758.100 della Francia.
Nel 2007 le imprenditrici e lavoratrici autonome rappresentavano il 17,4% del totale delle occupate italiane, a fronte della media europea del 10,1%.
Tra il 2000 e il 2007 il numero delle donne impegnate al vertice delle imprese italiane Ë cresciuto del 7,2%, rispetto allíaumento del 4,4% della componente maschile. Questa dinamica Ë pi ̆ accentuata nel Centro e nel Mezzogiorno. In particolare nel Sud e nelle Isole la crescita delle imprenditrici Ë pari al 9,6%, tripla rispetto al 3,2% della componente maschile.
Imprenditrici e lavoratrici autonome lavorano in media 41 ore alla settimana, vale a dire 9 ore in pi ̆ rispetto alle 32 ore settimanali delle dipendenti.
Ma il lavoro femminile, sia autonomo che dipendente, Ë ostacolato dalle carenze dei servizi pubblici per sostenere le donne nella cura dei figli e dei familiari anziani.
In Italia appena il 4,4% della spesa sociale Ë destinata al sostegno alle famiglie, mentre a livello europeo la percentuale sale allí8%.
Solo il 13,5% delle madri lavoratrici utilizza un asilo nido pubblico. Nel Sud la percentuale scende al 5,4%.
Allarmanti i dati dellíOsservatorio di Confartigianato sulla carenza di offerta di posti negli asili
nido pubblici: la percentuale di bambini fino a 2 anni che ne fruiscono Ë dellí11,2%, a fronte del 22,6 % della media Ocse. Nel Sud la percentuale di bambini fino a 2 anni utenti di servizi per líinfanzia scende al 2,3%. I livelli pi ̆ bassi di accesso agli asili nido si registrano in Campania (1,5%) e in Calabria (2%) mentre i livelli massimi si hanno in Emilia Romagna (27,5%).
Non va meglio per i servizi di cura e assistenza agli anziani. La quota di anziani in assistenza domiciliare integrata rispetto al totale della popolazione anziana con et‡ superiore a 64 anni Ë di appena il 3%, anche in questo caso nel Mezzogiorno la percentuale scende allí1,7%.
ìDonne Sviluppo Democraziaî – X Convention Confartigianato Donne Impresa
ìDonne Sviluppo Democraziaî – X Convention Confartigianato Donne Impresa
Roma, 9 ñ 10 luglio 2008 Centro Congressi Capranica, Piazza Capranica
Le piccole imprese ërosaí reagiscono alla crisi.
363.185 le imprenditrici artigiane: + 0,8% nel 2007.
ìLe difficolt‡ di conciliare lavoro e famiglia unite alla crisi congiunturale registrata negli ultimi due anni ñ
sottolinea Rosa Gentile, Presidente di Confartigianato Donne Impresa che rappresenta 80.000 aziende al femminile in Italia – non scoraggiano le imprenditrici artigianeî.
Secondo líOsservatorio di Confartigianato, tra il 2006 e il 2007 sono aumentate dello 0,8% raggiungendo il numero di 363.185. Rappresentano il 19% del totale degli imprenditori artigiani e si concentrano prevalentemente nel Nord díItalia, soprattutto in Lombardia (18,7%), in Emilia Romagna (11%) e nel Veneto (10,5%).
Ma le regioni che tra il 2006 e il 2007 hanno registrato líaumento maggiore di artigiane sono il Molise (+2,9%), il Lazio (+2,4%), la Puglia (+2,3%), la Valle díAosta (+2%).
Tra il 2006 e il 2007 le piccole imprese al femminile sono aumentate soprattutto nei settori delle costruzioni (+14,3%) e dei servizi alle imprese (+5,3%).
Il 60% delle imprenditrici artigiane ha uníet‡ compresa tra 30 e 49 anni.
Il 48% delle imprenditrici artigiane Ë impegnato nel settore dei servizi alle persone, il 35% nel settore
manifatturiero con una spiccata prevalenza nei comparti del tessile-abbigliamento e dellíalimentare.
Pi ̆ ci si sposta verso il Meridione, pi ̆ la specializzazione delle imprenditrici artigiane tende al manifatturiero. Infatti, mentre nel Nord Ovest le titolari dedite allíattivit‡ manifatturiera sono quasi il 29%, contro il 54% impegnate nei servizi alle persone, nel Sud e nelle Isole la quota delle imprenditrici del settore manifatturiero raggiunge il 42%, avvicinandosi al livello dei servizi alle persone (44,6%).
Le sfide e i contraccolpi della globalizzazione in una congiuntura economica sfavorevole a livello internazionale stanno mettendo a dura prova le aziende artigiane al femminile: secondo i dati dellíOsservatorio, nel 2007 si Ë avuta infatti una diminuzione del fatturato dellí8,6% rispetto al 2006, con riflessi negativi anche sulla produttivit‡ e sullíoccupazione femminile: – 4,7 % di addette dal 2006 al 2007.
CiÚ nonostante le artigiane stanno attuando strategie e progetti per reagire alla crisi e conservare gli standard di qualit‡ del made in Italy.
E dunque 1 imprenditrice su 2 ha fatto investimenti in attrezzature e strumenti di lavoro, il 26,6% ha spinto sullíinnovazione tecnologica, il 24,2% ha puntato su marketing, ampliamento della capacit‡ produttiva, nuovi immobili e automezzi
Il mercato globale Ë percepito dalle imprenditrici artigiane come un processo necessario e irreversibile, verso cui attrezzarsi per competere, se pure fra molte luci e ombre.
Per le artigiane gli aspetti positivi sono: maggiore concorrenza nelle forniture (25,2%), pi ̆ mercati di sbocco (23,2%), pi ̆ opportunit‡ lavorative (17,1%), maggiore accesso allíinnovazione tecnologica (16 %), pi ̆ possibilit‡ di fare impresa (10%), maggiore reperibilit‡ della manodopera (8,5%).
Fra i fattori giudicati negativi dalle titolari di imprese artigiane abbiamo innanzitutto la concorrenza sleale, per uníartigiana su tre; líelevata concorrenza dei Paesi emergenti, per una su cinque; líaumento dei costi delle materie prime (13,8%), il precariato (12,9%), la diminuzione dei margini di guadagno (9,4%), líimmigrazione clandestina (8,9%), infine il rischio elevato di mortalit‡ delle imprese.
ìSiamo in presenza di una imprenditoria forte, dinamica, che affronta con decisione e capacit‡ un mercato complesso sapendone cogliere anche le opportunit‡î dichiara Rosa Gentile, Presidente di Donne Impresa Confartigianato. ìResta il fatto ñ aggiunge la Presidente Gentile – che le difficolt‡ della nostra economia penalizzano questa vitalit‡ delle imprese. Ci aspettiamo dal Governo provvedimenti concreti che diano finalmente una prospettiva di sviluppo al Paeseî.
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