15 Febbraio 2008, h. 00:00

In edilizia più soldi dall’Irpef che dall’Ires

Nel comparto delle costruzioni le società di capitale rappresentano un cattivo affare per l’erario, a differenza delle ditte individuali e delle società di persone, vere e proprie galline dalle uova d’oro in termini di gettito fiscale. Il dato emerge dalle prime anticipazioni del Rapporto Anaepa-Confartigianato sul comparto dell’edilizia, intitolato “Costruttori di crescita”, in cui, tra l’altro si affronta il tema della fiscalità che grava sulle imprese del settore. I dati sono i più recenti disponibili e fanno riferimento al 2005. Per rendere evidente quanto i “piccoli” costruttori contribuiscono alla formazione del gettito fiscale complessivo del comparto, lo studio mette in relazione l’Irpef delle ditte individuali e delle società di persone soggette agli studi di settore TG50U (Intonacatura, rivestimento tinteggiatura ed altri lavori edili), TG75U (Installazione di impianti elettrici e di impianti idraulico-sanitari) e TG69U (Costruzioni), con l’Ires delle società di capitali dello stesso segmento di attività. Il risultato conferma la premessa: ditte individuali e società di persone fruttano all’erario la bellezza di 2.101 Mln di euro in imposte dirette, ben più delle società di capitali che versano nelle casse dello Stato appena 1.853 Mln di euro di IRES. Un effetto difficile da spiegare dal punto di vista contabile: l’Irpef dei “piccoli” supera del 13,4% l’Ires dei “grandi”, anche se il fatturato di questi ultimi è superiore del 34%. La redditività “fiscale” sulle vendite (ROS, Return On Sales) si comporta di conseguenza: le ditte individuali sfiorano il 10% (9,5), il doppio del magro 4,2% delle società di capitale. A questo punto lo studio entra nel terreno della provocazione e immagina di applicare alle società di capitale lo stesso ROS delle ditte individuali. Con questo risultato: maggiori imponibili IRES per 7.180 Mln di euro e maggiori imposte (IRES con aliquota del 33%) pari a 2.369 Mln di euro. In sostanza si raddoppierebbe il gettito che proviene dalle società di capitali che operano nelle costruzioni. Il dossier analizza anche i livelli di congruità definiti dagli studi di settore sopra citati. Anche qui le sorprese non mancano anche se il risultato a questo punto è scontato: i “piccoli” sono più congrui dei “grandi”, il 45,5% risulta, infatti, non congrua e/o non normale, contro il 52,7% delle società di capitale. Una particolare attenzione viene posta sui redditi medi registrati da società non congrue: a fronte di 31.901 società di persone che hanno dichiarato un reddito di 24.300 euro e sono risultate non congrue, 37.696 società di capitale sono risultate anche loro non congrue, ma sulla base di numeri ben differenti. Hanno denunciato, infatti, un reddito medio di 6.400 euro, pur in presenza di fatturati più che doppi. A questo proposito lo studio presenta un “caso nel caso”, che da spessore all’idea che la redditività delle società di capitale in edilizia – anche se non congrue – sia davvero troppo bassa, soprattutto in riferimento a quanto dichiarato dalle società di persone nella medesima condizione di non congruità. Il caso è da manuale: una società di persone non congrua dichiara un fatturato di 291.300 euro e un reddito di 18.600 euro, mentre una società di capitale, pur denunciando un fatturato di 479.200 euro, dichiara un reddito di soli 3.500 euro.

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