9 Aprile 2008, h. 00:00

Tre ricette per un Paese a “prova” di piccole imprese

Su almeno una cosa Walter Veltroni, Silvio Berlusconi, Pier Ferdinando Casini, sono d’accordo. I leader delle tre formazioni politiche che si sono confrontati in tre distinti incontri con la Giunta Esecutiva di Confartigianato, in vista delle consultazioni elettorali del 13 e 14 aprile, si sono detti d’accordo che le priorità indicate dalla Confederazione alla politica come essenziali per far ripartire il sistema Paese, sono quelle giuste. E loro le sottoscrivono. Tutti d’accordo, quindi, che la spesa pubblica va ridotta, gli sprechi eliminati, la pressione fiscale su imprese e famiglie abbassata, i costi della burocrazia contenuti. Ma c’è di più. E anche su questo Confartigianato ha incassato un sostanziale ‘si’ dai tre leader: porre le piccole imprese al centro degli interventi per rilanciare la competitività. Perché c’è poco da dire, sono le piccole imprese che trainano l’occupazione: in un anno hanno creato 517.000 posti di lavoro, mentre nello stesso periodo le grandi aziende ne hanno persi 117.000. Un Paese a “misura” di piccola impresa, è un Paese destinato a crescere. Sui principi generali, insomma, il giudizio è unanime: le inefficienze che pregiudicano lo sviluppo vanno sanate e sono urgenti misure per alleggerire il pesante fardello che grava su imprese e famiglie. Sulle misure da attuare, invece, ognuno propone una ricetta diversa. Al cuore del progetto politico di Walter Veltroni, che ha aperto la rassegna di incontri di Confartigianato, c’è il desiderio-impegno di un ‘Paese semplice”. In sostanza, più snello dal punto di vista burocratico e meno gravoso da quello fiscale. La proposta di Veltroni prevede la riduzione del numero degli adempimenti e l’abbassamento di almeno un punto della pressione fiscale, una misura quest’ultima, che a suo giudizio si potrebbe ottenere attraverso proporzionali tagli alla spesa pubblica. Alla semplificazione è dedicata l’iniziativa “Un’impresa in un giorno”. “Lo Stato è troppo lento e richiede documenti che ha già – spiega Veltroni –. Per aprire un’impresa deve bastare un’autocertificazione. Fatto salvo il rispetto degli adempimenti previsti dalla legislazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, che vanno rispettati”. Per le imprese Silvio Berlusconi propone “un’azione importante: l’Iva non si paga all’emissione della fattura, ma quando viene incassata”. E poi il rilancio delle infrastrutture. “La mancanza di infrastrutture pesa, per il tempo di spostamento dei cittadini e delle merci, per il 20,6% del Pil, mentre nel resto d’Europa per il 16%. Una differenza di quattro punti che vale 65/67 miliardi di euro”. Quindi via libera alle merci – “ma solo a quelle su rotaia”, ha specificato Berlusconi – ai trafori, al Corridoio 5. Per tagliare il debito pubblico, la proposta del Popolo delle Libertà è quella di ammodernare e ‘digitalizzare’ la pubblica amministrazione, ma anche, e soprattutto, vendere i beni dello Stato. “Pensiamo di ridurre il debito pubblico mettendo in vendita anno dopo anno alcuni beni dello Stato”. Una vendita scalare che, secondo il Cavaliere, dovrebbe portare al recupero di “almeno un punto di Pil l’anno – quindici miliardi di euro ogni anno – abbattendo in cinque anni il debito pubblico dal 105% al 100%.” Tra le priorità di Berlusconi anche gli interventi a sostegno delle famiglie. “Bisogna ridare i soldi alle famiglie – ha dichiarato il Cavaliere – attraverso gli incentivi e i premi di produttività. Con questo noi aumenteremo la produttività, soldi che entrano nelle tasche delle famiglie, e che fanno aumentare i consumi”. Sempre per contrastare la sindrome della terza settimana, il leader del PDL ha avanzato la proposta del taglio di “due miliardi di euro di Ici. Un vero pilastro”. Prevista anche una ricetta per innalzare le pensioni: “Faremo un adeguamento al costo della vita, toglieremo il divieto di cumulo tra moglie e marito, e a chi, pur essendo pensionato continua a lavorare, gli entrerà quasi il 50% in più”. Casini, invece, compie