3 Dicembre 2007, h. 00:00

Lavori ‘pericolosi’: test antidroga obbligatorio per gli autisti

La Conferenza Unificata Stato-Regioni ha dato via libera all’intesa che introduce i test antidroga obbligatori per tutti i lavoratori che svolgono mansioni “delicate” per l’incolumità di terzi e la sicurezza pubblica. Il provvedimento, entrato in vigore lo scorso 30 novembre, prevede che i conducenti di autobus, taxi, veicoli a noleggio, trasportatori in genere, addetti alla guida di macchine di movimentazione terra e merci, piloti, controllori di volo e personale navigante, possano continuare a esercitare la loro professione a patto di risultare assolutamente ‘puliti’ dalla droga. Centrale la figura del datore di lavoro. Toccherà a lui, infatti, richiedere al medico competente di effettuare gli accertamenti sanitari per individuare eventuali situazioni di tossicodipendenza abituale, o di assunzione sporadica di sostanze stupefacenti da parte dei dipendenti. Un obbligo che riguarda solo il personale adibito alle mansioni previste dall’intesa e che non si estende a tutto l’insieme dei lavoratori subordinati presenti nell’azienda. I costi della visita preventiva e periodica saranno a carico del datore di lavoro. Per quanto riguarda l’entità della spesa, l’intesa fissa un tetto preciso: “non possono essere superiori a quelli previsti per tali specifiche”, cioè alla “tariffa minima nazionale degli onorari per le prestazioni medico-chirurgiche ed odontoiatriche”. Il test dovrà essere ripetuto con cadenza annuale e riguarderà sia i lavoratori già inseriti nell’organico, sia quelli in via di assunzione. La nuova norma non va molto per il sottile: poco importa il tipo di rapporto di lavoro instaurato. Il datore di lavoro ha l’obbligo di richiedere gli accertamenti sanitari del caso, “prima di adibire un lavoratore all’espletamento di mansioni comprese nell’elenco”. Se il test risulta positivo, il lavoratore dovrà essere giudicato temporaneamente inidoneo al servizio, dovrà quindi essere sospeso dall’attività a rischio. A questo punto il medico competente ‘affiderà’ il lavoratore al SerT (Servizi per le Tossicodipendenze del Sistema Sanitario Nazionale) della Asl competente per territorio, che provvederà ad effettuare ulteriori controlli, e, nel caso a identificare un percorso di recupero anche in vista di un eventuale reinserimento del lavoratore nella funzione svolta in precedenza. Il risultato positivo del test, per uso saltuario o abituale di stupefacenti, non comporta la risoluzione automatica del rapporto di lavoro. Il lavoratore, infatti, “può essere adibito a mansioni diverse, trovando applicazione la disciplina normativa o contrattuale collettiva relativa al settore lavorativo di appartenenza”. Al lavoratore ‘positivo’ è concessa una seconda chanche, può richiedere infatti la ripetizione del test che sarà condotto nuovamente sul campione oggetto dell’accertamento. Prevista anche l’ipotesi del dipendente che non si sottopone al controllo periodico. Entro dieci giorni la struttura sanitaria dispone un nuovo controllo. Se il lavoratore non adempie nuovamente all’obbligo, scatta l’allontanamento dalla mansione ‘pericolosa’ fino a che non viene accertata l’idoneità, oltre a una sanzione. Sanzione prevista anche nel caso del datore di lavoro che non rimuove dalle sue mansioni il dipendente risultato positivo allo screening anti droga. L’intesa Governo-Regioni, piuttosto precisa nel circoscrivere il campo di applicazione della norma, non lo è altrettanto nel definire le procedure per la verifica del consumo di droga, e neppure nell’identificare un percorso di recupero per i consumatori saltuari. Questi ultimi rischiano addirittura di passare indenni ai controlli, per mancanza di dati di laboratorio inequivocabili.

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