15 Maggio 2008, h. 00:00

Lavoratrici madri, il Ministero chiarisce i punti oscuri

Dopo l’entrata in vigore del Testo unico sulla tutela della maternità e della paternità, firmato il 12 marzo 2001, le Direzioni provinciali del lavoro hanno assunto comportamenti differenti sull’astensione dal lavoro per le lavoratrici in dolce attesa. Soprattutto quando l’attesa non è poi così dolce, a causa di complicanze della gravidanza o dei rischi che il luogo del lavoro può comportare per le mamme. Dubbi e comportamenti discrepanti che hanno spinto il Ministero del Lavoro a far luce sull’argomento. Due i principali nodi da sciogliere: da una parte la decorrenza dell’interdizione anticipata, dall’altra l’impossibilità di spostare la futura mamma in un altro luogo di lavoro o di affidarle una mansione meno pericolosa. Nel primo caso il Ministero del Lavoro non ha dubbi: la richiesta di interdizione anticipata “si intende accolta decorsi sette giorni dalla presentazione”. Scatta la regola del silenzio assenso, quindi, e la data d’inizio del provvedimento sarà quella del primo giorno di astensione dal lavoro, senza che debba coincidere con la data indicata sul necessario certificato medico. La questione si fa più ardua, invece, quando è proprio il luogo di lavoro a rappresentare una minaccia per la gravidanza e, soprattutto, quando il datore di lavoro non può spostare la lavoratrice in un luogo più sicuro. La legge prevede che siano le Direzioni provinciale del lavoro a certificare l’impossibilità del datore di lavoro di affidare alla futura madre compiti meno rischiosi per la propria salute. In casi simili, però, il Ministero ha specificato che l’astensione dal lavoro sarà autorizzata “dalla data del provvedimento stesso”. Il rischio, si legge tra le righe, è che se il certificato medico non dovesse coincidere con l’inizio stabilito, i giorni che intercorrono tra il primo giorno di assenza e quello certificato dal medico competente potrebbero essere considerati giorni di assenza ingiustificata.

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