un percorso inverso da quello di Berlusconi e differente da quello di Veltroni. Per l’ex-presidente della Camera bisogna partire dalla riduzione della spesa pubblica per arrivare agli interventi a favore della famiglia. “Una delle differenze fondamentali fra il nostro programma e il libro dei sogni degli altri candidati è che noi partiamo dal risanamento dello Stato, e indichiamo anzitutto il modo con il quale reperire le risorse per qualsiasi intervento”. Il primo taglio indispensabile secondo Casini è quello delle Province che “consentirebbe il risparmio di 11 miliardi di euro, senza toccare posti di lavoro”. A Ministeri e Agenzie, Casini riserverebbe l’accorpamento. In alcuni casi, come quello del Cnel, la chiusura. Come Berlusconi anche Casini prevede la smobilizzazazione dei beni dello Stato. Circa 30 miliardi di euro che il leader dell’UDC destinerebbe “alla riduzione del debito pubblico”, ma con una significativa novità. “I risparmi liberati grazie ai minori interessi, per la riduzione del debito, saranno utilizzati per ridurre le tasse”. Sempre in tema di fiscalità Casini ha indicato come essenziale il “rispetto dello statuto del contribuente”, per cui niente più imposte retroattive. E poi la “Pax fiscale” (“Ci impegnamo a non introdurre per almeno due anni regole nuove o a modificare quelle presenti”), e le politiche a favore della famiglia. “Se sosteniamo la famiglia – ha spiegato il candidato premier dell’UDC – favoriamo i consumi. E’ per questo che abbiamo introdotto il raddoppio degli assegni famigliari per ogni figlio a carico, la deduzione dal reddito delle spese per gli asili nido, le suole materne, i libri scolastici, ma anche le spese mediche, l’aumento delle detrazioni fiscali per gli interessi dei mutui sulla prima e sulla seconda casa. Una cedolare secca del 20% di Irpef sugli affitti, il blocco delle addizionali regionali e comunali Irap e Irpef, la detassazione degli straordinari sui redditi da lavoro…”. Convergenza tra Casini e Berlusconi sull’energia. Per entrambi, la strada da percorrere per sganciare il Paese da una sudditanza energetica – pericolosa dal punto di vista strategico e costosa da quello pratico – è un rapido dietro-front rispetto alle scelte degli anni 70/80, che il Cavaliere ha definito “assurde” e il leader dell’UDC “scellerate” e “demenziali”. Sulla produzione dell’energia, Casini ha detto che l’Italia è il paese del ‘no’. “Abbiamo detto no a tutto. No ai rigassificatori, no ai termovalorizzatori, no al nucleare. Queste scelte ci stanno uccidendo”. Conclusione comune per i due politici: riprendere la strada del ‘sì’ a queste importanti infrastrutture. Le liberalizzazioni. Nonostante le ovvie differenze ideologiche e di impostazione, sia per Veltroni che per Casini, il problema segnalato dalla Confederazione c’è eccome, e va pure risolto in fretta. “Condividiamo l’approccio top-down – ha dichiarato il leader del Partito Democratico -. Serve a poco liberalizzare alcuni “piccoli” se poi non si superano le rendite di posizione dei “grandi”. Noi vogliamo contrastare l’offensiva delle utilities nel mercato post contatore. Un’offensiva che in molti casi si configura come un vero e proprio abuso di posizione dominante”. Casini, invece, sottolinea che sulla questione il suo programma “è quello più liberale in circolazione”. E non risparmia un affondo al Governo Prodi. “Hanno colpito migliaia di piccole imprese senza ottenere risultati apprezzabili. Io non ho visto più taxi in giro, e neppure sono diventati meno cari. Non si è liberalizzato dove si doveva”. Il leader dell’UDC un settore da liberalizzare in via prioritaria ce l’ha in testa, e anche da tempo: i servizi pubblici locali. Che sono sfuggiti al Disegno legge del Ministro Lanzillotta, bloccato dal veto ideologico di Rifondazione Comunista, e dal prevedibile veto dei Comuni. “E’ necessario ristabilire la concorrenza nel settore dei servizi pubblici locali (energia, gas, acqua, rifiuti), con ovvi benefici sulle tariffe dei servizi erogati”.<

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