25 Giugno 2008, h. 00:00
Sanità e società, Confartigianato invitata al Congresso nazionale di medicina geriatrica
A Roma, dal 23 al 25 giugno 2008, si è svolto il III Congresso nazionale promosso dalla Federazione Italiana Medicina Geriatrica, la FIMeG. Un momento di dibattito al quale sono stati invitati a partecipare anche due rappresentanti del Sistema Confartigianato, a dimostrazione delle buone pratiche attuate dalla Confederazione nel campo dell’assistenza sanitaria e della tutela degli anziani. Alla sessione inaugurale sono intervenuti Fabio Menicacci, Segretario Anap Confartigianato, e Carmelo Rigobello, Segretario dell’Associazione di Vicenza ed ex Direttore generale dell’Asl 5 Ovest Vicentino. “Come indirizzare la gestione delle risorse pubbliche in una società in cui quelli che producono si avviano a diventare meno di quelli che consumano?”. A questa domanda, al tempo stesso titolo della relazione, ha provato a rispondere Fabio Menicacci, affidandosi ai numeri analizzati da Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio studi di Confartigianato. Il costante e progressivo invecchiamento della popolazione pone l’Italia, secondo Paese al mondo per anzianità della popolazione, con il 19,5% di italiani che supera i 65 anni, e che nel 2051 dovrebbero arrivare al 34,3%, di fronte al problema di gestire risorse secondo una nuova richiesta di servizi da parte della popolazione. Gestione che oggi, stando ai numeri, appare inadeguata. In Italia, infatti, ci sono quasi 5 milioni di over 65 che dichiarano almeno una malattia cronica. Di questi, più di 2 milioni di persone accusano anche problemi di disabilità. Nel nostro Paese, inoltre, ci sono 1.709.807 famiglie con disabili che non si avvalgono di nessuna forma assistenziale, né pubblica né privata. Nel 2007, il Servizio Sanitario Nazionale ha registrato un deficit di 3.172 milioni di euro, proveniente, soprattutto, da tre Regioni: il Lazio, la Campania e la Sicilia, che rispettivamente hanno perso 1.410 milioni di euro, 697 milioni di euro e 524 milioni di euro. Di soldi, quindi, ce ne sarebbero, nonostante in Italia la spesa sanitaria rappresenti il 6,4% del Pil, rispetto all’8,9% della Francia, l’8,2% della Germania e il 7,2% del Regno Unito. Il problema maggiore, stando a quanto emerso durante la tavola rotonda, sembra essere la gestione delle risorse economiche secondo la richiesta, e la necessità, della popolazione. Gli esempi citati da Fabio Menicacci sono emblematici. “C’è qualcosa che non va nella gestione italiana delle risorse sanitarie, se si pensa che il nostro Paese dispone del triplo delle apparecchiature diagnostiche per immagini della Francia e del doppio di quelle di Germania e Spagna. Ma, considerate le interminabili liste d’attesa, quattro anziani su dieci si rivolgono a strutture private per questo tipo di servizi”. Anziani ma non solo. “Nel 2004 – aggiunge Menicacci – il 37,8% di bambini nati in Italia è nato con il parto cesareo, una modalità che costa il 60,1% in più rispetto al parto naturale. E pensare che l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda una percentuale di parti cesarei del 15%”. Risparmiare, gestendo meglio le risorse, è possibile. Lo hanno dimostrato il Friuli Venezia Giulia, una Regione dove il parto cesareo si attesta al 23,1% delle nascite, una percentuale che, se estesa in tutto il Paese, garantirebbe un risparmio di 73,7 milioni di euro l’anno. Altri soldi potrebbero essere recuperati da una più diretta distribuzione dei farmaci. “Se le aziende Sanitarie e ospedaliere – ha rilanciato Menicacci – avessero adottato il metodo previsto dalla legge ed applicato dalla Asl 1 di Imperia, soltanto nel 2006 avremmo potuto risparmiare 456 milioni di euro”. Due esempi che dimostrano che si può attuare una migliore gestione delle risorse economiche destinate all’assistenza sanitaria. Una tesi confermata anche dalla Corte dei Conti, che nel Rendiconto Generale dello Stato per il 2006, ha indicato una lista di inefficienze e sprechi della sanità pubblica. Dalle strutture sanitarie incompiute, oppure completate ma mai entrate in funzione, alle attrezzature di ultimissima generazione mai utilizzate, passando per tempi di attesa “biblici”, rimborsi per pazienti deceduti, farmaci inutili e prestazioni sanitarie evitabili. Le conclusioni di Fabio Menicacci lasciano poco spazio all’interpretazione: “Questo Paese ha bisogno di una migliore ed efficace gestione delle risorse economiche sanitarie e di un nuovo ragionamento sull’età di accesso alla pensione, se si pesa che il 30% dei pensionati ha meno di 65 anni. Senza dimenticare la necessità di rivedere la normativa sui lavori usuranti. E’ impensabile che nel nostro Paese venga riconosciuto come lavoro usurante quello del dipendente e non quello del datore di lavoro artigiano”. Alla seconda tavola rotonda, organizzata ancora nella Sala della Protomoteca del Campidoglio, si è discusso di organizzazione socio-sanitaria. Sono intervenuti Carmelo Rigobello, Segretario dell’Associazione artigiani di Vicenza ed ex direttore generale dell’Asl locale, Maurizio Dal Maso, Direttore Sanitario dell’Azienda Policlinico Umberto I di Roma, Luciano Corradini, Presidente emerito dell’AIDU, Mario Melazzini, Presidente nazionale AISLA Onlus e Direttore Scientifico del Centro Clinico NeMo, Gian Cesare Romagnoli, docente di Politica economica dell’Università degli studi Roma Tre, e gli onorevoli Paola Binetti, Cesare Cursi e Domenico Di Virgilio. Una corretta gestione delle risorse, tenendo sempre al centro dell’offerta di servizi la persona, è stato il filo conduttore anche della seconda tavola rotonda. Un tema che ha trovato d’accordo tutti i relatori, compreso Carmelo Rigobello, testimone delle esperienze maturate dal Sistema Confartigianato. “Il nostro sistema sanitario – esordisce Rigobello – ha bisogno di meno regole e di maggiore responsabilità da parte di chi è chiamato a gestire i servizi pubblici. A Vicenza abbiamo fatto rete con i comuni, i distretti e le altre realtà socio-economiche. Il problema non è il budget a disposizione di un’azienda sanitaria, ma la corretta gestione delle risorse economiche. In Italia – continua – non ci possiamo più permettere di premiare con budget più alti realtà che richiedono maggiori somme di denaro soltanto perché non sono capaci di offrire servizi più efficienti. Efficienza vuol dire, innanzitutto, fare bene e soltanto in un secondo momento considerare il budget a disposizione”. Razionalizzazione delle risorse, quindi, tenendo sempre al centro dell’offerta le necessità dei cittadini. Rigobello ha poi concluso sottolineando come “bisogna fare e fare rete per riavviare quel processo culturale del valore persona come centro dell’offerta dei servizi sanitari pubblici”.
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