7 Novembre 2007, h. 08:14

Le imprenditrici artigiane sono un motore vivace nell’economia italiana

Producono il 2,2 % della ricchezza del Paese e il 18,3 % del valore aggiunto artigiano: complessivamente 27 miliardi e mezzo di euro. Le imprenditrici artigiane sono un motore vivace nell’economia italiana, sempre più al femminile, womenomics, termine in voga nel mondo anglosassone. Sono 365mila, pari al 19% del totale degli imprenditori artigiani (1,9 milioni), con specializzazioni territoriali forti nelle regioni centrali più piccole come l’Umbria (21,8%), le Marche (21,2%), l’Abruzzo (21,4%). Una su due è titolare d’impresa (177mila donne). Al Sud – Calabria, Puglia, Sicilia, Campania – le “capitane d’impresa” sono oltre due terzi dell’intera popolazione artigiana femminile.

Si distinguono dai colleghi di genere maschile per età media inferiore, titolo di studio mediamente più elevato, maggiore adattabilità ai mutamenti dell’economia e della società. Ma la strada verso il potere è in salita, con un “apprendistato” decisamente lungo prima di assumere ruoli di responsabilità dirigenziale.

Sono alcuni dei risultati del IV Osservatorio nazionale sull’imprenditoria femminile artigiana presentato a Roma al Centro Congressi Capranica il 7 novembre nel corso di DONNE ED ECONOMIA, la IX Convention Nazionale di Donne Impresa Confartigianato, organizzazione che rappresenta 80mila aziende “made in Italy” al femminile.

Nonostante il lavoro delle  imprenditrici artigiane sia quantificabile nel 2,2 del PIL, l’Italia continua a essere molto indietro, sia per quanto concerne l´occupazione femminile sia per il ruolo socio-economico delle donne,  rispetto agli altri Paesi Europei e agli obiettivi del Patto di Lisbona”, dichiara la Presidente di Donne Impresa, Rosa Gentile. “E’ chiaro che, in un Paese incapace di varare riforme strutturali importanti, non si riescano ad approntare politiche non solamente di genere, ma che affrontino il problema nella sua totalità. D’altronde anche le aziende al femminile, nonostante i segnali di dinamismo e le buone performance dell’ultimo semestre, evidenziano le difficoltà di operare in un ambiente sfavorevole allo sviluppo d’impresa anche a livello di sicurezza, soprattutto in alcune zone del Paese”, conclude Gentile.

Eppure, la rilevante incidenza di donne manager – il 31,9% sul totale dei manager in Italia – indica come il mondo dell’economia e dell’impresa sia più aperto all’innovazione di quello della politica, con appena il 13,7% di presenze femminili in Parlamento contro il 45,3% della Svezia. A questo problema si sommano le scarse risorse destinate al sostegno della famiglia nel nostro Paese: 276 euro pro capite, contro i 2.350 del Lussemburgo o i 1.450 della Danimarca e una media europea di 558,7 euro pro capite destinate a famiglia, maternità, infanzia.

Roma 7 novembre 2007

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