22 Aprile 2008, h. 00:00

I distretti, il cuore produttivo del Paese

Cinquanta milioni di euro per rafforzare il sistema organizzativo dei distretti produttivi adottati dalle regioni. La fetta principale (40.000.000) sarà ripartita tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano: servirà per cofinanziare progetti relativi ad attività di ricerca industriale, trasferimento ed interscambio tecnologico, diffusione dell’ICT, miglioramento ambientale delle aree produttive, risparmio energetico e servizi logistici. La parte rimanente, dieci milioni, sarà impiegata per finanziare progetti di carattere nazionale, attuati direttamente dal Ministero dello Sviluppo economico, “finalizzati – si legge nel Decreto interministeriale che ha dato il via libera al contributo – alla realizzazione di infrastrutture materiali e immateriali dirette a sviluppare collegamenti e servizi di supporto ai distretti e alle imprese appartenenti ai distretti, in particolare mediante l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni, nonché alla promozione allo sviluppo del modello distrettuale e alla realizzazione di forme di collaborazione fra distretti in un ambito multiregionale”. Il finanziamento, anche se in realtà si tratta di un co-finanziamento, perché, infatti, tolti i dieci milioni di euro gestiti direttamente dal Ministero dello Sviluppo Economico per progetti d’interesse nazionale, i rimanenti quaranta concorrono a sostenere le spese dei progetti presentati dalle regioni, fino al tetto massimo del 50%, è stato previsto dalla Finanziaria 2007. In attuazione della norma, il Ministro Bersani ha emanato un Decreto per individuare i progetti che possono essere ammessi a tale beneficio. La pubblicazione del provvedimento in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 22 marzo 2008, ha fatto scattare il conto alla rovescia per la presentazione dei piani. Ora le regioni hanno a disposizione novanta giorni per riassumere le motivazioni degli interventi proposti, per descrivere le azioni che intendono compiere a favore dei distretti, indicare i risultati attesi, e precisare gli aspetti finanziari. Facendo un rapido conto ci si accorge che la cifra messa a budget non è enorme, soprattutto quando la si suddivide tra tutte le regioni secondo il preciso schema allegato al Decreto ministeriale. Alla Lombardia sono destinati più di sette milioni di euro, al Veneto e all’Emilia Romagna più di quattro, al Piemonte tre milioni e mezzo. Gli importi calano via via, fino ai 43.600 euro previsti per la Valle d’Aosta. Se cinquanta milioni di euro sembrano obiettivamente pochi per sostenere con decisione il sistema delle imprese che formano i distretti industriali – la realtà più dinamica del Paese per il 78,6% rappresentata da piccole imprese con meno di dieci addetti – si tratta, comunque, di un segnale di attenzione importante da parte della politica che negli ultimi anni aveva quasi ‘dimenticato’ i distretti, non dando attuazione alle norme inserite nella Legge Finanziaria 2006 dall’allora Ministro Tremonti. E’ interessante rilevare come le coordinate su cui si dovranno sviluppare i progetti ammessi al finanziamento, sono le stesse che Confartigianato aveva indicato come prioritarie al termine di un focus group che si era tenuto la scorsa primavera a Milano. In testa alla lista: servizi all’innovazione di processo e di prodotto e potenziamento dei collegamenti e delle connessioni ai distretti e tra i distretti. Ma l’obiettivo dell’incontro milanese era ancora più ampio. In sostanza si voleva verificare se i distretti rappresentassero ancora una risposta sufficientemente forte per governare dinamiche quali la globalizzazione dei mercati, la concorrenza internazionale, l’aggressione commerciale della Cina. La risposta è stata le seguente: se si comprendono le trasformazioni che negli ultimi anni hanno ridisegnato profondamente la realtà dei distretti, allora sì, rappresentano ancora uno strumento utile per spingere il made in Italy. La trasformazione più evidente, colta pienamente anche dal Ministero dello Sviluppo economico che l’ha posta a base dei progetti in favore dei distretti, riguarda la trasformazione fisica degli stessi. Che negli ultimi anni hanno perso una delle loro caratteristiche peculiari: i confini. La situazione è ben riassunta in un documento di Confartigianato: “Il terreno produttivo chiuso in se stesso ed autoreferenziale è stato soppiantato da un sistema allargato di relazioni tra imprese, distretto ed ambiente esterno. Le esigenze delle imprese hanno orientato lo sviluppo dei distretti fino alla creazione di ‘metadistretti’ e “piattaforme produttive”. Per conoscere lo stato di salute dei principali distretti produttivi italiani, e per sapere quanto incidono sulla bilancia commerciale del Paese, bisogna guardare dentro ai dati diffusi nelle scorse settimane dalla fondazione Edison, che ha tracciato il bilancio delle loro attività negli anni compresi tra il 2001 e il 2007. Le cifre in blu prevalgono su quelle rosse, a conferma della capacità delle imprese italiane, e quindi dei distretti, a orientarsi in scenari competitivi in rapidissima evoluzione. Dall’analisi, un dato appare evidente: a parte poche tendenze che si delineano con una certa chiarezza, ogni caso fa parte a sé. Una realtà che costringe a mettere da parte le generalizzazioni. Facciamo alcuni esempi. Il tessile e la moda, dopo i record d’inizio millennio, oggi stentano a ripartire. Questo a nord come a sud. A picco Prato(-29,9%), Como (-14%), Treviso (-8,3%). Ma anche in questo comparto produttivo, che appare il più penalizzato, non tutti gli indici sono a ribasso. A Carpi, il tessile-abbigliamento, non fa segnare progressi record, ma neppure tonfi clamorosi: +9,3%. Positive anche le esportazioni di Castel Goffredo (+5,2%). Cresce anche l’export di Firenze:1,7%. La vera rivelazione di questi ultimi anni, è rappresentata dai distretti dell’alimentare e delle bevande. Che sono esplosi. Al nord, al centro, al sud. Nella classifica della Edison, trovare uno di questi distretti produttivi con il segno meno davanti è un’impresa, che alla fine non riesce. Infatti non ce n’è uno. Sono tutti compresi in un intervallo che va tra il buono e l’ottimo. Parma-Reggio Emilia, grazie ai formaggi, tocca una quota di export formidabile: +105,6%. Le Langhe, inseguono, anche se a grande distanza: +62,3%. Poi Monferrato (58,2%), Trento (47,9%), Chianti – Senese (5,9%). Assieme all’alimentare volano i distretti della meccanica. Anche qui i risultati sono tutti positivi: dal +68, 4% del distretto Lumezzane-Bresciano, al 63,8% di quello di Reggio Emilia. Le rubinetterie e il valvolame del distretto di Cusio-Valsesia, chiudono la classifica con un risultato di eccellenza: +34,9%. Che quella dei distretti sia una realtà sfaccettata, lo dimostra anche un altro caso, quello dell’Arredo-Casa. Che non va benissimo, o che almeno presenta due facce opposte. Mentre le esportazioni di divani delle Murge sono al ribasso del -47%, i mobili del distretto Livenza-Piave dal 2001 sono cresciuti del 28,8%.

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